Un buco da dieci miliardi sulle pensioni

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-05-03

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale il governo fa i conti con l’addio alla norma del Salva Italia di Monti e Fornero. E scopre che il tesoretto ormai è andato. Mentre studia un decreto per limitare i danni

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Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato per difetto di motivazione una norma del decreto Salva-Italia a firma di Monti e Fornero si apre un buco nei conti pubblici che potrebbe diventare a breve una voragine. I cinque miliardi preventivati per il 2013 dall’Avvocatura dello Stato nel dibattimento davanti alla Consulta infatti potrebbero rappresentare soltanto un inizio.  Secondo lo Spi-Cgil, i risparmi per le casse dello Stato derivanti da questa norma sono stati di circa 8 miliardi di euro in due anni. E salgono a 9,7 miliardi di euro, in quattro anni, con lo stop alla rivalutazione (totale per le pensioni oltre sei volte il minimo) deciso dal governo Letta. Ma allo stato il governo non ha ancora fatto i conti. Né sono già state individuate le soluzioni tecniche da mettere in campo per dare seguito alla sentenza della Consulta. Sentenza che “non si può che applicare”, afferma il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, senza però sbilanciarsi sulle ripercussioni per i conti pubblici: “Dovremo approfondire collegialmente, è troppo presto”. Ad essere interessati sono circa 6 milioni di pensionati.
 
UN BUCO DA DIECI MILIARDI SULLE PENSIONI
La Corte costituzionale ha infatti bocciato la norma del decreto salva Italia (governo Monti) che bloccava per 2012-2013 l’adeguamento all’inflazione per le pensioni superiori a tre volte il minimo (1.201,7 euro netti); Ma questa somma andrebbe più che raddoppiata perché l’adeguamento all’inflazione resta incorporato nella pensione e quindi si trascina negli anni successivi. Bisognerebbe rimborsare quindi anche per il 2014 e 2015. Inoltre, andrebbe prevista una maggiore spesa per gli anni prossimi, dovuta al ricalcolo delle pensioni stesse e al fatto che i futuri adeguamenti all’inflazione avverranno su un importo pensionistico maggiore. Spiega il Corriere della Sera:

Insomma, il «tesoretto» da 1,6 miliardi, sul quale il governo contava grazie al miglioramento dei conti pubblici,basterebbe appena per cominciare l’operazione che richiederebbe in realtà una manovra.Tutto questo ragionamento,però, è sulla carta. Nel senso che il governo potrebbe con un decreto legge disciplinare l’esecuzione della sentenza con l’obiettivo di limitarne l’impatto sui conti pubblici. Potrebbe, per esempio, disporre intanto il ricalcolo delle pensioni con gli adeguamenti bloccati nel 2012 e 2013 mentre per gli arretrati avviare un rimborso a rate.
Ma potrebbe anche prendere decisioni più drastiche, osserva l’esperto di pensioni Giuliano Cazzola, «disponendo per esempio una rimodulazione del blocco, facendolo restare solo sulle pensioni elevate, visto che la Corte ha bocciato la misura proprio perché colpiva anche quelle modesto». È evidente che in caso di applicazione limitata della sentenza il governo dovrebbe mettere in conto un nuovo contenzioso con la platea residua dei pensionati colpiti che finirebbe ancora davanti alla Corte costituzionale. Ma passerebbe qualche anno e non è detto che la Consulta, difronte a una misura circoscritta alle pensioni più alte, boccerebbe la nuova legge.

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ADDIO TESORETTO

Di certo i sindacati rilanciano il pressing per cambiare la legge Fornero. “La riforma previdenziale peggiore d’Europa”, che va “rottamata”, dice senza mezzi termini il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. “Era una norma ingiusta e la Corte costituzionale lo ha confermato: è la dimostrazione che bisogna mettere mano alla legge Fornero che è piena di ingiustizie ed è una delle ragioni della crescita della disoccupazione”, stigmatizza il numero uno della Cgil, Susanna Camusso. Mentre il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, con una battuta ironizza anche sul tesoretto che “è solo virtuale, per questo volevano darlo ai poveri”. La sentenza “è molto chiara: non si può fare cassa con i pensionati”, afferma il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, sostenendo che, quindi, bisognerà tornare al meccanismo di rivalutazione “ante Fornero”. E che ora “il governo e l’Inps devono applicare” questa sentenza “così come avvenne con il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro che fu restituito a stretto giro”. Nel 2013, a inizio giugno, la Corte Costituzionale ha bocciato un’altra norma del Salva-Italia del governo Monti che introduceva un prelievo sulle pensioni sopra i 90.000 euro lordi annui. A meno di due mesi da quella decisione, l’Inps (a fine luglio) ha emanato una circolare con cui dava il via alla restituzione dell’importo trattenuto a partire da quell’anno. Si trattava, allora, di un rimborso di circa 40 milioni di euro annui. Quest’ultima sentenza, per l’esperto di lavoro e di welfare Giuliano Cazzola, è “discutibile”. In ogni caso, “adesso il Governo deve provvedere”. E tra le soluzioni “potrebbe rimodulare il provvedimento sulla base di un multiplo più elevato” rispetto a quello di tre volte il minimo, “in questo modo si ridurrebbero le somme da restituire”, e “si potrebbero adottare forme di rateizzazione”.

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