Putin e le ipotesi di complotto sull'omicidio Nemtsov

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-03-09

Il ceceno Zaur Dadayev ha confessato di aver premuto il grilletto. Ma il movente non convince e a Mosca è caccia ai mandanti. Con un occhio alle convenienze delo Zar. E un altro alle lotte della politica interna russa

article-post

L’ipotesi che Boris Nemtsov sia stato ucciso per le sue dichiarazioni critiche sull’Islam «è non solo una sciocchezza», ma anche «il frutto di una direttiva politica»: a scriverlo, su Facebook, è Ilya Yahsin, collaboratore dell’oppositore russo e presidente di Rpr Parnas. «Nemtsov non ha mai criticato l’Islam, perché era una persona tollerante dal punto di vista religioso. Naturalmente ha criticato i terroristi che hanno sparato alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi, ma molti personaggi pubblici hanno fatto critiche molto più forti e dure, quindi la versione che le sue parole abbiamo causato irritazione nei radicali islamici in Russia non regge». Frasi che vanno a colpire le indagi sull’omicidio di Nemtsov, proprio quando l’esecutore materiale del delitto sembra ormai accertato.
 
CHI HA UCCISO BORIS NEMTSOV?
L’agenzia Interfax ha fatto infatti oggi sapere che le conclusioni preliminari degli inquirenti dicono che Zaur Dadayev, ex vicecomandante del battaglione ceceno Sever, ha sparato a Nemtsov a due passi dal Cremlino pochi minuti prima della mezzanotte. «”Per una conferma al 100% bisognerà attendere il ritrovamento dell’arma del delitto», ha precisato la fonte, ma la cosa viene data praticamente per certa in base ai rilevamenti delle telecamere di sicurezza e alla ricostruzione della dinamica dell’agguato a Nemtsov, «anche a prescindere dalla confessione del sospettato». Dopo una settimana di indagini e sette arresti, tutti di cittadini della Cecenia, sono ora al vaglio i contatti con l’estero dei sospettati, per vedere se c’è una mano straniera nell’operazione. Perché il problema è proprio questo: il movente sembra davvero debole. Gli inquirenti continuano a percorrere la pista dell’estremismo islamico facendo proprio riferimento agli attacchi jihadisti in Francia. Tra l’altro il battaglione Sever, di cui ha fatto a lungo parte Dadaev, è stato in prima fila nella lotta contro l’estremismo islamista nel Caucaso. Anche Beslan Shavanov, il ceceno braccato per l’omicidio di Boris Nemtsov e fattosi saltare in aria sabato scorso a Grozny, faceva parte del Battaglione Sever (Nord) della polizia cecena, come l’unico reo confesso dell’assassinio, Zaur Dadayev.  Shavanov, 30 anni e originario del villaggio Alkhazurovo, si sarebbe licenziato poco tempo prima della morte di Nemtsov – avvenuta in un agguato a Mosca il 27 febbraio – per motivi di salute.   Il quotidiano in inglese The Moscow Times ha fatto un elenco delle dichiarazioni pubbliche di Nemtsov legate alla strage di Parigi di gennaio e che gli sarebbero costate la vita, senza pero’ che emergesse nulla di sensazionale. Il 7 gennaio su Facebook aveva espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime, criticando la posizione del consiglio dei mufti’ di Russia, secondo cui le vignette erano una provocazione: “Questo significa giustificare i terroristi”. “Stiamo assistendo all’inquisizione medievale islamica – ha poi dichiarato alla radio Eco di Mosca il 9 gennaio – i secoli passeranno e l’islam maturera’ e il terrorismo diventera’ una cosa del passato”. Nemtsov aveva commentato anche le minacce aperte, lanciate dal leader ceceno Ramzan Kadyrov i primi di quest’anno, contro altri personaggi pubblici russi che avevano espresso solidarietà a Charlie Hebdo, come l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky e il direttore della radio Eco di Mosca, Venediktov. «Con queste minacce, Kadyrov viola l’art 144 del codice penale russo: fare pressione sulle attività dei giornalisti. con questa accusa Ramzan rischia due anni dietro alle sbarre».

putin oppositori
La fine che fanno gli oppositori di Putin (AFP su Twitter)

IL COMPLOTTISMO ANTI-PUTIN
La maggior parte delle ipotesi di spiegazione sull’omicidio vedono Putin sullo sfondo o in primo piano. Anche le tesi che vedono implicati gli uomini di potere attorno a lui o che potrebbero trarre vantaggio dall’omicidio di Nemtsov soltanto nel lungo termine. «Per ora, secondo me, la versione principale sull’assassinio del 27 febbraio implica un coinvolgimento dei servizi segreti», ha dichiarato, per soprannumero, il copresidente del partito di Nemtsov in un’intervista alla testata Spektr. L’agenzia di stampa Asca cita altre ipotesi di complotto:

Ad esempio quella per la guida del ministero russo dell`Interno: l’attuale ministro Vladimir Kolokoltsev è da mesi considerato in discesa nei favori del Cremino, mentre in ascesa è l`ex capo della guardia presidenziale Viktor Zolotov, che l`anno scorso è stato nominato comandante delle Forze di polizia. L`arresto di un uomo – Dadayev – legato a questo corpo riduce di molto le possibilità di Zolotov, fanno notare oggi vari analisti. E l`ombra si allunga sul grande protettore di quest`ultimo, ovvero il capo dell`amministrazione del Cremlino Sergey Ivanov, stranamente assente dalla scena politica – sottolinea radio Ekho di Mosca – da oltre due settimane. Sarebbe ammalato, o forse in odore di siluramento.
Un’altra ipotesi vede in difficoltà piuttosto il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che ha platealmente difeso Dadayev, descrivendolo come “un patriota” oltre che un “devoto” musulmano. Con sette arresti nel giro di pochi giorni – altri due oggi, dopo i cinque del fine settimana – il caso Nemtsov assomiglia sempre di più a quello dell’uccisione di Anna Politikovskaya, la scomoda giornalista freddata a Mosca nel 2006 alla vigilia della pubblicazione di una sua inchiesta sulle efferatezze compiute in Cecenia dai cosiddetti “squadroni della morte” che facevano capo a Ramzan Kadyrov.
 

Intanto La figlia di Nemtsov, Zhanna Nemtzova, intende intanto prendere il testimone dal padre assassinato. Ospite ieri sera del più seguito talk-show in Germania, “Bei Günther Jauch”, ha attribuito alla leadership russa la responsabilità dell’assassinio del padre: «Forse hanno trovato i colpevoli – ha detto all’indomani dell’arresto dei cinque ceceni – ma noi non sappiamo chi sono i mandanti e credo che la verità non verrà fuori per molto tempo». La giornalista trentenne ha risposto senza esitazione: «In Russia c’è già una dittatura e questo ennesimo omicidio significa che coloro che hanno il potere hanno ormai oltrepassato la linea rossa». E ha aggiunto: «Tornerò in Russia il 15 marzo».

Potrebbe interessarti anche