Sbatti il mostro Marino in prima pagina

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-19

Capitale corrotta, nazione infetta, sindaco colpevole. Il Corriere della Sera e la propaganda politica continuano a spiegarci che il sindaco è la causa di tutti i mali del Campidoglio. Ma è davvero così? A leggere bene, sembrerebbe il contrario

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Capitale corrotta, nazione infetta è il refrain. E quel sindaco lì, Ignazio Marino, sulla gogna. L’ultimo colpo di scena lo rivela il Corriere della Sera: c’è un buco da 350 milioni di euro nel bilancio del Comune di Roma. Secondo la Ragioneria generale del ministero dell’Economia e delle Finanze il salario accessorio pagato dal Campidoglio ai 24mila dipendenti era illegittimo e le controdeduzioni fornite dal Comune non hanno convinto gli ispettori.

Morale della favola, visto che tutto il carteggio tra Mef e Comune viene sempre girato alla Corte dei conti, i magistrati contabili potrebbero chiedere al Campidoglio di «rientrare» di quella cifra erogata tra il 2008 e 2013 (giunta Alemanno), che si aggira intorno ai 350 milioni di euro, senza però poter entrare nelle tasche dei dipendenti, salvaguardati da una recente sentenza. Per le casse del Comune, già «stressate» dal piano di rientro imposto da Palazzo Chigi dopo il decreto salva Roma e dalla pulizia contabile operata sui crediti inesigibili (altra partita da circa 850 milioni), sarebbe l’ennesimo «buco» da coprire. Una missione impossibile per Silvia Scozzese, assessora al Bilancio, cooptata dall’Anci nella primavera del 2014 proprio per garantire il Piano di rientro. La «signora dei conti», ora, è nel mirino dei suoi colleghi di giunta, in particolare — si dice — della «fedelissima» del sindaco Alessandra Cattoi. È, anche questo, un termometro dei rapporti col governo. Perché la vicenda del Mef viene da lontano (Marino, appena insediato, chiamò gli ispettori che fecero il loro rapporto,il Comune ha controdedotto e il ministero prima ha chiesto nuovi chiarimenti senza ottenere risposta, poi è andato avanti) ma il fatto che emerga adesso, dopo le frasi di Renzi, magari non è casuale.

Non sfuggirà ai più attenti che il salario accessorio è un’invenzione e una responsabilità politica di Gianni Alemanno, nel frattempo inquisito per associazione a delinquere nella storia di Mafia Capitale e oggi in tutt’altre faccende affaccendato. Eppure questa vicenda è sintomatica dell’atteggiamento dei mass media contro Ignazio Marino: continuano a dipingerlo in bilico tirando fuori storie o responsabilità di giunte precedenti. Anche oggi Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, già famosi per aver creato Beppe Grillo, sono andati a scandagliare lo scandalo delle valutazioni dei dipendenti per i premi: in 12 anni soltanto 15 sono stati valutati negativamente, 94mila si sono guadagnati una gratifica. Che schifo, eh? Addirittura 12 anni. Quali?

Fra il 2000 e il 2012, dice un dossier del ministero dell’Economia, sono state distribuite 94.994 gratifiche. La ricompensa del Campidoglio per 94.994 valutazioni positive: bravo, dipendente! E le negative? Tenetevi forte: 15. Quindici! Cioè lo 0,016%. Manco un asino. Un analfabeta. Un lavativo.Tutti bravissimi, tutti puntualissimi, tutti efficientissimi. Ma i dirigenti? Possibile che un andazzo come questo sia andato bene per anni a chi gli uffici deve comunque farli funzionare? La risposta è ancora in quel rapporto. Nessuna lagnanza. Ovvio: le retribuzioni accessorie dei dirigenti, fra il 2001 e il 2012, sono salite mediamente da 45.640 a 88.707 euro l’anno pro capite. Un’impennata del 94,3% in anni in cui il Pil medio di ogni italiano precipitava di 8 punti e la vendita delle auto ai livelli del 1964. «Non risulta», sostiene il rapporto, «che a nessun dirigente sia stata negata l’erogazione della retribuzione di risultato». Nessuna meraviglia: una nota del dipartimento risorse umane del dicembre 2011, ai tempi della destra e di Alemanno, rifiutava il premio di produttività a chi avesse lavorato «un numero di giornate inferiore a 110». Due giorni di lavoro a settimana. Ammazza, che severità!

Insomma, Marino è stato eletto dopo questo dossier sulle retribuzioni scandalose del Campidoglio e delle società partecipate del Comune. Ma intanto noi sbattiamo il mostro Marino in prima pagina. Poi ci si penserà.
ignazio marino
LE RELAZIONI PERICOLOSE DI IGNAZIO
Certo, il sindaco di Roma ha un sacco di nemici nel Partito Democratico. Molti dei quali ce l’hanno con il sindaco per motivi beghini: essendosi autoproclamati in qualche modo difensori della fede cristiana nel PD, non possono sopportare uno che fa le Unioni Civili in Campidoglio e voleva persino regolarizzare la prostituzione. Ecco perché molti di questi hanno preso al balzo la palla della scomunica renziana per comunicare tutta la loro sfiducia nei confronti di un sindaco che, ahiloro, ha avuto l’ardire di vincere le primarie e le elezioni, cosa che a nessuno di loro è finora riuscita nemmeno per sbaglio. Le uniche relazioni pericolose di Ignazio Marino sembrano proprio quelle all’interno di un partito i cui più autorevoli rappresentanti prendevano 1000 euro al mese da Buzzi, si facevano comprare, si vendevano per una miseria. In effetti, è il minimo che siano questi a dirci che è Marino ad essere inadeguato. E il degrado, e le buche, e gli autobus che non passano? Romafaschifo ha elencato una ventina di discontinuità della giunta Marino rispetto alle precedenti, le prime tre vanno proprio a toccare questi problemi:

1. MALAGROTTA Discarica mostruosa presente da decenni. Erano trent’anni che si parlava di chiuderla. C’erano le multe dell’Europa. Con Marino è stata chiusa e una parte dello sporco che si vede in città (il resto, la maggioranza, è la cialtronaggine di Ama o l’inciviltà dei cittadini) è lì per rappresaglia da parte dei ras che sovraintendevano il settore fino ad oggi. Un tempo a comandare erano dei pessimi imprenditori privati, oggi è il Comune.
2. AMA Cresce la raccolta differenziata. Un nuovo management finalmente civile. E in questi giorni la prima gara vera (una gara vera a Roma!) per il servizio, con procedure vere, con aziende partecipanti vere e con il migliore e il più economico che vincerà. Risparmio, solo qui, di 10 milioni di euro. 10 milioni di meno nelle tasche dei soliti. E sono briciole se si pensa che i ras dei rifiuti che sono stati lasciati fare, indisturbati, da tutti i sindaci avevano chiesto 900 milioni: un lodo che Ama ha vinto, 900 milioni non li otterranno. Cosa bisognerebbe fare qui per far star tranquillo il Primo Ministro? Andare con Cerroni a mangiare “a coda aaa vaccinara” come facevano i collaboratori dei precedenti sindaci e dei precedenti governatori del Lazio? (Poi – non dimentichiamolo – la città fa vomitare da quanto è zozza, questo è evidente a tutti)
3. ATAC Un nuovo management credibile (ma con l’ombra del licenziamento del direttore Carlo Scoppola) e il licenziamento di tanti dirigenti. Non basta, sono discontinuità piccole piccole ma si è smesso di andare nella direzione sbagliata sterzando (sebbene poi restando piuttosto fermi). Il servizio è non solo da quarto mondo, ma in costante peggioramento, su questo siamo in continuità purtroppo.

Forse così si spiegano meglio le emergenze continue su rifiuti e trasporto pubblico?
 
MAFIA CAPITALE PIDDINA
È necessario poi ripetere in che modo si sia relazionato il sindaco, secondo le carte delle ordinanze, con Mafia Capitale. Si allontana intanto sempre più l’ipotesi commissariamento tanto più che dalle carte, come abbiamo già detto, non risulta che la cricca di Mafia Capitale fosse particolamente vicina a Marino. Nella precedente ordinanza, infatti, si metteva in rilievo che il sistema di Buzzi e Carminati vedeva come un ostacolo il neosindaco di Roma, avendo tra l’altro scommesso sull’elezione di Gianni Alemanno. In questa vecchia conversazione con Giovanni Fiscon (contenuta nella precedente ordinanza), Salvatore Buzzi, a capo della holding di cooperative che si aggiudicava gli appalti su immigrati e nomadi in Comune, spiega che con il sindaco sarà più difficile intrattenere rapporti, citando presunte difficoltà ma anche “l’area Zingaretti” (Luca, il presidente della Regione Lazio, che già aveva governato la provincia di Roma) e la possibilità che una nomina che riguarda il primo possa andare a buon fine.
mafia capitale ignazio marino
Anche nella nuova ordinanza il sindaco viene citato molte volte. E ancora una volta Marino diventa un ostacolo da aggirare o superare nelle trame di Buzzi. Si parla infatti ancora una volta di Fiscon, dirigente dell’Ama, e di Marino che, dopo l’emergenza rifiuti, aveva intenzione di rimuovere qualche dirigente dall’azienda che raccoglie la monnezza a Roma. Come si vede, da quanto si scrive nella nuova ordinanza i magistrati hanno ricostruito che all’epoca Buzzi & Co. brigarono (e vinsero) per lasciare Fiscon al suo posto.
buzzi marino 1
Anche in questa altra parte della nuova ordinanza si racconta delle mosse di Buzzi, che contatta un deputato ed altri invitando a difendere Fiscon dagli “attacchi immotivati” del sindaco:
buzzi marino 2
In più, c’è da segnalare questa intercettazione riportata dal Fatto Quotidiano che viene presentata così nel titolo:
marino buzzi 1
Ma nel testo compare un elemento in più:

“Noi comunque … ti dico una cosa … lui (Marino ndr) se resta sindaco altri tre anni e mezzo, con il mio amico capogruppo ci mangiamo Roma”.

Buzzi dice che se Marino resta sindaco, l’amico che di conseguenza resterà capogruppo in consiglio comunale visto che non si va a nuove elezioni, si mangeranno Roma. Sta quindi attribuendo a sé e al suo “amico capogruppo” intenzioni temerarie, non certo a Marino. In una parola, che piaccia o non piaccia, Marino era considerato un ostacolo da Buzzi sia secondo la vecchia ordinanza che secondo la nuova. Marino oggi ha detto che non ha alcuna intenzione di rispondere a Renzi e nemmeno di dimettersi. L’unico modo di far cadere il sindaco è che il Partito Democratico gli voti contro. E qui casca l’asino. Perché, visti gli avvisi di garanzia di Mafia Capitale, la mossa suonerebbe come gli inquisiti che cacciano l’onesto. Se davvero Renzi ha intenzione di mettersi a capo della banda e portarsi dietro Orfini, espone il PD a un grandissimo rischio per le elezioni successive. E se il partito perdesse Roma nel 2016, con l’aria che tira a Milano e a Napoli, una sconfitta diventerebbe una disfatta.

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