Cosa possiamo imparare dalla storia di Stamina?

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2015-02-25

Un bel pezzo su Nature commenta la fine della saga di Vannoni e si interroga sul rapporto tra scienza e politica. Cosa possiamo imparare da questa storia?

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La vicenda Stamina è quasi finita (il 18 marzo ci sarà la prossima udienza). Per smaltire le conseguenze ci vorrà molto tempo. C’è qualcosa che possiamo imparare (o ribadire)? Direi molto. A cominciare dall’effetto virtuoso degli scienziati sul torbido mondo della politica. Comincia proprio da questa domanda un editoriale pubblicato ieri su Nature (When right beats might. The final act in a long-running Italian saga should bring tighter controls on unproven stem-cell therapies, both at home and abroad), ricordando poi l’arrivo di Elena Cattaneo nel parlamento italiano («Signora Cattaneo went to Rome. Together with other stem-cell researchers, she helped to bring an end to the whole sorry affair. Brava!»).
 
LA SCIENZA IN PARLAMENTO
Era il 2013 quando Cattaneo è stata nominata senatrice, e Stamina era nel pieno del suo vigore. Agli occhi di molte persone e di molti politici era una promessa, una speranza per chi ne era stato privato, un futuro per chi non riusciva a immaginare l’indomani (ricordiamo però che nel 2012 c’era già una risposta su Stamina e i risultati delle analisi erano chiarissimi). L’irrazionalità aveva confuso un inganno con una terapia sperimentale, con un metodo rivoluzionario (Stamina non è ai stata una terapia, né una cura, né un metodo). E se era comprensibile e giustificabile in chi era direttamente colpito da una malattia incurabile, non lo era da parte dei politici e dei rappresentanti istituzionali (e dei giornalisti e di tutti quelli con i cartelli «Io sto con Sofia», come se si potesse essere contro Sofia), da parte di tutti quelli il cui compito era ed è di vigilare contro i ciarlatani, contro gli imbonitori, contro quelli che promettono soluzioni che non esistono e risposte che non hanno. Ora è facile, dopo condanne e patteggiamenti (e comunque non tutti sono ancora convinti della fregatura di Stamina), ma allora in pochi hanno cercato di mettere in guardia dal tremendo inganno, da una vera e proprio truffa.

La relazione su Stamina (2012)
La relazione su Stamina (2012)

 
STAMINA «CURA» TUTTO
Ricordiamo che Stamina prometteva miracoli per decine di malattie, senza aver mai dimostrato nulla, rimangiandosi le promesse sulla SMA e rifiutandosi di consegnare il presunto metodo invocando un brevetto che non era mai stato concesso perché dagli USA avevano detto che non c’era proprio nulla da brevettare (inutile ripetere tutto per l’ennesima volta). Come ricorda Nature, per anni Stamina ha venduto ciò che non ha mai posseduto. Cosa si può imparare? E, soprattutto, come possiamo evitare che accada di nuovo qualcosa di simile? L’indagine conoscitiva del Senato, nelle conclusioni, ha presentato 10 proposte. Tra le più interessanti ci sono l’adozione del cosiddetto standard Daubert e la messa a punto di linee guida simili a quelle della BBC.
La BBC e la scienza
La BBC e la scienza

 
STANDARD DAUBERT
Quando i tribunali devono vedersela con questioni scientifiche sarebbe opportuno avvalersi di alcuni parametri per la selezione dei consulenti tecnici (per evitare così, come accaduto con Stamina, che le sentenze si contraddiccano e creino una confusione difficile da rimediare). Si immagina l’adozione di alcuni requisiti sul genere del cosiddetto standard Daubert. Come scrive Michele Taruffo in Scienza e processo: «Tuttavia, con l’andare del tempo e con il moltiplicarsi delle ipotesi in cui questo criterio [il Frye test, così chiamato in riferimento a una famosa sentenza del 1923, secondo la quale il criterio per determinare l’ammissibilità delle prove scientifiche sarebbe stato costituito dalla loro general acceptance, ossia dal generale consenso della comunità scientifica intorno alla validità di tali prove] non riusciva a impedire che i giudici utilizzassero conoscenze prive di fondamento scientifico, il Frye test apparve sempre più inadeguato. Ciò indusse la Corte suprema degli Stati Uniti a tornare sull’argomento nel 1993, con la sentenza sul caso Daubert v. Merrell Dow pharmaceutical inc. (509 U.S.579; su tale sentenza v., anche per altri riferimenti, Dominioni 2005, pp. 137 e sgg.). In questa decisione, ormai famosa anche per la grande quantità di commenti che ha suscitato negli Stati Uniti, come pure in Italia, il giudice Harry Blackmun, che scrisse la motivazione di maggioranza, enunciò alcuni criteri di valutazione che dovrebbero guidare il giudice nell’ammettere o escludere prove scientifiche. Si tratta: a) della controllabilità e falsificabilità della teoria che sta alla base della prova scientifica; b) della percentuale di errore relativa alla tecnica impiegata; c) del controllo sulla teoria o tecnica in questione da parte di altri esperti; d) del consenso della comunità scientifica di riferimento. Inoltre, Blackmun sottolineava la necessità che la prova scientifica potesse essere ammessa soltanto quando direttamente rilevante per accertare fatti specifici della controversia». O come avevano ricordato Gilberto Corbellini e Michele De Luca in Non solo Stamina. Difendersi dalla pseudo scienza (Il Sole 24 ore, 30 giungo 2014): «Lo standard Daubert prevede che il giudice accerti che il metodo usato dall’esperto ammesso al dibattimento, sia scientifico. Ovvero il giudice è vincolato a prescindere dalla notorietà, coinvolgimento, simpatia o pertinenza dell’esperto sul piano di sue dichiarazioni o prese di posizione in materia. Ovvero, deve accertare se la conoscenza scientifica che egli apporta è attendibile. Attendibilità che viene stabilita sulla base della presenza di fattori che coincidono con il metodo falsificazionista proprio della scienza sperimentale. Quindi la teoria o tecnica ammessa deve essere controllabile e falsificabile; deve essere visibile e quindi pubblicata su riviste con sistema di referaggio dei pari (peer review); deve essere definito un tasso di errore; devono esserci standard e controlli per la tecnica costantemente aggiornati; infine, la teoria e la tecnica deve essere generalmente accettata dalla comunità scientifica di riferimento».
 
LA SCIENZA IN TV
A luglio 2011 la BBC ha suggerito come si dovrebbe parlare di scienzaIn sintesi si potrebbe dire che le linee guida vogliono evitare la par condicio applicata alla scienza, come se ogni volta che si parla di un argomento si dovesse far parlare chi pensa X e chi pensa Y. Si invitano i giornalisti a non dare spazio alle opinioni stralunate e marginali, e a non presentare i «dibattiti» anche quando non lo sono (cioè, per fare un esempio pratico e facilmente comprensibile, un evoluzionista contro un creazionista; altri esempi potrebbero venire dai dibattiti sul clima e sui cambiamenti climatici, sulle scie chimiche, sui vaccini sull’astrologia o su qualunque altro argomento implichi la scienza ove si invita qualcuno che non presenta una opinione fondata, ma una irrazionale o, peggio, dimostrata falsa e sbagliata; per tornare a Stamina, le critiche fondate razionalmente non stanno sullo stesso piano di chi dice «per me funziona» oppure invoca il «diritto alla speranza»). È necessario interpretare correttamente il come e il perché dare spazio a «opinioni diverse» o a «chi la pensa diversamente» quando mancano i fondamenti razionali e scientifici. È fondamentale capire le ragioni della scienza ed essere in grado di distinguere le posizioni fondate da quelle infondate (anche per non confondere l’uditorio che vedrà i dibattiti, visto che si parla di tv o di media in generale).
TV
 
BUONI PROPOSITI
La conclusione di Nature è amara e splendida allo stesso tempo. Amara perché ricorda quanto gli scienziati in Italia siano spesso poco ascoltati e rispettati (e il metodo scientifico considerato come un peso e non un alleato, come un fardello inutile e che fa perdere tempo, che frena gli entusiasmi dei salvatori novelli Semmelweis). Non poteva mancare il riferimento a quanto successo dopo il terremoto de L’Aquila e l’analogia con il caso Di Bella. Splendida perché sottolinea quanto si possa ottenere anche in pochi, pochissimi, contro i tanti confusi da credenze non scientifiche se si è disposti ad accollarsi il peso di una discussione faticossisima, delle incomprensioni e perfino degli insulti da parte di chi si sente derubato da una «speranza» e non protetto da un ciarlatano il cui intruglio non costituiva un rimedio, ma un pericoloso e dannoso inganno («The Stamina case has been a disgrace to Italy, but it shows the influence that individual scientists can have in fighting — even against seemingly impossible odds — anti-science forces. And as if to underline the point that science can prevail in the most hostile of environments, a day after publication of the Senate report, the European Commission formally authorized the Western world’s first-ever approval for a stem-cell therapy: a treatment for a rare type of blindness that has been developed entirely by Italian scientists, working exclusively in Italy. It is not just in the political world that researchers can help others to see more clearly»).
«When right beats might» (Nature)
«When right beats might» (Nature)

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