Cosa c'è dietro la scalata di Vivendi a Mediaset

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-12-15

Perché per tanti liberisti alle vongole Maria De Filippi è appena diventata strategica. Cosa può fare il governo per fermare la scalata all’azienda dei Berlusconi. Qual è la tesi degli avvocati di Silvio dietro le denunce in procura. E chi è Vincent Bolloré, l’uomo che ha cominciato a scalare Mediaset

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Per tanti liberisti alle vongole Maria De Filippi è appena diventata strategica. La scalata ostile di Vivendi a Mediaset ha risvegliato i butler spirits del Sistema-Italia che oggi promettono le barricate per l’azienda della famiglia Berlusconi di fronte all’attacco francese. Fra di essi, con grande intelligenza politica, anche il governo che invece, semmai, di agire in silenzio ha subito dichiarato la sua ostilità definendo “inappropriata” con Carlo Calenda la mossa di Vincent Bolloré; chissà perché l’esecutivo si muove oggi dopo che tante aziende italiane sono passate sotto il controllo di “stranieri” in questi anni di crisi.
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Cosa c’è dietro la scalata di Vivendi a Mediaset

Ieri intanto il gruppo transalpino Vivendi ha raggiunto il 20% di Mediaset, mentre Fininvest si è portata al 38,3%.  La holding del Biscione ha già in pancia il 3% di azioni proprie e potrebbe arrivare fino alla soglia del 10% prevista dalla legge.  Dopo il rialzo «monstre» del 31% registrato martedì dal titolo, ieri Mediaset dopo esser arrivata a guadagnare nel corso della seduta il 7%, ha ridotto il rialzo al +1%, con volumi di scambio sempre molto elevati. La holding del Biscione ha arruolato Intesa Sanpaolo e UniCredit per studiare le contromosse, oltre ad aver presentato una denuncia in Procura contro Vivendi per manipolazione del mercato. E ieri il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco e l’aggiunto facente funzione del pool reati finanziari Fabio De Pasquale hanno aperto un fascicolo, per ora contro ignoti. Dopo aver notato l’ironia della sorte di vedere il gruppo di Berlusconi diventare improvvisamente giustizialista, è utile spiegare la tesi della famiglia: secondo i Berlusconi Vivendi ha rotto l’accordo per l’acquisto di Mediaset Premium lo scorso luglio parlando di “scatola vuota” provocando così l’abbassamento del valore del titolo. Sfruttando il calo dei prezzi ha poi lanciato l’offensiva di acquisto di azioni cominciando la scalata. Mario Gerevini sul Corriere della Sera delinea i possibili scenari successivi:

Dice Vivendi nel comunicato che la partecipazione potrebbe essere «in un primo tempo» tra il 10 e il 20% di Mediaset. «In un primo tempo». E poi? Ovvio che il mercato già senta profumo di Opa, anche se è uno scenario molto lontano. Proviamo a ipotizzarlo: un’Opa ostile avrebbe chance? Se si guardano i numeri, sì. Fininvest ha il 38,2% può ancora fare acquisti per raggiungere circa il 40% senza incorrere negli obblighi di Opa. Dunque, sottraendo il 3,8% di azioni proprie detenute da Mediaset, il 56,2% potrebbe essere target di un’offerta vantaggiosa. Ma Cologno ha a disposizione l’arma letale. E cioè la delibera approvata dall’assemblea di aprile che autorizza il consiglio di amministrazione ad acquistare entro 18 mesi, anche negoziando opzioni o derivati sul titolo Mediaset, fino al 10% del capitale.

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Vivendi-Mediaset-Telecom: la partita di Bolloré

L’operatività sui titoli propri è soggetta ad una serie di paletti normativi ma resta una leva fondamentale per congelare un 10% del capitale, poiché su quei titoli viene sterilizzato il diritto di voto. Certo ha un costo: oltre 400 milioni per il 10% ai prezzi attuali. Dunque in teoria con solo un 90% votante la maggioranza assoluta si collocherebbe al 45% più un’azione, decisamente a portata di mano per Fininvest. Soprattutto se riesce a portare dalla sua parte alcuni grossi fondi come Mackenzie e Fidelity che da soli hanno messo insieme tra l’8 e il 9%. Va detto però che il rapporto con gli investitori esteri non è idilliaco. La delibera sul buy back, ad esempio, aveva dovuto incassare la bocciatura del 12% delle azioni presenti in assemblea e sulla remunerazione i voti contrari (pressoché tutti esteri) erano stati il 38%. Scalzare Berlusconi dal controllo di Mediaset con un’offerta ostile appare perciò un azzardo. Fargli la guerra in assemblea non è probabilmente l’obiettivo di una grande azienda come Vivendi. Alla fine un tavolo, due sedie e quaranta avvocati potrebbero bastare, forse.

Cosa potrà fare invece in concreto l’esecutivo in un regime di libero mercato, di fronte a un’operazione di Borsa, sebbene pianificata come un assalto in stile raider? Poco, nulla, temono i vertici Mediaset, così almeno ha smorzato gli entusiasmi l’avvocato Niccolò Ghedini durante il grande vertice di famiglia con il patron Berlusconi, i figli e il presidente Confalonieri ad Arcore.

Vincent Bolloré, l’uomo che sfida i Berlusconi

Ecco perché da più parti si sostiene che l’ipotesi di un tentativo di conciliazione non sia mai svanita. Ma per farlo i Berlusconi dovranno scendere a patti con Vincent Bolloré. Un jazzista della finanza che improvvisa con estro, lo definisce oggi Il Sole 24 Ore. Il suo obiettivo sembra proprio essere quello di sedersi a trattare in posizione di forza con la famiglia Berlusconi, puntando a riaprire un dialogo direttamente con il capostipite Silvio che, nell’impressione che se ne sarebbe fatto, sarebbe forse più disponibile dei figli impegnati nelle aziende a considerare in prospettiva la possibilità di “diluirsi” in un polo più articolato e “potente”, sostiene Antonella Olivieri:

Una scommessa che è anche un azzardo perché non tiene conto delle possibilità di arrocco di un gruppo che comunque è fortemente radicato nel sistema italiano. Ovvio che Vivendi, con il suo 20%, punta a diventare l’interlocutore “obbligato” di Mediaset e a costituire una minoranza di blocco che impedisca altre alternative. La scommessa si gioca sulla spregiudicatezza di chi prova a porre l’alternativa: meglio avermi amico o nemico, considerato che ho in mano anche la leva delle tlc? Nella fase successiva all’assalto ad arma bianca è probabile che ci sia una tregua per tentare l’accordo che a luglio non è riuscito: spostare cioè il tavolo sul piano di un coinvolgimento avvolgente dell’intero gruppo Mediaset, di cui Premium è solo un corollario problematico. Non c’è da dimenticare che Bolloré in proprio controlla Havas, che si definisce una «fully integrated global advertising company» e l’interesse a puntare su un collettore di pubblicità come Mediaset potrebbe andare anche oltre i confini di Vivendi.

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Mediaset, il titolo in Borsa (La Repubblica, 14 dicembre 2016)

E se la famiglia non fosse d’accordo? È tutto da verificare quindi, se non si ricomporrà la situazione con un accordo, se Bolloré deciderà comunque di procedere con la fase 2, di andare oltre cioè il 20% che aveva fissato come prima tappa. Liquidità nelle casse di Vivendi ce n’è ancora: 2,5 miliardi di posizione netta attiva a fine settembre, da decurtare per tener conto dei nuovi acquisti.

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