Cosa c'è dietro il "passo di lato" di Alessandro Di Battista

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-11-21

Tutti pensano che tra Di Maio e Di Battista sia Luigi quello calcolatore e abile tessitore di trame politiche mentre il Dibba è quello sanguigno, il vagabondo. La scelta di non ricandidarsi dimostra che Dibba ha fatto bene i suoi conti e ha capito che tra cinque anni Di Maio sarà fuori dei giochi

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Sembra ieri quando Alessandro Di Battista se la prendeva con le “solite indiscrezioni mai provate” dei giornali che lo avevano tirato in ballo parlando di una sua “pausa”, di candidature o non canditature. E invece era il 19 giugno 2017 quando il Dibba, stanco di essere oggetto di gossip, smentiva le voci riguardanti una sua possibile, eventuale, pausa dalla politica attiva. Voci che si rincorrevano da tempo ma che per Di Battista erano solo invenzioni frutto della fantasia (e diciamolo, della cattiveria) dei giornalisti.

Alessandro Di Battista non si ricandida ma continuerà a fare politica

Eppure quando dopo qualche mese a Rimini è stato mandato in onda il suo video messaggio (era appena nato il figlio Andrea e Dibba non era potuto andare alla kermesse del 5 Stelle) la faccenda era apparsa molto più chiara. Di Battista aveva infatti detto: «È giusto non candidarsi, non è il mio ruolo. Mi sento un libero battitore. Ognuno ha il suo ruolo. Voglio essere totalmente libero di portare avanti le battaglie in cui credo». Ieri sempre su Facebook è arrivata la conferma che quelle voci non erano state inventate dai giornalisti cattivi al soldo di editori impuri ma erano la pura e semplice verità. Dibba invece smentisce sé stesso, perché aveva detto che fino alle prossime elezioni non avrebbe parlato di candidature o non candidature. Ed è chiaro che a questo punto a mentire non sono i giornali.

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Quando Di Battista smentiva la sua intenzione di prendersi una pausa

Alessandro Di Battista ha annunciato che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Si dedicherà al figlio, a viaggiare, a scrivere un libro e a fare politica fuori dal palazzo e dalle istituzioni. Il pentastellato però non lascerà la politica. Lo aveva detto ad Annalisa Cuzzocrea de La Repubblica ad inizio ottobre: «Lasciare la politica? “Ma figuriamoci!”». Anche perché a Di Battista rimane ancora un mandato pieno. I 5 Stelle hanno infatti la famosa regola dei due mandati, che Di Battista ha spiegato vanno intesi come un arco temporale di dieci anni per fare politica. Cinque li ha già fatti e se la matematica non è un’opinione cinque ancora gli restano da fare.

La mossa del cavallo di Alessandro Di Battista

È da escludere l’ipotesi che Di Battista voglia candidarsi alla Regione Lazio a sostegno di Roberta Lombardi. Le candidature per un posto in Consiglio Regionale infatti sono già state chiuse, e Di Battista non si è presentato. Il futuro politico di Di Battista dipende tutto da quella regola dei due mandati e dalla durata della prossima legislatura. Sulla prima non sembrano esserci dubbi, anche se quella dei dieci anni è un’interpretazione della regola che lascia spazio ad una deroga (se un mandato dura meno di cinque anni allora è possibile correre per tre mandati). La durata della prossima legislatura invece sarà fondamentale per capire che ruolo Di Battista vorrà giocare fra cinque anni.

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Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista durante il tour siciliano. Il futuro prossimo e il futuro anteriore del M5S?

C’è infatti chi sostiene che la scelta di Di Battista sia una sorta di “grande vaffanculo” alla vecchia politica. Insomma il pentastellato starebbe dicendo ai politici di professione che lui non ha bisogno di essere in Parlamento per continuare a fare politica e ad esistere come leader. Anche perché a quanto pare grazie al congruo anticipo ricevuto da Rizzoli per la pubblicazione del suo secondo libro (in uscita in questi giorni) la famiglia Di Battista potrà vivere senza troppi pensieri. Ma quello di Alessandro Di Battista non è tanto un “vaffanculo” alla tanto odiata Kasta quanto al suo compagno di partito Luigi Di Maio, l’uomo che ha sempre considerato “un fratello”.
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Perché non è difficile capire le ragioni profonde di questa scelta di vita. Di Battista sa, come lo sa anche Di Maio e lo sanno i vertici del 5 Stelle che la prossima legislatura sarà molto complicata per il MoVimento. Il M5S è condannato a vincere ma con la nuova legge elettorale è improbabile che anche in caso di vittoria il prossimo governo sarà un Governo a 5 Stelle. Di Maio si troverà in una situazione complicata e nuova, dovrà trovare degli alleati, coalizzarsi, fare inciuci con la vecchia politica. Da fuori Di Battista – che dei due è quello più movimentista e meno di palazzo – potrà sostenerlo ma anche criticarlo, amorevolmente, come si fa con un fratello. Perché lui si sente un battitore libero che avere la libertà di portare avanti le battaglie in cui crede. Senza contare che senza lui di mezzo un eventuale Governo Di Maio non soffrirebbe delle rivalità (vere o presunte) tra i due. E nel malaugurato caso il M5S venisse sconfitto e andasse in pezzi (non si può stare all’opposizione per sempre) Di Battista sarà lì, pronto a raccoglierne i cocci e a diventare il leader di nuova formazione politica o dello stesso M5S. Quale delle due dipenderà dalla durata della prossima legislatura, se sarà breve Di Battista raccoglierà lo scettro di Di Maio – il 5 Stelle difficilmente riuscirebbe a partorire nuovi leader in un lasso di tempo di un paio d’anni – se invece andrà a scadenza naturale Di Maio sarà fuori gioco e il Dibba avrà campo libero. Almeno così spera. Nel frattempo si prepara ad invadere le televisioni.

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