Vito De Filippo: un altro indagato nel governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-04-13

Il sottosegretario alla Salute sotto indagine per induzione indebita nell’inchiesta della procura di Potenza. Sotto la lente il suo rapporto con la sindaca di Corleto Perticara

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Vito De Filippo: il sottosegretario alla Salutedel governo Renzi è indagato nell’inchiesta della procura di Potenza su Tempa Rossa. Lo scrive oggi Repubblica in un articolo a firma di Leo Amato precisando che il politico è indagato assieme alla segretaria Mariachiara Montemurro, consigliere comunale del Pd di Gallicchio (Potenza), per un presunto scambio di “favori” con l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino (Pd).


Vito De Filippo: un altro indagato nel governo

Il nome di Vito De Filippo era già presente nell’ordinanza che parlava di Rosaria Vicino e delle sue pressioni per far assumere il figlio, poi assunto in una ditta dell’indotto ENI con un contratto a tempo determinato.

Gli inquirenti hanno registrato la premura della Vicino nell’assicurare al sottosegretario il suo sostegno elettorale alla Montemurro, alle amministrative del 2014, salvo poi chiedergli subito conto delle «questioni che la riguardavano (…) verosimilmente riferibili alla possibile assunzione del figlio (…) presso una società o un’impresa su cui il De Filippo poteva esprimere la sua influenza». «Le mie amicizie le sto catapultando tutte sopra a questa ragazza qua…», spiega l’ex sindaco in un’intercettazione con la moglie del sottosegretario. «Lo faccio per te e tuo marito, che io non conosco manco a Mariachiara (…) quindi ora detto papale papale». Il gip annota che «l’impegno speso dalla Vicino a favore della candidata Montemurro non avrebbe avuto esito positivo».

Le accuse nei confronti della Vicino, di cui abbiamo già parlato, sono pesanti: dall’uso della macchina di servizio per andare al parucchiere («Io sono sindaco e quindi capo della polizia. Prendo la macchina e faccio quello che voglio» diceva al povero comandante dei vigili urbani che provava a obiettare sulla legittimità dell’utilizzo del mezzo) all’affitto di una sua abitazione che imponeva all’azienda che lavorava ai pozzi nel suo paese.

«Il nostro concetto, la nostra filosofia è questa – spiegava il sindaco al telefono ai suoi interlocutori – piena apertura però nessuno deve dimenticare che questa è la sede del centro olii, che questa è la sede di tutti i pozzi, e che quindi… la maggiore occupazione, il comune che va attenzionato prima è Corleto. E poi tutti gli altri…». Che singifica? Lo si capisce bene leggendo le sue telefonate con i dirigenti della Total e con le altre aziende interessate al progetto Tempa Rossa. «Vi servono due persone? Noi vi mandiamo due persone…». Spiegava a uno dei manager della società: «No questi me li devi pigliare, bello. Senza se e senza ma. Ti parlo molto chiaramente: c’è uno che si chiama Potenza Mario e l’altro Antonio. Uno è il papà e l’altro è il filgio. Di questi due chi ti piace ti prendi». Un po’ Zalone e un po’ Cetto Laqualunque: «Stai scrivendo? Allora Minnelli al numero uno e poi segui la graduatoria che ti ho dato: Carla, Rocchina, Immacolata, Giuseppina, Salvatore». Anche perché la sindaca Rosaria si innervosiva facilmente: «E no! Quell’altro mi aveva detto di prendere qualcuno e poi non ne ha pigliato uno: uno scostumato (…) Anche perché non possiamo mettere le persone da fuori. Eh!».

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La Vicino fungeva da ufficio di collocamento presso l’azienda che investiva in zona e arrivava anche a pretendere e minacciare ritorsioni nel caso:

Le tremende contromosse del sindaco Rosaria, del resto, erano pronte: «Ho già detto a Total: se dobbiamo stare a guardare noi, starete a guardare tutti, non esce una carta da qua! Nessuna autorizzazione, niente! Se i nostri devono stare a guardare, non vogliamo lavorare!». Anche perché era donna di mondo: «Non è giusto che devono lavorare le stesse persone, Rosa’» le diceva un cittadino esasperato. «Il figlio dell’assessore, il figlio dell’impiegato, devo fare i nomi di tutti quanti? Devo andare alla Procura?». «Tranquillo domani mattina lo chiamiamo, piglia un curriculum, portalo qua…». C’era posto per tutti, nel grande pozzo di Corleto.

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