Virginia Raggi e l'assenteista Giachetti

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-04-24

La candidata del M5S accusa il vicepresidente della Camera di avere troppe assenze il parlamento. Lui le risponde con i numeri. Lei cita Openpolis. Chi ha ragione?

article-post

Nei giorni scorsi una polemica è nata tra Virginia Raggi e Roberto Giachetti. La pietra dello scandalo sono state le presenze in Parlamento del vicepresidente della Camera e degli altri parlamentari candidati a sindaco nelle grandi città. Ha comiciato la Raggi attaccando il candidato PD a margine di una visita ad un gazebo 5 Stelle a Prati e rispolverando un tormentone politico: «Giachetti chi?». A chi provava ad accendere un dibattito tra lei e il candidato Pd, dibattito ancora molto pigro, Virginia Raggi ha presentato Giachetti così: «Quello che prende 20.000 euro per fare il vicepresidente della Camera e si permette di essere assente a oltre il 60% delle sedute per fare campagna elettorale con i soldi nostri, visto che noi lo paghiamo per fare il vicepresidente?». E ancora: «Quello che ha detto che si dimetterà solo se dovesse vincere? Ricordiamo a questo Giachetti che se anche non dovesse vincere sarà comunque consigliere comunale, e né Roma né il Parlamento hanno bisogno di consiglieri o parlamentari part-time».

Virginia Raggi e l’assenteista Giachetti

La risposta di Giachetti è arrivata su Twitter, dove il candidato sindaco del Partito Democratico ha pubblicato le statistiche Openpolis sulle sue presenze alla Camera,da dove si evinceva l’87% totale delle presenze e solo il 6,51% di assenze. «Raggi dice bugie ai romani. Un pessimo biglietto da visita», sostiene lui. Chi ha ragione?

virginia raggi roberto giachetti 1
Il tweet di Giachetti sulle presenze in Parlamento

Per capirlo bisogna risalire alla fonte della notiza. Come ha fatto notare la stessa Raggi in un tweet, i numeri da lei citati provengono dalla stessa fonte di Giachetti, ovvero Openpolis. Precisamente, da questo post intitolato «Ecco perché chi si candida a sindaco dovrebbe dimettersi dal parlamento» e assomma le presenze degli onorevoli candidati dal momento in cui hanno annunciato la loro candidatura. Nel post si nota come alcuni, come Giorgio Airaudo (candidato sindaco a Torino) e Giorgia Meloni, siano spariti letteralmente dal parlamento dal momento in cui è stata ufficializzata la loro candidatura. Per Giachetti, anche lui candidato da poco, l’impennata di assenze è evidente:

Partiamo da chi in questo periodo presente non è quasi mai stato, letteralmente: Giorgia Meloni. Dal 16 marzo, data in cui la deputata ha ufficializzato la sua candidatura, è stata presente una sola volta in aula durante le votazioni elettroniche. Nel periodo in questione si sono tenute oltre 740 votazioni, Giorgia Meloni è stata assente al 99,87% di esse.
Discorso analogo per Giorgio Airaudo. Nel periodo che va dalla sua candidatura a sindaco di Torino a oggi, la sua percentuale di assenze alle votazioni elettroniche è passata dal 42,56% (già alta) al 72,62%. Impennata di defezioni anche per Roberto Giachetti, passato dal 3,64% di assenze al 57,41%. Il suo ruolo da vice-presidente della camera gli permette, e in qualche modo lo costringe, a mantenere una percentuale di presenze “da candidato” superiore agli altri. Se Giorgia Meloni ha partecipato da candidata solo allo 0,13% di votazioni, Giorgio Airaudo al 27,38%, per Giachetti la percentuale è del 42,59%.
Un capitolo a parte lo merita la candidata Pd a sindaco di Napoli Valeria Valente. Uscita vincitrice dalle primarie di inizio marzo, da quel giorno ha partecipato alle votazioni elettroniche solo in 2 occasioni: per votare una fiducia, e per l’approvazione finale della riforma costituzionale. Nonostante questo, la sua percentuale di assenze da candidata è pari allo 0%, come lo sono però anche le sue presenze (0,27%). Da quel 6 marzo infatti Valeria Valente è costantemente in missione. Assenze formalmente giustificate, ma l’attuale poca trasparenza in materia di missioni non ci permette di capire se risulta mancante per svolgere i suoi incarichi istituzionali da segretario dell’ufficio di presidenza, da membro della commissione difesa, o per seguire la sua campagna elettorale. Prima della corsa a sindaca la sua presenza in aula era tutto sommato alta: 61,42%.
Rimane comunque curioso il fatto che la sua percentuale di missioni passa dal 28,85% del periodo precedete la candidatura a Napoli, al 99,73% registrato a partire dal giorno della vittoria alle primarie. Una coincidenza fin troppo palese? Fidarsi, come sempre, è bene, ma questi numeri sono certamente da tenere in considerazione.

Ecco quindi spiegata la discrasia tra i numeri: Giachetti ha riferito il computo totale delle sue presenze in aula dall’inizio della legislatura, la Raggi invece si riferiva (esagerando sui numeri visto che le assenze non sono oltre il 60%: sono al 57%) alle presenze – che si sono oggettivamente ridotte – dal momento in cui Giachetti si è candidato a Roma. D’altro canto Giachetti, che è sempre stato uno stakanovista delle presenze in Parlamento, ha però anche annunciato che non ha intenzione di dimettersi dalla Camera da subito, ma lo farà soltanto nel caso in cui sia eletto sindaco. Ma i numeri dimostrano che già oggi, durante la campagna elettorale, le presenze sue e degli altri candidati si sono notevolmente ridotte: è evidente che i tempi di una campagna elettorale sono incompatibili anche con quelli di un semplice parlamentare. Ecco perché, come giustamente segnalava Openpolis, chi si candida dovrebbe dimettersi.

Potrebbe interessarti anche