Roma Multiservizi: un altro «problemino» tra la Giunta Raggi e la realtà

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-10-05

L’amministrazione Raggi vuole che il Comune compri una società di proprietà di AMA e di altre due aziende. Che andrebbero pagate: con quali soldi? E che succede al piano di rientro del debito del Comune? E ai dipendenti?

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«Multiservizi non si vende, si compra»: chiara e tonda, Paola Muraro ha annunciato ieri che «La volontà dell’amministrazione Raggi è che la Multiservizi Spa diventi un’azienda partecipata di primo livello, al 100 percento del Campidoglio». Ma è più facile a dirsi che a farsi, si direbbe ad occhio. Durante la sua audizione in commissione Ambiente infatti l’assessora ha spiegato ieri  che «Anche per la sindaca è uno dei primi punti, mi chiede sempre riscontri sulla situazione della Multiservizi. Ora bisogna trovare una soluzione investendo della questione anche l’assessore alle partecipate».

Multiservizi: un altro «problemino» tra la Giunta Raggi e la realtà

L’assessore alle società partecipate è Massimo Colomban, che in passato in realtà si era sempre detto favorevole alle dismissioni delle società partecipate o a totale proprietà pubblica allo scopo, sosteneva, di cancellare il debito pubblico. Ma il punto non è tanto un dietrofront politico, quanto la fattibilità dell’intero progetto. Roma Multiservizi, che conta 3800 dipendenti, è infatti una società “a prevalente capitale pubblico a cui si affiancano partner privati. Attualmente AMA SPA detiene il 51% del capitale sociale e il restante 49% è di proprietà della Manutencoop Facility Management SPA e di La Veneta Servizi SPA, entrambe aziende leader nei settori dell’igiene urbana e del facility management”.

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Multiservizi: la proprietà (dal sito dell’azienda)

La Giunta Raggi si muove quindi nell’ottica di una ripubblicizzazione totale dell’azienda. Il piano, a prima vista, sembra avere qualche controindicazione. In primo luogo: per ripubblicizzare totalmente (“al 100%”) l’azienda bisognerà pagare le quote a Manutencoop Facility Management SPA e La Veneta Servizi SPA, ovvero le due aziende che possiedono il restante 49%; con quali soldi? E poi, perché acquistare il controllo totale di un’azienda di cui si possiede già la maggioranza assoluta? Queste domande, che oggi ci si fa sui giornali, un giorno potrebbero essere al centro delle spiegazioni richieste dagli organi di controllo della pubblica amministrazione. In secondo luogo, come segnala oggi Fabio Rossi sul Messaggero: in questo modo non si viola il piano di rientro del debito del Comune di Roma, che prevedeva la dismissione delle quote da parte di AMA?

Cosa ne pensa l’assessore?

Una volta risolte queste trascurabili questioni tecniche potrebbe poi proporsi un problema politica.  Scrive infatti Andrea Arzilli sul Corriere Roma che l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban spinge per dismettere Multiservizi come previsto dal piano di rientro studiato da Tronca e dal governo per il maxi debito (13,5 miliardi di euro) del Campidoglio:

Fatto sta che la verità uscita ieri mattina in Commissione ambiente («Vogliamo che l’azienda diventi al 100% del Comune», ha detto il presidente Daniele Diaco) si è scontrata con la (dura) realtà dell’incontro tecnico tenuto in Campidoglio nel pomeriggio da Muraro e Colomban (presente anche l’uomo del Bilancio, Andrea Mazzillo). Alla prima riunione di programmazione del lavoro in Campidoglio, dopo l’incontro conoscitivo con la sindaca Raggi (che ieri ha rinviato a 11 o 18 ottobre l’audizione prevista per oggi in Commissione bicamerale antimafia: «Sopraggiunti impegni di lavoro», la spiegazione filtrata da Palazzo senatorio), Colomban ha subito messo in chiaro la sua idea per la gestione delle Partecipate.
E stando al primo segnale, l’idea sembra diametralmente opposta rispetto a quella che vorrebbe sviluppare l’amministrazione. «Abbiamo trovato una situazione critica della Multiservizi di cui non abbiamo responsabilità — dice Diaco —: il nostro compito è valorizzare l’azienda per renderla un’eccellenza». Ergo, no alla cessione e sì al rilancio, anche se non è ancora chiaro il piano di finanziamento.

Ci sono quindi problemi di soldi, problemi di opportunità politica, rischi di violazioni di patti già sottoscritti. In compenso però non c’è un piano per effettuare quanto promesso, visto che nessuno ha indicato con quali finanziamenti si intende effettuare l’operazione annunciata. Ma cosa volete che siano queste bazzecole.

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