Quanto vale l'economia sommersa in Italia
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2016-10-15
211 miliardi di euro, il 13% del PIL: le stime dell’ISTAT
L’Istat ha stimato ieri il peso dell’economia sommersa in 211 miliardi di euro, il 13% del Pil. In crescita dal 2011, quando si attestava a 203 miliardi, e che è salito soprattutto nell’ultimo anno in cui le stime sono disponibili, ovvero il 2014: rispetto all’anno precedente è arrivata un’impennata di 5 miliardi. Spiega oggi Il Sole 24 Ore:
La sola economia sommersa ha generato, nel 2014, un valore aggiunto di 194,4 miliardi (12% del Pil); quello connesso, invece, alle attività illegali (droga, prostituzione, contrabbando), incluso l’indotto, è stato pari a circa 17 miliardi di euro (1% del Pil). Entrando un po’ più nel dettaglio (l’Istat conteggia nell’economia sommersa praticamente tutte quelle attività che sono volontariamente celate alle autorità fiscali, previdenziali, statistiche) spicca come il 46,9% (era il 47,9% nel 2013) del valore aggiunto generato dall’«economia non osservata» derivi dalla componente relativa alla «sottodichiarazione da parte degli operatori economici» (si tratta di introiti e costi deliberatamente occultati per non pagare le tasse – che sono comunque in calo). La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (era il 34,7% l’anno precedente – e qui c’è quindi un peggioramento); per l’8,6% ad altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per il rimanente 8% alle attività illegali.
L’incidenza del valore aggiunto dei flussi generati dall’economia sommersa è particolarmente elevata nei settori delle «altre attività dei servizi» (33,6% nel 2014), del «commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione» (25,9%) e delle «costruzioni» (23,5%). Meno rilevante è il peso nelle «attività finanziarie e assicurative» (3,6%), in cui il “nero” è generato essenzialmente solo dalle attività ausiliarie dell’intermediazione finanziaria, spiega l’Istat, e nel settore dell’«amministrazione pubblica, difesa, istruzione, sanità e assistenza sociale» (5%) dove l’economia sommersa è presente esclusivamente nell’attività di produzione per il mercato di alcuni servizi (il perimetro della Pa, per definizione, secondo il nostro Istituto di statistica, è considerato escluso da potenziali sottodichiaranti e dal lavoro irregolare).
Più in generale, quindi, la diffusione del “sommerso economico” appare più legata al tipo di mercato (e di rapporto tra cliente e fornitore) in cui si opera, piuttosto che al tipo di processo produttivo: in questo non stupisce che le “zone grigie” siano più diffuse in quei settori in cui la produzione è rivolta anche ai consumatori