Tutte le bufale sulle mammografie

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-05-11

Non è a prima volta che Beppe Grillo se ne esce con la storia delle mammografie inutili, e purtroppo non è nemmeno l’unico a diffondere certe balle

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Ha suscitato non poco scalpore l’uscita di Beppe Grillo qualche giorno fa contro le mammografie e contro Umberto Veronesi. Le mammografie non servono a nulla, ha detto Grillo, anzi ad una cosa sola: a far guadagnare le ditte che producono i macchinari per lo screening e le diagnosi dei tumori al seno. Parole pericolose, perché non è vero che la mammografia non serve, o che la prevenzione è inutile solo perché c’è qualcuno che ci guadagna. Ma perché stupirsi? Grillo non è nuovo ad uscite del genere, i suoi consigli medici (in materia di AIDS, cura dei tumori e vaccini) sarebbero in grado di sterminare la popolazione mondiale più della peste.

LA CURA DI GRILLO PER IL CANCRO ALLA PROSTATA
Roma, 24 maggio 2014, comizio di chiusura della campagna elettorale delle amministrative. Grillo dal palco attacca Angelina Jolie dicendo che si era fatta asportare chirurgicamente il seno per paura (quando in realtà la scelta della Jolie, anche se radicale, era ben giustificata) e dice che l’unico modo garantito per curare il tumore alla prostata (ma immaginiamo volesse dire prevenire) era “trombare di più”. Ricorda un po’ la storiella di Berlusconi e delle sabbiature per i malati di AIDS. Già nel 1998 (quindi ben prima che venisse pubblicata la famosa ricerca del British Medical Journal) Grillo sosteneva che con il cancro si può convivere anche senza curarsi e che gli screening e le mammografie non servono a nulla, anzi sono pericolose.

Perché, è la buffa teoria di Grillo, le mammografie non vanno fatte “con questa facilità” (cioè una volta l’anno) perché ci sono “i falsi positivi e i falsi negativi” (sic). Gli screening insomma non sono in grado, secondo il Dottor Grillo (laureato all’Università della Strada) di distinguere se una persona ha un tumore. Il consiglio di Beppe all’epoca era di andare sì a farsi fare una mammografia, ma “solo se sentite un nodulo” altrimenti non servono a nulla (concetto ribadito anche sul sacro Blog). Perché, in un cortocircuito epistemologico tipico della logica grillina, sono le diagnosi a creare la malattia. Occhio non vede, tumore non duole.

Non è chiaro se questo faccia parte di una strategia di Grillo per abbassare i costi della sanità pubblica, alla fine gli esami diagnostici costano, se meno persone si recano a farsi fare la diagnosi precoce alla fine dell’anno ci sarà un bel risparmio. E poi la gente può convivere benissimo con un tumore, basta stringere un po’ i denti. E poi vuoi mettere? Non solo lo Stato (quindi i cittadini, quindi laggente) risparmia ma c’è anche la soddisfazione di non arricchire la potentissima e temutissima Big Pharma.
 
IL PROBLEMA È CHE GRILLO NON È DA SOLO
Sarebbe ingeneroso però dire che è tutta colpa di Grillo, in fondo lui è il megafono di un’Italia sull’orlo del medioevo. Senza dover citare Wanna Marchi e Vannoni è sufficiente parlare di Tullio Simoncini e della sua cura per il cancro a base di bicarbonato. Ma anche riguardo le mammografie esiste in Internet un fronte compatto di siti che continuano a spacciare la bufala che la mammografia non serve a nulla. Scrive Gian Paolo Vanoli sul suo sito Mednat:

L’industria del Cancro ha disperatamente bisogno di “screening mammografici” per cercare nuovi pazienti e generare business ripetitivo. Gli esami mammografici, sono la fonte di guadagno dell’industria del cancro.
Gli esami mammografici, vedete, sono la fonte di guadagno dell’industria del cancro. Servono per due scopi molto importanti:
Scopo n.1: Cercare pazienti.
I Mammografi sono degli apparecchi molto intelligenti per cercare pazienti e poi immetterli nel programma molto redditizio di farmaci chemioterapici, radiazioni e chirurgia che, nove volte su dieci, non sono nemmeno medicalmente giustificate. Che ne Dite ? Poiché la tecnologia di localizzazione dei mammografi è ora così avanzata, è in grado di individuare la presenza di tumori molto piccoli in chiunque, sia che siano pericolosi sia che non lo siano.
Questo ha comportato un enorme aumento di “falsi positivi” (segnalazione di un tumore che in realtà non c’è) e quindi pericolosi trattamenti anticancro non necessari, che sarebbe stato meglio non fare e lasciare semplicemente in pace (o trattare con nutrienti e superfoods (supercibi) anticancro).
Ma gli esami mammografici sono uno straordinario modo per indurre le donne a fare trattamenti anti-cancro non necessari. L’industria del cancro è geniale nell’usare la tattica della paura per trovare nuovi pazienti.

Non è difficile capire come mai Vanoli (che è quello che si beve l’urina per curarsi) abbia trovato nel Movimento 5 Stelle un luogo congeniale per esprimere le sue “teorie mediche“. Ed in effetti le sue idee sono molto simili a quelle enunciate da Grillo qualche giorno fa.
Ci sono poi i nostri amici complottisti di Lo Sai (sezione “Salute e Alimentazione”):
lo sai mammografie
che hanno preso spunto dal sito di “controinformazione” (aka copiaincolliamo da qualsiasi fonte) Informare per Resistere:
mammografie informare per resistere
E incredibilmente tutti (Grillo compreso) fanno riferimento allo stesso studio secondo il quale la mammografia è dannosa per la salute e inutile al fine di prevenire l’insorgere di un tumore. Peccato che le cose non stiano proprio così, come ha scritto all’epoca il Dott. Pietro Panizza Presidente Sezione di Senologia della Società Italiana di Radiologia Medica:

ritengo che ad oggi non si possa sostenere che la mammografia è dannosa: l’alternativa è non fare nulla ed aspettare che la malattia divenga palpabile, quando una delle poche certezze è che la diagnosi precoce sia, per ora, la migliore arma per sconfiggere la malattia.
Sinceramente, allo stato attuale, il problema non è risolvibile e, facendo un bilancio costo/beneficio, possiamo solo dire che con la diagnosi precoce riduciamo la mortalità ovvero salviamo delle vite; la sovradiagnosi può fare dei danni, ma non uccide.

C’è anche da dire che nel periodo di venticinque anni durante il quale si è protratto lo studio canadese le tecniche diagnostiche sono state notevolmente migliorate. Il rischio di una sovradiagnosi è stato quindi notevolmente ridotto.

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