I presunti terroristi con il mitra giocattolo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-05-13

Il GIP non convalida l’arresto per terrorismo dei tre afgani indagati dalla procura di Bari. Perché le prove sono troppo labili. Due di loro restano in carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma finisce così in una bolla di sapone il blitz annunciato in pompa magna appena tre giorni fa

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Secondo gli investigatori formavano una cellula legata allo Stato Islamico e progettavano attentati in Italia e nel Regno Unito. Secondo il giudice per le indagini preliminari non esistono elementi sussistenti per l’arresto in attesa del processo. Hakim Nasiri, Zulfiqar Amjad e Gulistan Ahmadzai vedono quindi rigettarsi la richiesta di applicazione delle misure cautelari per il reato di terrorismo, ma gli ultimi due restano in carcere per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in attesa dell’appello della procura sulle decisioni del giudice. Finisce così in una bolla di sapone il blitz annunciato in pompa magna appena tre giorni fa.

I presunti terroristi carcerati per sbaglio

I pubblici ministeri Giuseppe Drago e Roberto Rossi contestavano “la preparazione e l’esecuzione di azioni terroristiche da attuarsi contro governi, forze militari, istituzioni, organizzazioni internazionali, cittadini ed altri obiettivi civili”. “In particolare – dicevano – l’organizzazione, che aveva disponibilità di armi, predisponeva, tramite la preventiva ispezione dello stato dei luoghi (anche con documentazione fotografica e video), attentati terroristici presso aeroporti, porti, mezzi delle forze dell’ordine, centri commerciali, alberghi oltre che di altri imprecisati attentati terroristici in Italia e Inghilterra”. Gli indizi in tal senso erano le decine di foto e filmati rinvenuti nei telefonini dei membri della presunta cellula terroristica: sono dei veri e propri sopralluoghi davanti ad aeroporti (ci sono i video degli interni dello scalo di Palese), porti, centri commerciali, alberghi, sia nel nostro Paese che in Inghilterra. Gli è stato trovato anche molto materiale ideologico di propaganda jihadisti. Il GIP Francesco Agnino l’ha pensata molto diversamente:

Dall’esame degli elementi probatori deve escludersi la sussistenza di un gruppo impegnato in attività di ricerca, selezione, riproduzione di documenti idonei a diffondere l’idea terroristica». Secondo la procura di Bari invece la presunta cellula terroristica era pronta colpire l’Italia e l’Inghilterra. Sui video trovati nei telefonini degli indagati il gip scrive ancora: «Neutra appare la ripresa video di luoghi ritenuti dagli inquirenti sensibili in vista di possibili attentati, dal momento che non può omettersi in questa sede che i video estrapolati hanno durata di pochi secondi, certamente insufficiente al fine di procedere ad uno studio dei luoghi da colpire, procedendo ad una attenta e capillare pianificazione del bersaglio preso di mira. Né può condividersi l’assunto della Procura ad avviso della quale costituirebbero riscontro alle “immaginate” azioni terroristiche le foto relative al Colosseo ovvero ai Fori Imperiali, trattandosi di monumenti del patrimonio culturale mondiale, con la conseguenza che le loro fotografie non costituiscono alcuna anomalia».

Un colpo mortale, a cui si aggiunge anche la decisione del GIP di Milano, competente per Amjad Zulqifar, che ritiene insussistente anche il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. «Non risulta che Amjad si sia mai recato in Grecia dal giorno della telefonata al giorno del fermo, o che abbia anche solo contattato qualcuno lì residente», dice Milano a proposito della frase sui documenti falsi in Grecia da prendere di cui si sarebbe vantato uno degli arrestati.

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La foto di Nasiri con il sindaco di Bari De Caro

L’intercettazione incompresa

E nella storia c’è anche un’intercettazione malcompresa da parte degli inquirenti, sempre secondo il giudice per le indagini preliminari di Milano. Ne parla oggi Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera:

Ma è sulla telefonata n.756 che si apre un abisso tra le due letture. A Bari per il gip Agnino la prova che Amjad «dispone di una rete di fiancheggiatori» affiora quand’egli telefona a un interlocutore: «Una volta che arrivano in Turchia, lì ho una persona pashtun che ha dei taxi e con tariffe più alte del normale li farebbe arrivare in Grecia. Poi, in qualsiasi posto della Grecia, vado io perso nalmente e li porto con me. In qualsiasi maniera, faccio preparare documenti falsi per portarli».
Ma a Milano «tale frase, se correttamente contestualizzata, non assume un significato univoco», perché per la gip Accurso Tagano l’indagato sta ricordando «la sua pregressa esperienza di cui ha fatto tesoro», e «sembra che tra i due interlocutori vi sia uno scambio di informazioni volto a chiarire quale possa essere la strategia vincente pe raggiungere l’Europa, nella piena consapevolezza che altri sfrutteranno lo stato di bisogno dei connazionali». Sicché «in tale ottica anche l’affermazione di poter raggiungere la Grecia con documenti falsi potrebbe essere letta come l’esclamazione iperbolica di chi si dichiara disposto a tutto pur di aiutare altri connazionali, con conseguente equivocità del dato probatorio».

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Una delle foto di Nasiri Hakim con un fucile giocattolo

Intanto però il gip di Bari, su richiesta del procuratore aggiunto Pasquale Drago e del pm Roberto Rossi, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina firma un ordine di custodia cautelare sui medesimi elementi ritenuti insussistenti dalla gip milanese nella non convalida del fermo e i due rimangono in carcere. E la foto che ritrae Nasiri Hakim con il fucile? Il fucile sarebbe un giocattolo e quella sarebbe stata soltanto una goliardata per l’avvocato difensore dell’afgano. Giuliano Foschini su Repubblica ricorda una curiosa coincidenza: «proprio a Bari, al pm Roberto Rossi che si è occupato di questa inchiesta, è accaduto due anni fa un caso simile: aveva arrestato per terrorismo due belgi con materiale informatico jihadista. Furono assolti e scarcerati. Il primo, si scoprì dopo, era l’ideologo dei kamikaze di Molenbeek. Il secondo morì mentre combatteva in Siria».

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