Perché la TAV con l'incidente di Corato non c'entra nulla

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-07-13

Secondo molti esperti di trenini elettrici sul Web l’incidente si sarebbe potuto evitare se Delrio non avesse “rubato” i fondi del raddoppio della linea per finanziare la TAV. Peccato che i fondi ci siano ancora, che quando fu emanato lo Sblocca Italia Delrio non fosse ministro dei trasporti e che il Governo stia finanziando la rete ferroviaria (pubblica) al Sud

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Dopo il binario unico è la volta della TAV ad essere chiamata in causa per spiegare le cause del disastro ferroviario sulla linea ferroviaria tra Andria e Corato che è costato la vita ad almeno venti persone. La tesi è molto semplice: se il Governo non avesse destinato tutte le risorse per le infrastrutture al Nord, dirottandole sul cantiere per la realizzazione della linea TAV Torino-Lione, si sarebbe potuto evitare il tragico incidente. La TAV in Piemonte sarebbe quindi, secondo questa ricostruzione dei fatti, la “causa” dell’incidente in Puglia. Di conseguenza la colpa è del Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. La verità però è un’altra.
delrio ferrotramviaria spa tav corato - 1

Le rocce di Delrio e i finanziamenti europei

Innanzitutto bisogna tenere conto alcuni dati di fatto: la linea ferroviaria dove è avvenuto lo scontro tra i due treni è gestita dalla Ferrotramviaria Spa, di proprietà della famiglia Pasquini. La linea quindi, e i treni, non sono di proprietà di Ferrovie dello Stato/Trenitalia. Per poter effettuare i lavori di raddoppio del binario su quella linea la Ferrotramviaria Spa ha ottenuto dall’Unione Europea un finanziamento pari a 180 milioni erogati dal Fondo Europeo di Sviluppo regionale nell’ambito del POR 2007/2013 (Programma Operativo F.E.S.R. Puglia 2007-2013). Stando a quanto risulta sul sito della società ferroviaria il finanziamento è stato approvato dalla Commissione Europea tramite la decisione C(2012)2740 del 27 aprile 2012. Il piano dei lavori di ammodernamento e ampliamento della linea prevede:

il raddoppio per 13 km del binario sulla tratta Corato – Barletta; l’interramento della ferrovia nell’abitato di Andria per 2,9 km, di cui una zona di circa 460 metri in galleria, con tre nuove fermate, la realizzazione di parcheggi di scambio intermodali dislocati in prossimità di 11 stazioni/fermate ferroviarie che offriranno circa 2000 posti auto, l’eliminazione di 13 passaggi a livello e l’interconnessione con la Rete Ferroviaria Italiana nelle stazioni di Bari centrale e Barletta. Sette i comuni interessati direttamente dall’intervento: Barletta, Andria, Corato, Ruvo, Terlizzi, Bitonto e Bari.

Sul Sole 24 ore del 10 marzo 2016 il Direttore generale Trasporto di Ferrotramviaria Spa parlava dell’inizio dei lavori su lotto del Grande Progetto riguardante il raddoppio del tratto Corato-Andria, in tutto 25 milioni di euro: «Entro un mese avremo il progetto definitivo e bandiremo la gara Ue per giugno/luglio Poi l’aggiudicazione per dicembre 2016, inizio dei lavori nei primi mesi del 2017 e consegna in un anno». Trasporto Europa riferisce che il valore del bando di gara indetto dalla Ferrotramviaria è pari a 33.427.222 euro e il termine per presentare le offerte era il 1° luglio 2016, successivamente prorogato al 19 luglio 2016. È evidente quindi che il Ministro Delrio – che ha assunto l’incarico al dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 2 aprile 2015 – non ha tolto i fondi ad una ferrovia privata per destinarli alle ferrovie del Nord. Quando nel 2014 pronunciò quella frase sulle rocce e sugli investimenti nelle ferrovie al Sud Delrio non era nemmeno ministro, dal momento che all’epoca ricopriva la carica di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Minsitri e al suo posto c’era Maurizio Lupi. Per la cronaca la frase realmente pronunciata dal Ministro è questa:

Prima di spendere 5 miliardi per l’alta capacità Napoli-Bari occorre verificare con attenzione tutta la progettazione, vista la particolarità di alcuni tratti rocciosi del percorso. E lo stesso vale per la Salerno-Reggio Calabria. Sono opere prioritarie, le faremo come abbiamo indicato nel decreto Sblocca Italia: ma non vogliamo partire con il piede sbagliato

Inoltre Delrio stava facendo riferimento agli investimenti per l’Alta Capacità, non per le linee ferroviarie normali; tant’è che all’epoca molti si lamentarono dicendo che Delrio non voleva l’Alta Velocità al Sud. Una posizione quella di Delrio  ribadita anche nel maggio 2016 quando parlando al Forum PA il Ministro spiegava la necessità di valorizzare e ammodernare l’esistente invece che aprire cantieri per nuove grandi opere, tornando a parlare della linea ad alta capacità Napoli-Bari:

Dobbiamo anche investire sul ferro per il tunnel del Brennero, la Napoli-Bari, la Catania-Palermo. Ma l’alta velocità non è l’unico modo, nel mondo ce l’hanno pochi paesi, si possono raggiungere grandi risultati di aumento di capacità e traffico facendo linee a 200/250 km/ora, anziché 350.

La TAV e l’incidente di Corato

La TAV quindi non c’entra nulla con l’incidente ferroviario di Corato, perché i finanziamenti per il raddoppio del binario sono arrivati dall’Unione Europea. Anche a proposito della storia dello Sblocca Italia del 2014 che avrebbe destinato solo una minima parte delle risorse per la rete ferroviaria del Sud Italia c’è da fare qualche precisazione. Fermo restando che in nessun caso un aumento delle risorse destinate all’ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria avrebbe riguardato una linea di proprietà di una società privata la storia degli investimenti statali sulle ferrovie al Sud è davvero illuminante. Innanzitutto il decreto stabilisce il finanziamento della linea ad Alta Capacità Napoli-Bari (sì quella delle roccette di Delrio) come confermato anche sul sito di Ferrovie dello Stato, la norma ha sbloccato 4.446 milioni di euro già disponibili (su un costo totale di circa sei miliardi di euro). Assieme al collegamento ferroviario Palermo-Catania-Messina (e ovviamente alla TAV Torino Lione) è l’unica grande opera ferroviaria sbloccata dal decreto. C’è da rilevare inoltre come la Regione Puglia (all’epoca guidata da Nichi Vendola) abbia fatto ricorso contro lo Sblocca Italia, in particolare contro il comma di nomina dell’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato in qualità di commissario per la realizzazione delle Napoli-Bari. Al commissario sarebbe spettato il potere di approvare le opere mentre al Ministero dei Trasporti, sarebbe stato affidato il compito di redigere il piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria “al fine di procedere alla realizzazione di opere di interesse pubblico nazionale o europeo“. La Regione Puglia, ritenendo che in questo modo sarebbe stata “scavalcata” e non sufficientemente coinvolta nel processo decisionale nella Conferenza Stato-Regioni ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e la Corte nel gennaio 2016 ha dato ragione all’Ente locale. Sentenza che è stata accolta con favore sia dall’attuale Presidente Michele Emiliano (che parlò di “notizia bomba”) sia dal promotore della causa l’ex-presidente Vendola. C’è infine il discorso delle poche risorse destinate alle linee ferroviare del Sud Italia dalla Legge di Stabilità 2015. Di nuovo rimane valida l’obiezione che quelle risorse non sarebbero andate a finanziare la linea Bari nord ma a questo si deve aggiungere il fatto che con l’Addendum 2015 del contratto con RFI il Governo abbia sbloccato 8,9 miliardi di euro per le linee ferroviarie. La maggior parte dei nuovi finanziamenti sarà destinato al trasporto locale e alla rete ordinaria. Scriveva Alessandro Arona sul Sole 24 Ore il 16 febbraio 2016:

Lo confermano i numeri: mentre nel Contratto 2012-2016, firmato ad agosto 2014 dall’allora ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, il 71% delle nuove risorse (4.120 milioni su 5.812 totali) andava all’alta velocità/alta capacità, e solo il 21% (1.692 milioni) al potenziamento/ammodernamento delle rete ordinaria e locale, ora questa seconda parte sale al 50,1% del totale di 8,9 miliardi, e cioè a 4.502 milioni, e all’alta velocità 4.469 milioni. Le nuove risorse per l’alta capacità non scendono, dunque, rispetto all’Addendum 2014, ma la forte iniezione di nuovi finanziamenti statali messi nel 2014 (e sbloccati ora) vengono concentrati in gran parte (4.502 milioni su 8.970, rispetto ai 1.692 del Contratto 2014) su merci, trasporto locale, ammodernamento della rete ordinaria.

Si tratta di soldi che però non possono ancora essere spesi perché manca l’approvazione dell’Addendum (che però ha incassato il parere favorevole del CIPE). Per l’approvazione si deve quindi attendere il parere parlamentare e un Decreto Ministeriale. Ma da qui a dire che il Governo non sta destinando risorse alle reti ferroviarie e che stia finanziando solo la TAV ce ne passa.

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