Quando Mussolini invitava gli emigrati italiani a fare grande l'America

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-07-25

C’è stato un tempo in cui il Duce riteneva che l’emigrazione fosse una necessità e un sintomo della grandezza del nostro paese. Curiosamente utilizzava uno slogano oggi usato da Donald Trump: make America great

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Nel 1927, in un filmato girato da Fox News Service l’allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini, fece una delle prime apparizioni in un cinegiornale sonoro. Mussolini si rivolge in inglese agli emigranti italiani in America e ai cittadini americani. In quel periodo infatti il numero dei nostri compatrioti arrivati negli USA era aumentato molto ed era diventato fonte di tensioni sociali. A quanto pare nemmeno all’epoca gli immigrati erano poi così graditi.

Il fascismo e l’emigrazione

Nel 1920i il candidato repubblicano alla Presidenza Warren Harding parlava apertamente del rischio che la Nazione cadesse nelle mani di persone non americane. Troppi immigrati sul suolo statunitense mettevano a rischio l’esistenza stessa delle istituzioni democratiche e il pericolo che gli stranieri potessero un giorno votare avrebbe potuto significare la perdita dell’indipendenza, perché gli immigrati sono sempre legati alla madrepatria.

Let us all pray that America shall never become divided into classes and shall never feel the menace of hyphenated citizenshi. For Americans who love America, I sound a warning. It is not beyond possibility that the day might come — and may God forbid it — when an organized hyphenated vote in American politics might have the balance of voting power to elect our government.” If that happened, — if immigrants who identified with countries other than the United States were elected to office — control of the nation “might be transferred to a foreign capital abroad.

Eppure per molti degli emigranti italiani gli States seppero essere una seconda patria, un Paese dove poter vivere dignitosamente e avere figli. Ed è a questo punto che arriva il fascismo e la decisione di Mussolini di “valorizzare” l’emigrazione. Nel 1923 il Duce parlò apertamente di emigrazione come necessità fisiologica per il popolo italiano. Gli emigrati andavano difesi e tutelati perché l’emigrazione era una delle direttive lungo le quali si muovevano le ambizioni espansionistiche italiche.

Bene o male che sia, l’emigrazione è una necessità fisiologica del popolo italiano. Siamo quaranta milioni serrati in questa nostra angusta e adorabile penisola che non può nutrire tutti quanti. E allora si comprende come il problema della espansione italiana nel mondo sia un problema di vita e di morte per la razza italiana. Dico espansione: espansione in ogni senso, morale, politico, economico, demografico. Dichiaro qui che il governo italiano intende di tutelare l’emigrazione italiana; esso non può disinteressarsi di coloro che varcano i monti e vanno al di là dell’Oceano; non può disinteressarsi perché sono uomini, lavoratori e sopratutto italiani… E dovunque è un italiano là è il tricolore, là è la Patria, là è la difesa del Governo per questi italiani.

https://www.youtube.com/watch?v=nKqCEuv5c6M

Mussolini e Trump

Non che per il fascismo l’emigrazione fosse un bene di per sé, perché era ovvio che la partenza di tanti connazionali aveva come effetto quello di impoverire il Paese da tante e preziose risorse. Le cose cambieranno con la fine degli Anni Venti quando il regime fascista abbandonerà l’idea di questa forma di colonizzazione pacifica per prendere posizione contro i fenomeni migratori e favorire invece politiche di colonizzazioni più consone allo status imperiale dell’Italia fascista. Gli italiani avrebbero dovuto emigrare verso le colonie, non verso paesi stranieri. Nel 1927, quando Mussolini registra questo breve discorso in inglese siamo a cavallo tra queste due opposte visioni.

I am very glad to be able to express my friendly feelings toward the American nation. Friendship with which Italy looks at millions of citizens who, from Alaska to Florida, from the Pacific to the Atlantic, live in the United States, Italy is deeply rooted in our hearts. This feeling created by mutual interests so contributed to preparation of an even brighter era in the lives of both nations.
I greet with wonderful energy the American people and I see and recognize among you the salt of your land, as well as ours, my fellow citizens who are working to make America great.
I salute the great American people. I salute the Italians of America who unite in a single love of two nations.

È interessante notare che Mussolini, nel ribadire sentimenti di amicizia tra il popolo italiano e americano ribadisce con orgoglio il tema della vitalità delle forze emigranti italiane. Gli italiani in America stavano lavorando “to make America great“. Ed è impossibile non notare come oggi, nel 2016, l’idea di far tornare l’America di nuovo grande (make America great again) sia lo slogan di Donald Trump. Con un importante distinguo, se per Mussolini erano soprattutto gli emigrati a fare l’America un grande paese per Trump gli immigrati sono IL vero problema che hanno gli USA oggi. Nel 1927 un leader fascista credeva che gli italiani emigrati negli Stati Uniti stavano contribuendo a creare un grande paese. Lo faceva naturalmente per poter alimentare la narrativa del genio italico che si diffonde e colonizza il mondo, la cifra caratteristica di «Un popolo di poeti di artisti di eroi, di santi di pensatori di scienziati, di navigatori di trasmigratori». Nel 2016 un leader fascista americano invece ritiene che un paese come gli USA, la cui cifra caratteristica è quella di essere nato grazie agli immigrati possa diventare grande chiudendosi dentro i suoi confini ma tornando a colonizzare il mondo con le sue regole. In questo senso possono essere letti i proclami di Trump contro il WTO.

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