I risparmi della riforma costituzionale tra bufale e realtà

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-12

I risparmi derivanti dalla riforma costituzionale su cui il 4 dicembre è convocato il referendum nelle diverse valutazioni della Ragioneria dello Stato e del governo

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Un’infografica della Stampa pubblicata oggi a corredo di un articolo di Ugo Magri riepiloga i risparmi derivanti dalla riforma costituzionale su cui il 4 dicembre è convocato il referendum. Il testo mette a confronto i costi attuali del Senato, i cui membri scenderanno da 315 a 95, più quelli di nomina presidenziale. Il bilancio di Palazzo Madama certificava che gli emolumenti dei senatori pesano per 42 milioni sul totale di 500; a questi bisogna aggiungere l’indennità (37 milioni) e i finanziamenti ai gruppi parlamentari: 21.
Non verranno però cancellate le strutture di Palazzo Madama, mentre i consiglieri regionali in trasferta andranno rimborsati per spese di viaggio e cene; alla fine i risparmi certi sono nell’ordine dei 49 milioni indicati dalla Ragioneria dello Stato e gli 85 della scomparsa di stipendi, indennità e finanziamenti e della comparsa dei rimborsi spese per i nuovi senatori. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, organo costituzionale, dalla sua istituzione ha avuto spese per un miliardo di euro e oggi costa venti milioni annui. Anche qui non sarà possibile portare a casa l’intero ammontare del risparmio totale, che oggi, secondo la ragioneria, è stimabile in 9 milioni di euro. Infine c’è l’abolizione delle province:

Secondo Maria Elena Boschi, la pietra tombale sulle Province metterà in salvo 320 milioni, una cifra rispettabile. Però il calcolo è talmente complicato che la Ragioneria generale dello Stato (l’autorità in materia) nel 2014 alzò bandiera bianca: non è una cifra valutabile a priori, potrebbe essere di più o anche molto meno. Tra l’altro le Province sono state già tosate nel 2014 dalla legge Delrio: da allora non hanno più organismi elettivi (163 milioni il risparmio conseguito) e nemmeno dipendenti (trasferiti alle Regioni, perché i lavoratori non si possono ancora sopprimere); in pratica rimangono degli ectoplasmi denominati «enti di area vasta».
Si occupano dell’ambiente, di mantenere le strade, di edilizia scolastica, tutte cose cui comunque qualcuno dovrà provvedere. A conti fatti Viene fissato un tetto alle prebende dei consiglieri regionali, che grazie alla riforma non guadagneranno più del sindaco nel capoluogo. Inoltre, i gruppi consiliari saranno a carico della Regione anziché dello Stato centrale. Altri due passi avanti verso la pubblica moralità, per i fautori del Sì. Semplici gocce nel mare, secondo quelli del No. Ma il poco, forse, è meglio del niente.

C’è da segnalare che il professor Ugo Arrigo in un articolo per il Sussidiario spiega, a proposito dei risparmi del Senato, che le indennità di mandato per i senatori costano, nel bilancio di Palazzo Madama, 40,2 milioni di euro. Un computo dal quale detrarre le imposte che il fisco non incamererà. Con un’aliquota media del 38% il risparmio si ridurrebbe a 24,5 milioni; i rimborsi di indennità per i senatori porterà a un risparmio di 19,4 milioni al netto delle tasse. In totale quindi il risparmio totale è stimabile in 43,9 milioni di euro.
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