Alessandra Kersevan, le foibe e la sospensione della democrazia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-02-09

“Ogni 10 febbraio assistiamo ad una vera e propria sospensione della democrazia, con brutali attacchi verbali, nella direzione di chi, come noi, cerca di riportare il dibattito e il ricordo sui fatti” che hanno determinato le vittime delle foibe, arrivando anche “a criticarci con l’appellativo di negazionisti”. E’ la denuncia che arriva in occasione di …

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“Ogni 10 febbraio assistiamo ad una vera e propria sospensione della democrazia, con brutali attacchi verbali, nella direzione di chi, come noi, cerca di riportare il dibattito e il ricordo sui fatti” che hanno determinato le vittime delle foibe, arrivando anche “a criticarci con l’appellativo di negazionisti”. E’ la denuncia che arriva in occasione di una conferenza stampa alla Camera sul giorno del Ricordo indetta dalla deputata di Si Serena Pellegrino, dalla coordinatrice del Gruppo di lavoro Resistenza Storica, Alessandra Kersevan. Per la Kersevan si dovrebbe “studiare e conservare la memoria di tutte queste vicende ma nella parte più lunga e soprattutto precedente, quella che ha visto le gravi violenze italiane e fasciste contro sloveni e croati e contro gli italiani antifascisti”: dati che a giudizio della Kersevan non vengono neppure accennati in occasione delle commemorazioni disattendendo, in questo modo, anche le finalità della legge che ha istituito il giorno del Ricordo. “Si tratta di una disattenzione dovuta non ad ignoranza” attacca la storica che parla di “censure” e denuncia un “uso propagandistico fatto delle foibe come evento unico paragonabile alla Shoah”.
alessandra kersevan
Per la Kersevan la stessa legge che ha istituito il giorno del Ricordo viene disattesa in diversi punti: quello, ad esempio, che conferisce una “insegna metallica” ai congiunti dei soppressi o infoibati e per la quale, da un’analisi dei “medagliati” emerge che per il “70,37% dei casi si trattava di militi della Milizia di Difesa Territoriale, cioè le camice nere dell’Adriatisches Kustenland o altre formazioni al servizio dei nazisti (i tedeschi avevano vietato la leva obbligatoria)” quando la legge esclude chi faceva “volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia”. Ma è soprattutto la data del 10 febbraio che, dice la Kersevan, “è all’ origine di tutti gli equivoci nati dalla legge”: la data della firma del trattato di pace viene collegato al dramma dell’esodo ma “attribuire alla pace e non alla guerra voluta dal fascismo il dramma delle nostre terre è evidentemente una scelta fuorviante: è stata la guerra e le aggressioni che hanno determinato la perdita della Venezia Giulia non il trattato di pace che semplicemente ha decretato la fine di un contenzioso”. Infine, “si è voluto far conseguire l’esodo dalla paura per gli infoibamenti mentre l’esodo è cominciato molto prima ed è continuato a lungo molto dopo”. Insomma “si è parlato di pulizia etnica nei confronti degli italiani quando le documentazioni riguardanti gli scomparsi indicano chiaramente che la gran parte furono colpiti sulla base della loro adesione al fascismo”.

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