L'accordo a tre su migranti e ONG (non prevede la chiusura dei porti)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-07-03

Italia, Francia e Germania hanno fatto un patto che prevede un codice comune per le ONG e più soldi. Ma è scomparsa l’opzione della chiusura dei porti alle navi… Forse perché era impraticabile?

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Oggi i giornali festeggiano un accordo raggiunto tra Italia, Francia e Germania riguardo migranti e Organizzazioni Non Governative. L’accordo, spiega Repubblica, prevede che le navi delle Ong straniere rimangano fuori dalle acque libiche: non potranno avvicinarsi troppo alle coste africane nelle operazioni di salvataggio in mare. Dovranno inoltre garantire bilanci trasparenti. Ci sarà poi un nuovo protocollo sulle Ong, quasi un codice di comportamento, che potrebbe spingersi a bloccare l’accesso in porto a chi non è in regola.

L’accordo di Italia, Francia e Germania su migranti e ONG

E ancora: si prevede ruolo di coordinamento più forte in capo alla Guardia costiera italiana, un rilancio del piano dei ricollocamenti dei migranti giunti in Italia e Grecia, l’esternalizzazione delle frontiere italiane (ed europee) in Libia, sulla scia dell’accordo con la Turchia e cioè più controlli al confine meridionale libico, vera porta d’accesso dei flussi.

I quattro hanno lavorato insieme alla stesura di un “approccio coordinato” alla questione migranti per alleviare la pressione sulle coste italiane, che aveva portato, mercoledì scorso, alla minaccia del governo italiano di «chiudere i nostri porti» alle navi straniere. «È stato un incontro lungo e franco — commentano dal Viminale — abbiamo raggiunto un’intesa e ora i francesi stanno scrivendo un documento di proposte condivise» da portare al Consiglio degli Affari Interni della Ue che si terrà giovedì a Tallin con i ministri di tutti i 28 paesi Ue. Molti dei quali si sono già dimostrati refrattari a condividere con l’Italia la responsabilità dei migranti.

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I primi cinque paesi europei per richieste d’asilo (Corriere della Sera, 3 luglio 2017)

L’obiettivo è naturalmente quello di ridurre gli sbarchi: a tal scopo si pensa di limitare la libertà di movimento delle navi delle Ong a cui potrebbe essere vietato l’accesso in acque libiche e che potrebbero essere invitate ad approdare anche nei Paesi di cui battono bandiera. Un’altra richiesta è quella di riscrivere il mandato di Frontex per permettere di sbarcare i migranti in altri Paesi europei oltre il nostro. Quel «segnale straordinario» invocato ieri dal ministro Minniti in un’intervista a Il Messaggero: «Sono europeista e vorrei vedere l’arrivo di una nave carica di migranti in un porto non italiano».

La requisizione degli alloggi per i richiedenti asilo

Sul Corriere della Sera poi si scrive che si sta trattando con i rappresentanti dei sindaci e dei governatori per ottenere la massima collaborazione «e non gravare sempre sulle stesse Regioni e sugli stessi Comuni»: “Finora è stata esclusa la possibilità di procedere con la requisizione degli alloggi per ospitare i richiedenti asilo,ma di fronte a resistenze non giustificate non si esclude di chiedere ai prefetti la messa a disposizione di strutture pubbliche e residence. Entro la fine dell’estate si procederà anche all’apertura dei 18 nuovi Cie per il trasferimento di chi non ha i requisiti per essere accolto e deve essere rimpatriato”. Guarda caso, nel vertice a tre non si è giunti ad alcuna soluzione per quanto riguarda la questione dei porti e della loro chiusura, sbandierata dal governo italiano la settimana scorsa.

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Richieste d’asilo presentate in Europa (La Repubblica, 30 giugno 2017)

Ovviamente si tratta di un’ipotesi che non regge: la Convenzione di Amburgo indica che le persone soccorse in mare debbano essere trasferite nel porto sicuro più vicino. Inoltre,  e il governo dovrebbe saperlo bene, i soccorsi avvengono nell’area SAR posta sotto il controllo della Guardia Costiera che coordina tutte le operazioni di recupero e di salvataggio. C’è poi il problema che l’Italia non può vietare indiscriminatamente l’accesso ai migranti, soprattutto alle persone che fanno richiesta di asilo politico.
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Fonte: The Wall Street Journal

Ma l’intento del governo italiano è più quello di fare la voce grossa con l’Unione Europea che davvero bloccare i porti. Cosa che non solo sarebbe difficilmente praticabile ma che soprattutto sarebbe contraria alle norme del diritto di navigazione. Ed infatti l’Italia ha incassato oggi il plauso della cancelliera Angela Merkel che durante la conferenza stampa al termine del vertice preparatorio del G20 a Berlino ha detto “aiuteremo l’Italia ci sta proprio a cuore questa necessità”. Anche la Commissione Europea ha invitato il nostro Paese a non bloccare i porti alle imbarcazioni delle Ong. Natasha Bertaud, portavoce della Commissione, ha detto: “Noi siamo pronti ad aumentare il nostro sostegno all’Italia, in particolare con un ulteriore aiuto finanziario”. E la Commissione chiederà a “tutti gli Stati membri di raddoppiare i propri sforzi” a fronte della situazione lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Il premier Paolo Gentiloni ha subito ringraziato i leader europei per la disponibilità: “voglio ringraziare i leader per la solidarietà e la comprensione per le difficoltà che dobbiamo affrontare in comune”. Ma nel frattempo il valico di Ventimiglia rimane chiuso. Che l’Europa si sia accorta che quello del governo italiano è solo un bluff mal congegnato? Possibile.

Come fermare gli sbarchi dei migranti?

Il diritto e la legge dicono che l’Italia non può davvero fare quello che minaccia. Ma Gentiloni e Renzi più che ottenere la solidarietà dei paesi UE puntano ad recuperare consensi. Se la gente è “esasperata dalla situazione” il modo migliore è far vedere che il governo è al loro fianco e lotta contro l’Europa. Che sicuramente ha le sue responsabilità, ad esempio nel non essere riuscita a far accettare il sistema delle quote a diversi paesi dell’Est europeo (vedi ad esempio l’Ungheria) ma che difficilmente riuscirà a ottenere qualcosa con le minacce dell’Italia.

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Le rotte dei migranti nel Mediterraneo (fonte: Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite)

Ora i governi europei si impegneranno in un “approfondita discussione” per trovare una soluzione condivisa sulla cooperazione per far fronte agli sbarchi. Ma la verità è che per impedire il continuo afflusso di migranti verso l’Italia e la UE la soluzione non si trova in mezzo al mare e nemmeno sulle coste e sui porti. Soprattutto non si trova nei porti italiani. Bisognerebbe guardare un po’ più a Sud, dove la UE dal 2011 fatica a gettare lo sguardo. E prendere ad esempio una posizione chiara sulla pacificazione della Libia. È chiaro che tenere una porta spalancata a due passi dai confini europei continuerà a favorire il passaggio dei disperati. Ma non bisogna nemmeno commettere gli errori del passato, ovvero di quando ci si affidava a Gheddafi per “tenere a bada” i flussi. Perché sotto il regime del colonnello i disperati che giungevano in Libia veniva rinchiusi in campi di detenzione disumani.
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(fonte: Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite)

E allora bisogna guardare ancora più lontano, alla Siria ad esempio (da dove proviene l’8% dei migranti che arrivano in Europa) ma anche all’Africa. Non è vero che c’è tutto un continente che vuole venire in Europa ma l’analisi dei flussi è chiara. Le persone che affrontano il viaggio terribile per arrivare in Europa scappano dalla miseria e dalla fame. Si possono chiudere tutte le porte e i porti che si vuole ma finché non si risolverà il problema alla radice la situazione rimarrà invariata. È un progetto irrealizzabile? Sta ai governi europei decidere cosa è più conveniente: se far spazio a qualche centinaio di migliaia di persone (in un continente abitato da 500 milioni di persone) o se intervenire a fondo, e sul serio a Sud dei nostri confini.

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