Quanto soffrono (e s'offrono) le banche in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-12-14

Signora che soffre, signora che s’offre, sostiene un vecchio detto piuttosto maschilista. Ma qui parliamo di banche. Ecco il riepilogo delle sofferenze bancarie in Italia

article-post

Signora che soffre, s’ignora che s’offre, sostiene un vecchio detto piuttosto maschilista. Ma qui parliamo di banche. Il Corriere della Sera pubblica oggi un’infografica che riepiloga le sofferenze bancarie in Italia. I crediti in sofferenza sono quei crediti bancari la cui riscossione non è certa (per le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato il finanziamento) poiché i soggetti debitori si trovano in stato d’insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili. Secondo i dati di Bankitalia che risalgono allo scorso ottobre le banche italiane avevano sofferenze per 189,90 miliardi di euro.
quanto soffrono le banche in italia
A fronte di questa montagna di prestiti in default, le banche hanno accantonato 112 miliardi per compensare le perdite previste. Significa che in media stimano di poter recuperare quasi il 44% di quei crediti, magari prendendo possesso degli immobili dei debitori. Spiega Federico Fubini:

Probabilmente non è una stima del tutto realistica – le perdite saranno maggiori – anche se è più credibile del 52% che le banche presentavano nel 2012. Ma questi numeri sono tremendamente importanti per l’Italia oggi, perché decideranno della possibilità di liberare gli istituti di quell’eredità di sofferenze e permettere loro di alimentare la ripresa. Per farlo, il governo da mesi propone a Bruxelles varie versioni di una soluzione: creare una società con qualche forma di garanzia pubblica, che compri i crediti deteriorati dalle banche e li gestisca fino a realizzarne il valore residuo; la presenza della garanzia sulle perdite dovrebbe permettere a questa società (la “bad bank”) di comprare quegli attivi delle banche a un prezzo non troppo inferiore al 44% oggi stimato. La Commissione, sulla linea Summers, non è d’accordo. Il prezzo medio di mercato a cui oggi fondi internazionali comprano le “sofferenze” delle banche italiane è di circa il 20% del valore originario. Qualunque valutazione più gene rosa da parte del compratore, permessa da garanzie pubbliche sulle sue eventuali perdite, sarebbe “aiuto di Stato” alle banche. A quel punto una lettura stringente della legge europea impone di colpire azionisti, obbligazionisti e depositanti.
Il problema è qui. Lo scarto fra i prezzi di mercato delle sofferenze (20%) e la stima del loro valore reale secondo le banche (44%) è di circa 40 miliardi. Seguire la via di Bruxelles e vendere agli attuali prezzi di mercati aprirebbe un buco enorme nel capitale dell’intero sistema finanziario italiano, con necessità di aiuti pubblici e quindi nuovi traumi per i risparmiatori coinvolti. È per questo che probabilmente non succederà granché: non ci sarà pulizia dei bilanci, né rapida ripresa del credito, e potrebbero tornare crisi localizzate di banche di provincia affossate dalle perdite sui crediti che si svaluteranno sempre di più. Solo una vera ripresa può impedire un “decennio perduto” alla giapponese, con tanti piccoli istituti sottocapitalizzati ma incapaci di affrontare i loro problemi. Eppure in America, alla fine, prevalse Geithner su Summers. Una banca, dopotutto, non si gestisce mica con le regole di uno hedge fund.

Leggi sull’argomento: Le banche che non rischiano di fallire

Potrebbe interessarti anche