Podemos dice sì al governo con i socialisti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-01-22

La sinistra radicale di Podemos è disposta ad un governo di coalizione con il Psoe di Pedro Sanchez: lo ha dichiarato il leader della formazione, Pablo Iglesias, dopo essere stato ricevuto da re Felipe VI nelle consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo che si concluderanno oggi

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La sinistra radicale di Podemos è disposta ad un governo di coalizione con il Psoe di Pedro Sanchez: lo ha dichiarato il leader della formazione, Pablo Iglesias, dopo essere stato ricevuto da re Felipe VI nelle consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo che si concluderanno oggi. Dell’esecutivo secondo Podemos dovrebbe far parte anche Izquierda Unida. La Spagna potrebbe così avviarsi, fra ancora mille incertezze, verso un governo alla portoghese guidato dal leader socialista Pedro Sanchez, appoggiato da Podemos e dai nazionalisti e indipendentisti baschi e catalani. A un mese dalle politiche del 20 dicembre che con l’irruzione di 109 deputati di Podemos e Ciudadanos hanno frammentato il parlamento e reso quasi ingovernabile il paese, i contorni di una possibile uscita dalla crisi che eviti il ritorno alle urne sembrano iniziare a delinearsi a sinistra.

L’infografica sul confronto tra i programmi economici di PSOE e Podemos (El pais)

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La conferenza stampa di Podemos

Iglesias ha spiegato in conferenza stampa di aver informato il monarca “della volontà di formare un governo di cambiamento con il Partito socialista e Izquierda Unida”, in cui lo stesso Iglesias ricoprirebbe la carica di vicepremier. Iglesias ha reclamato per il suo movimento “delle responsabilità di governo centrali e fondamentali” e ha chiesto l’adozione nei primi cento giorni di misure di emergenza sociale, in particolare per il sussidio ai disoccupati, nonché nel corso della legislatura una riforma della giustizia e della legge elettorale e un maggiore contrasto alla corruzione. Il leader di Podemos ha infine precisato che la Spagna onorerà i suoi debiti ma che il deficit andrà “ridotto più lentamente”, rinunciando alle politiche di austerità. Nel Congresso dei deputati non ci sono maggioranze chiare. Il Pp del premier uscente Mariano Rajoy è arrivato primo con 123 deputati su 350, davanti al Psoe di Sanchez (90), a Podemos (69), e a Ciudadanos (40). Altri 28 deputati sono andati a Izquierda Unida (2), a nazionalisti e indipendentisti catalani, baschi e delle Canarie (26). Rajoy, il più votato, dovrebbe essere incaricato del primo tentativo. Ma nessuno vuole appoggiarlo. Solo Ciudadanos di Albert Rivera è pronto all’ astensione. I numeri per ora “non ci sono” ha ammesso la Pp Celia Villalobos. Rajoy ha proposto a Sanchez una ‘Gran Coalicion’ Pp-Psoe, ma il leader socialista gli ha sbattuto la porta in faccia. Il segretario socialista lavora a un ‘governo dell’alternanza’ con Podemos, se Rajoy fallirà il primo tentativo o rinuncerà. Il piano del leader socialista era di raggiungere un accordo ‘tutti contro il Pp’, come in Portogallo il socialista Antonio Costa, secondo arrivato alle elezioni di ottobre dietro al premier uscente il conservatore Passos Coelho, è riuscito a riunire una maggioranza eteroclita, ma fragile, con la sinistra radicale comunista, verde e trotzkista per formare il governo. Dieci giorni fa Sanchez ha visto Costa a Lisbona.
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Podemos e socialisti insieme in Spagna

Il progetto del leader Psoe è una alleanza con Podemos e le sue ‘marche’ locali, con i nazionalisti baschi del Pnv (6 seggi) e con Izquierda Unida (2). Al secondo turno otterrebbe l’ investitura nel Congresso con 167 voti contro 163 (Ciudadanos e Pp) e 20 astensioni, gli indipendentisti baschi e catalani (pronti a quasi tutto per eliminare il ‘nemico’ Rajoy). Non è chiaro se Podemos andrebbe al governo o, come la sinistra in Portogallo, appoggerebbe dall’esterno un esecutivo Sanchez di minoranza. Le trattative vere ancora non sono iniziate. E tutto può ancora accadere. Ma gli analisti rilevano che l’atmosfera fra Psoe e Podemos nelle ultime ore è cambiata. Il partito di Pablo Iglesias ha posto in secondo piano, per ora, l’esigenza di un referendum sull’indipendenza della Catalogna che i baroni socialisti rifiutano. Per arrivare alla Moncloa Sanchez dovrà con ogni probabilità fare concessioni sul ‘diritto di decidere’ che esigono anche i nazionalisti baschi. Il rischio però per Sanchez, già indebolito dal pessimo risultato alle politiche, il peggiore di sempre per il Psoe, è di una spaccatura nel suo stesso partito e quindi di un ritorno alle urne, che secondo i sondaggi potrebbe essere disastroso per il Psoe.

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