Matteo Renzi e le Università di serie A e di serie B

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2015-02-20

«Non possiamo pensare di portare tutte le 90 università nella competizione globale», dice il premier. Cominciamo davvero a tagliare o sono solo chiacchiere?

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«Ci sono università di serie A e di serie B, ridicolo negarlo… Ci sono delle università che riescono a competere nel mondo e università validissime, che però hanno un’altra funzione, un’altra missione» ha affermato Matteo Renzi in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico di Torino. Se è vero che «non possiamo pensare di portare tutte le 90 università nella competizione globale, allora ci spazzeranno via tutti quanti», è più che mai urgente ridimensionare le università di serie B. Non c’è ragione di indugiare, dato che l’ANVUR ci ha già fornito una fotografia dettagliatissima e certificata della qualità della ricerca italiana, secondo la quale in serie B ci sarebbero la Bocconi, il Politecnico di Torino, Pisa, Roma Sapienza ed anche Firenze.

Così comincia un commento di Giuseppe De Nicolao su ROARS (Renzi ha ragione: ridimensioniamo gli atenei di serie B… come Firenze, Politecnico di Torino e Bocconi, 19 febbraio 2015).
 
IL DISCORSO DI MATTEO RENZI
Nel discorso di Renzi, per l’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico, tornano molte delle parole chiave: il coraggio, il merito, la competizione globale. «Dobbiamo avere il coraggio di dire che questa storia per cui in Italia non si può affermare che ci siano diverse qualità fra le diverse università è ridicola. Ci sono già università di serie A e di serie B in Italia e rifiutare la logica del merito dentro le università e pensare che tutte siano brave è quanto di più antidemocratico vi possa essere […] Bisogna saper riconoscere il merito non possiamo pensare di portare tutte le 90 università nella competizione globale, allora ci spazzeranno via tutti quanti. In democrazia se oggi perdi domani puoi vincere, non si tratta di bloccare la maggioranza, ma di trovare idee che siano vincenti. Se nelle università abbiamo paura delle classifiche, allora abbiamo paura della realtà» (Renzi: «Ci sono università di serie A e di serie B, ridicolo negarlo», Il Corriere della Sera, 19 febbraio 2015).

 
DALLE PAROLE AI FATTI
La politica, continua Di Nicolao, «ha il dovere di passare dalle parole ai fatti». E allora cosa aspettiamo? Esiste anche già una classifica ufficiale dell’ANVUR, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema universitario e della ricerca, quindi basta decidere quante università portare nella competizione globale e scartare tutte le altre non abbastanza competitive. Di Nicolao azzarda 20 atenei, ricordando che «in alcune classifiche internazionali il numero di atenei italiani non raggiunge nemmeno questo numero. Renzi, nel 2013, auspicava una razionalizzazione ben più spinta, immaginando di concentrare le risorse in soli «cinque hub della ricerca», ma ci si può arrivare per gradi». 20 rispetto a 5 sembrano essere una concessione molto generosa. Cominciamo dunque a elencare le 20 università da tenere (quelle di serie A, le università «al top»: LE UNIVERSITÀ AL TOP IN TUTTE LE AREE: GRANDI UNIVERSITÀ).
 
LA GRADUATORIA DELL’ANVUR
La graduatoria, si legge del documento dell’ANVUR, «mostra le università che hanno avuto la migliore performance media nelle diverse aree. Le università sono state divise tra grandi, medie e piccole sulla base del numero di soggetti valutati di ciascuna struttura[1]. La graduatoria premia le strutture che hanno lo scarto maggiore tra il numero di aree “azzurre” e “verdi” e il numero di aree “rosse”. Nei casi di ex equo, è stato considerata come migliore la struttura che ha il numero maggiore di aree “verdi”» ([1] Per ciascuna Struttura, è stato preso in considerazione il numero di Soggetti Valutati Equivalenti a Tempo Pieno (SVETP), che si ottiene dividendo il numero dei Prodotti Attesi per sei. Le università grandi hanno un numero di SVETP maggiore di 310, 36; le medie hanno uno SVETP (strettamente) compreso tra 40, 28 e 310,36; le piccole hanno uno SVETP minore di 40,28. All’interno di ciascuna fascia dimensionale, per ciascuna struttura, sono indicate le aree in cui la struttura figura nel primo quartile della graduatoria di area (Azzurro), quelle in cui la struttura è prima in graduatoria (Verdi) e, infine, quelle in cui la struttura figura nell’ultimo quartile (Rosso).).
Graduatoria università 1Graduatoria università 2Graduatoria università 3
 
SERIE A E SERIE B
Tra le eccellenze (o bisognerebbe dire presunte tali) spiccano le assenze di Pisa, Firenze, Roma «Sapienza», Bocconi e Politecnico di Torino. Prosegue DI Nicolao: «Cosa scopriamo? Bolzano (sesta: complimenti!) e la LUISS (20-esima) ce la fanno, mentre l’elenco non comprende la Bocconi, il Politecnico di Torino, l’Università di Milano e quella di Pisa, la Sapienza di Roma e molte altre, tra cui Firenze. Può dispiacere, ma – come dice il premier – «rifiutare la valutazione dentro l’università e pensare che tutte le università possono essere brave allo stesso modo è quanto di più non antimeritocratico, ma antidemocratico possa esistere». Al governo Renzi è stata talvolta imputata una “politica degli annunci” a cui non seguono i fatti. Quale migliore occasione per smentire i propri critici?». E come fare? Si possono seguire i consigli di Francesco Giavazzi e, nel frattempo, si dovrebbero ridurre i finanziamenti di quegli atenei che non si piazzano tra le eccellenze e che continuano a ricevere finanziamenti statali (Di Nicolao fa l’esempio della Bocconi, esclusa dalle 20 «al top» ma finanziata). «A Milano, la più titolata “Statale” ha perso il derby cittadino con l’outsider Bicocca e deve farsene una ragione, invece di recriminare sull’arbitraggio per bocca del suo rettore. E pure a Pisa e Firenze tocca scendere in seconda divisione, dura lex sed lex. E se in serie A l’ateneo più a sud è Roma Tor Vergata, non vorremmo che questo alimenti le solite lagne meridionaliste. Infatti, le condizioni di partenza erano uguali per tutti e se qualcuno ha perso deve criticare solo se stesso». Aspettiamo con ansia i fatti.

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