Se la Scozia diventa indipendente la Gran Bretagna scivolerà a destra?

di Elsa Stella

Pubblicato il 2014-09-09

Tempi duri per il Regno Unito, con i sondaggi che vedono favorito il sì all’indipendenza. Con le risorse petrolifere e un welfare a sé stanti. E dopo?

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Gestione delle risorse petrolifere (la Scozia è il primo produttore di greggio d’Europa) e difesa di un welfare state che il governo britannico punta a smantellare. Questi i cardini su cui ruota la battaglia per l’indipendenza scozzese, alla vigilia del referendum del 18 settembre. Un referendum il cui esito appariva fino a ieri favorevole al mantenimento dell’unione: ma il sondaggio diffuso domenica dal Sunday Times, che vede i separatisti in vantaggio, ha scombinato le carte, e sta mandando in fibrillazione i conservatori al governo e pure i laburisti, che in Scozia hanno la loro base politica (40 dei 59 seggi della Camera assegnati alla Scozia sono in mano al partito di Miliband) e temono di essere eclissati dal panorama politico nazionale, in caso di vittoria del sì (l’ex premier Gordon Brown ci ha messo la faccia, sul mantenimento del Regno Unito nella sua forma attuale). E c’è anche chi si chiede come potrà cambiare la bandiera della Gran Bretagna, in caso di secessione scozzese.
gordon brown
 
INCERTEZZA E SPINTE CENTRIFUGHE 
L’incertezza regna sovrana, e i mercati detestano l’incertezza, come dimostra la flessione della sterlina rispetto a dollaro ed euro dopo la diffusione del sondaggio. Centrale è la questione della valuta che verrebbe adottata in caso di costituzione di uno stato indipendente scozzese: i tre principali partiti hanno già detto che una Scozia sovrana non potrà continuare a usare la sterlina, e come ha sottolineato Olli Rehn, ex vicepresidente dell’Unione Europea, senza una propria banca centrale gli scozzesi non potranno aspirare a battere moneta propria, né potranno aderire alla UE. Il nuovo stato sarebbe costretto a contare solo sulle proprie forze, in campo valutario, con effetti imprevedibili in ogni aspetto della vita quotidiana degli scozzesi, dal mantenimento del potere di acquisto al costo dei mutui. La principale banca scozzese, la Royal Bank of Scotland, è sostenuta dalla Banca d’Inghilterra ed è di proprietà del governo britannico. E il petrolio, sul quale dovrebbe poggiare l’economia della nuova nazione, è una risorsa in esaurimento: cosa ne sarebbe di una Scozia orgogliosamente indipendente ma coi pozzi prosciugati? L’auspicio prevalente tra i fautori dell’indipendenza è che si arrivi a costituire un fondo nazionale petrolifero sul modello norvegese, in grado di assicurare al paese una solida base economica.
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LONDRA PROMETTE PIÙ AUTONOMIA
Il governo britannico cerca di correre ai ripari promettendo un piano per dare più autonomia alla Scozia, che contempla una devolution fiscale e maggiori poteri in materia di spesa pubblica e welfare, e scatterebbe in caso di vittoria dei no. Ma in questa elezione, come in tutte le altre, l’emotività gioca un enorme ruolo: il punto per gli scozzesi è decidere se vogliono essere governati da Londra o da Edimburgo, e la scelta fa risuonare tutte le fanfare del secolare nazionalismo anti-inglese, che 300 anni di storia comune non hanno soffocato (dal 2011 il Partito nazionale scozzese detiene la maggioranza assoluta al parlamento di Edimburgo). La possibilità di avere totale voce in capitolo sul proprio futuro appare assai allettante, ma pesa molto il dilemma tra sicurezza e incertezza, che resta notevole. E conterà il voto delle minoranze, dai cinesi ai pachistani ai polacchi, chiamati ad esprimersi in queste elezioni. Juliette Lapidos sul New York Times fa invece un ragionamento differente:con l’indipendenza della Scozia i laburisti potrebbero avere molte difficoltà ad ottenere una maggioranza alle elezioni:
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ROYAL BABY, SALVACI TU… 
In questo scenario non sembra casuale la notizia della nuova gravidanza della Duchessa di Cambridge, quella Kate Middleton sulle cui spalle poggiano tutte le speranze di rilancio di immagine del trono britannico. C’è chi sospetta che i tempi dell’annuncio siano stati concertati dal premier Cameron e dalla regina Elisabetta (che domenica proprio in Scozia si sono incontrati) per cercare di conquistare simpatie tra l’elettorato scozzese. Ma il primo ministro scozzese Alex Salmond non ha perso tempo a congratularsi per il futuro lieto evento, chiamando però William e Kate con il loro titolo ufficiale scozzese di conte e contessa di Strathearn (a buon intenditor…). E dire che la Gran Bretagna è stata finora l’unico paese europeo ad applicare concretamente la devolution, punto chiave di quella “Europa dei popoli” che vanta sostenitori anche da noi, concedendo autonomia politica e amministrativa, nel 1997, proprio alla Scozia, che dispone oggi di un parlamento locale e di un proprio esecutivo (l’anno seguente una forma ridotta di devoluzione è stata introdotta anche in Galles e Irlanda del nord). In un’epoca in cui l’ingerenza statale viene sempre più contestata, specie in materia fiscale e di gestione delle risorse (certamente non solo in Scozia), la sirena indipendentista appare molto allettante.

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