Referendum, lo spread torna a correre

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-11-25

Crescono anche i rendimenti dei titoli di Stato. Il differenziale ai massimi di maggio 2014. L’incertezza sul governo tecnico in arrivo dopo le urne e le nubi su MPS

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Schizzano i rendimenti dei titoli di Stato in asta. Nel collocamento di oggi il tasso lordo del CTz scadenza 28/12/2018 è salito di 50 punti base attestandosi allo 0,238%. Il titolo, comunica Banca d’Italia, ha incontrato una buona richiesta da parte del mercato, con una domanda totale pari a 5,152 miliardi a fronte dei 3,5 miliardi offerti e interamente assegnati. Il Tesoro ha emesso anche 1,2 miliardi di BTp indicizzati all’inflazione dell’area euro.

Referendum, lo spread torna a correre

Nel dettaglio il collocamento ha riguardato 791,75 milioni del BTP-i a 5 anni scadenza 15/05/2022, emesso in quarta tranche con un rendimento lordo dello 0,51% e 414,25 milioni del BTp-i a 30 anni scadenza 15/09/2041, emesso in 20ma tranche con un rendimento lordo dell’1,74%. Il regolamento delle aste cade sul prossimo 29 novembre. Oggi intanto lo spread Btp-Bund ha superato il tetto dei 190 punti, non succedeva dall’ottobre del 2014. Il rendimento del decennale italiano continua a salire e si attesta al 2,131%. Sale anche lo spread fra Bonos spagnoli e Bund salito a 135,4 punti. Intanto un sondaggio su 32 analisti condotto dalla Reuters pronostica che gli investitori potrebbero chiedere un interesse extra di 25 punti base sul rendimento per il debito italiano in caso di vittoria del no al referendum e conseguente crisi di governo. La Banca Centrale Europea intanto ha parlato di rischi in aumento per la stabilità finanziaria, mentre molti degli analisti hanno segnalato che un serio colpo al progetto dell’euro potrebbe essere assestato in caso di vittoria del no al referendum, come pronosticato da Wolfgang Muenchau sul Financial TimesL’Economist invece si è schierato ieri per il no al referendum e per un governo tecnico in Italia. «Lo scenario del no aprirà una fase di volatilità», ha detto Sergio Capaldi, strategist di Intesa Sanpaolo, sempre alla Reuters, «In caso di dimissioni di Renzi non è chiaro quale sarà il percorso per la formazione di un nuovo governo, a meno che non si limiti ad approvare la legge elettorale per il Senato e ad annunciare le elezioni anticipate». Un altro punto critico è il Monte dei Paschi di Siena e il suo piano di ricapitalizzazione per cinque miliardi di euro, che potrebbe subire ripercussioni in caso di caduta del governo che ha approntato il salvataggio.

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La classifica del PIL europeo: l’Italia è terzultima nella crescita, al di sotto della media del Vecchio Continente

La spesa per interessi aumenta di 3,5 miliardi

La corsa dello spread scatenata dalle tensioni internazionali e dall’incertezza sul governo legata al referendum costituzionale ha già fatto qualche vittima:  la spesa per interessi sull’intero stock dei titoli di Stato che il governo avrebbe dovuto sostenere nel 2017 veniva valutata nell’agosto scorso, in base alla proiezione nell’anno successivo dei bassi tassi, in soli 59,9 miliardi. Si trattava di circa 3,7 miliardi in meno rispetto alle previsioni di Pier Carlo Padoan della Nota di aggiornamento al Def di settembre che stima una spesa per interessi per il 2017 di 63,6 miliardi. Ha raccontato qualche giorno fa Repubblica:

Secondo un “focus” del Cer, realizzato da Antonio Forte, con lo spread a quota 180 e con il rendimento del Btp intorno al 2 per cento, la spesa per interessi prevista per il 2017 risale intorno ai 63,3 miliardi: un livello inferiore di appena 2-300 milioni rispetto a quella prevista dal governo. Ma la partita non è finita e alcuni analisti non escludono che lo spread possa scavalcare quota 200, fatto che non avveniva dalla fine del 2013, in questo caso la spesa per interessi proiettata nel 2017 potrebbe raggiungere i 64 miliardi e scavalcare le prudenti ipotesi del Tesoro.
Sugli spread, oltre all’ effetto referendum, pesano anche altri fattori: la decisione della Fed di alzare i tassi, le politiche inflazionistiche della Trumpnomics, la sempre presente mina del Brexit. Tuttavia le cifre che emergono dagli indicatori di mercato segnalano una specificità della situazione italiana e di un riemergere del rischio-Paese. Ad esempio se si guarda alla differenza con lo spread tra Bonos spagnoli e il Bund, emerge che a gennaio di quest’anno gli iberici pagavano 20 punti base in più rispetto all’Italia. Oggi invece la situazione si è capovolta: la tensione internazionale sui tassi penalizza di più l’Italia e il nostro spread ieri era di 50 punti superiore a quello spagnolo.

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La classifica del PIL europeo: l’Italia è terzultima nella crescita, al di sotto della media del Vecchio Continente

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