Cosa resterà del semestre europeo

di Carlo Cipiciani

Pubblicato il 2015-01-13

Il semestre europeo con Presidenza italiana si è appena concluso. C’é chi dice che è stato un successo (Renzi) c’é chi dice che è stato un fallimento (i suoi detrattori). A leggere la sintesi (alla faccia: 135 pagine!) i risultati sembrano imponenti. Ma concretamente, cosa è cambiato in Europa in questi mesi? La risposta è …

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Il semestre europeo con Presidenza italiana si è appena concluso. C’é chi dice che è stato un successo (Renzi) c’é chi dice che è stato un fallimento (i suoi detrattori). A leggere la sintesi (alla faccia: 135 pagine!) i risultati sembrano imponenti. Ma concretamente, cosa è cambiato in Europa in questi mesi? La risposta è facile: poco o nulla. Forse, solo una maggiore attenzione (molto di forma, poco di sostanza) alla crescita. Ed è sconfortante.
Semestre europeo
Sconfortante, perché nel semestre di Presidenza europea italiana si erano scaricate tante (false) speranze. Napolitano ha appositamente aspettato la fine del semestre per dimettersi, come pare farà domani. Molti sostennero che Letta si infuriò moltissimo con Renzi non perché gli soffiò il posto da premier, ma perché ci teneva tanto a gestire in prima persona i dossier della presidenza italiana. Renzi prese il posto di Letta non perché voleva fare fortissimamente il Presidente del Consiglio, ma per dare il suo impulso alla Presidenza italiana del Consiglio Europeo.
Mah. La verità – e, diciamolo subito, non dipende da Renzi, da Letta, da Napolitano e neanche dal Sor Capanna – è che così com’é il semestre di Presidenza dell’Unione europea non significa (quasi) niente. E, in generale, l’Europa così come l’hanno trasformata i nani politici che l’attraversano (nessuno escluso, signora Merkel) serve a poco.
E sì che di Europa avremmo un gran bisogno. Tutti: italiani, francesi, spagnoli, tedeschi. Ma per quello servirebbe la Politica, con la P maiuscola: la coesione degli Stati che aiuta quella dei popoli, la voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo e di guardare oltre l’orizzonte del proprio orticello, pensando europeo più che italiano, tedesco, francese. Cose che mancano, e che neppure la manifestazione di Parigi – frutto dell’emozione di un momento e non di radici europee profonde e condivise (che pure potrebbero spuntare facillmente, se volessimo) – riuscirà a portare, almeno per ora.
E così, il semestre europeo italiano è passato. Lasciamo stare le polemiche (inutili): il semestre europeo lettone sta arrivando, e tra un semestre passerà. Io mi sto preparando. A nessuno frega un tubo. E questa, (purtroppo) non è una novità.
E chissà che verrà dopo; o, se preferite, what comes neXt.

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