Sono le ore 16.30 del 10 giugno 1924 quando il deputato Giacomo Matteotti esce dalla sua casa di via Pisanelli, come ogni pomeriggio, abito chiaro, scarpe bianche di camoscio, sotto braccio la solita busta bianca con l’intestazione Camera dei deputati. Da una Lancia Lambda escono quattro fascisti e cominciano a strattonarlo. Matteotti reagisce, lotta. Il primo pugno gli arriva direttamente alla tempia, facendolo crollare a terra. Lo sollevano per i quattro arti e lo gettano in macchina, che corre verso la campagna, ma Matteotti non si rassegna: scalcia, urla, si divincola. Resiste. Con un calcio sfonda il vetro che separa l’abitacolo dal posto di guida, e per tutta risposta viene massacrato dalle botte dai fascisti. Infine uno degli squadristi estrae un coltello e lo conficca tra l’ascella e il torace, uccidendolo.
Con Giacomo Matteotti, quel 10 giugno di 97 anni fa, se n’è andato un uomo dalla statura morale inarrivabile, lo statista rigoroso, il socialista inflessibile, il resistente, l’uomo solo sul cui sangue Mussolini ha inaugurato la sua dittatura. Ancora oggi, nel giorno della sua morte, quando sentiamo pronunciare il nome di Giacomo Matteotti, dovremmo inchinarci alla sua grandezza e al suo coraggio, mai come oggi simbolo di lotta e resistenza, ovunque nel mondo ci sia da combattere per la democrazia e per la libertà contro ogni fascismo.