Perché la multa ai consiglieri M5S è inutile

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-03-11

Nel 2010 Italia dei Valori aveva previsto una penale da centomila euro per chi cambiava partito ma non è mai riuscita a vincere una sola causa contro chi se ne è andato. L’onorevole Ivan Rota ci spiega come è andata

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Qualche tempo fa ci siamo occupati della penale da 150mila euro che Beppe Grillo e la Casaleggio hanno intenzione di far pagare ai consiglieri comunali romani qualora, dopo essere stati eletti, cambiassero schieramento politico o violassero il Codice di comportamento per i candidati ed eletti del Movimento 5 Stelle alle elezioni amministrative di Roma 2016 che tutti i candidati dovranno firmare. Questa vicenda dimostra che il Movimento è un partito come tutti gli altri, affetto da uno dei principali problemi della politica italiana: il cambio di casacca. Come fare per evitare che un eletto cambi partito? Probabilmente le multe servono a poco, molto di più potrebbe una migliore selezione della classe dirigente.

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L’estratto del documento del M5S dove viene menzionato il pagamento della penale da 150mila euro

Il tentativo di tenere sotto controllo gli eletti

Non è la prima volta che il MoVimento prova a cercare di disincentivare la cosiddetta “infedeltà politica” degli eletti. Nel 2012 Grillo tentò in modo alquanto maldestro di fare firmare le dimissioni in bianco ai candidati per le amministrative. Anche se poi sul Blog Grillo smentì il ricorso a questa pratica alla prova dei fatti a quanto pare qualcuno del MoVimento le presentò davvero. E nel 2013 a nulla valse l’appello dell’europarlamentare (e fedelissimo di Grillo) David Borrelli rivolto al consigliere comunale “ribelle” Alessandro Gnocchi per presentare le dimissioni in bianco dal consiglio comunale di Treviso ed evitare così l’espulsione. In quel caso il consigliere rifiutò l’offerta e venne successivamente espulso dal M5S. Ecco quindi che ora il Movimento ci riprova inserendo nel contratto/codice di comportamento la possibilità di dover pagare una penale:

Ciascun candidato si dichiara consapevole che la violazione di detti principi comporta l’impegno etico alle dimissioni dell’eletto dalla carica ricoperta e/o il ritiro dell’uso del simbolo e l’espulsione dal M5S e che pertanto a seguito di una eventuale violazione di quanto contenuto nel presente Codice, il M5S subira’ un grave danno alla propria immagine,che in relazione all’importanza della competizione elettorale, si quantifica in almeno Euro 150.000.

Ma qualcuno che ci ha già provato in passato avverte il Movimento 5 Stelle: le multe per chi lascia sono un fallimento.

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Il documento fatto sottoscrivere da IDV ai candidati delle elezioni regionali 2010

Ivan Rota: «Casaleggio non ripercorra errori già fatti da altri»

Così scriveva in un comunicato stampa l’Onorevole Ivan Rota dell’Italia dei Valori il partito che per primo tentò di introdurre la penale per quei consiglieri infedeli. Abbiamo intervistato l’Onorevole Rota che ci ha spiegato come il tentativo dell’Italia dei Valori di impedire ai propri eletti di cambiare partito tramite la sottoscrizione di un patto con il Partito non abbia prodotto nessuno degli effetti sperati ma anzi si è rivelato una scelta potenzialmente disastrosa per le casse di IDV a causa delle spese processuali da sostenere.

Onorevola Rota, per quale motivo imporre il pagamento della penale per coloro che cambiano partito non ha senso?

Innanzitutto una premessa: ritengo che una persona che è eletta in un partito, in quel partito deve rimanere. In Costituzione un parlamentare eletto non ha vincolo di mandato. E c’è una ragione: per evitare pressioni nei confronti di quel candidato o della sua famiglia al fine di costringerlo a fare qualcosa che va contro la sua libertà personale. Questo è quanto dice la Costituzione quindi chi cambia partito non lo fa contro la Costituzione, contro la legge o fuori dalle regole. Però la Costituzione è stata scritta in un momento in cui un cittadino per farsi eleggere doveva prendere le preferenze. Il non vincolo di mandato quindi era stato inserito per far sì che il parlamentare rispondesse ai cittadini che lo avevano eletto sul suo territorio. LE cose sono cambiate però con il cosiddetto Porcellum che prevedeva che i candidati venissero inseriti in una lista bloccata dai partiti. Allora io ritengo che sia giusto che un candidato, che è eletto non per merito suo ma in virtù della posizione nella quale il partito lo ha inserito nella lista, debba rimanere all’interno del partito che gli ha consentito l’elezione.
Quindi lei è favorevole a cambiare l’articolo 67 della Costituzione per inserire il vincolo di mandato?
Noi oggi abbiamo una legge che vede dei parlamentari nominati e quindi non eletti dai cittadini ma nominati dai partiti perché i cittadini votano il simbolo del partito e quindi ritengo giusto che una persona che è stata eletta in quel partito debba rimanere. Però la Costituzione questo non lo prevede e quindi noi abbiamo l’anomalia di una legge elettorale che è cambiata ma non è cambiata la Costituzione. Bisognerebbe a questo punto cambiare la Costituzione e inserire il vincolo di mandato.
Tornando però alla situazione presente e alla proposta del Movimento 5 Stelle..
Riguardo alla vicenda delle multe proposta dal Movimento io mi sono limitato a dire che vanno contro la Costituzione e quindi le cause non si vincono ma si perdono: oltre alla beffa c’è pure il danno. Noi come IDV abbiamo esperienza di deputati che sono andati sui quali non abbiamo potuto rivalerci e consiglieri regionali che se ne sono andati dopo aver sottoscritto un patto tra le parti secondo il quale nel caso fossero usciti avrebbero dovuto pagare il partito ma questo non è successo e abbiamo dovuto chiudere le cause che costituivano un costo per il partito.

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L’articolo che prevedeva il pagamento di una penale da 100mila euro in caso di inadempienza

L’onorevole Rota qui fa riferimento in particolare al caso di Giacomo Olivieri (consigliere regionale eletto in Puglia nel 2010) nei confronti del quale IDV ha intrapreso una battaglia legale conclusasi negativamente per il partito che non solo non ha incassato il denaro ma ha anche dovuto pagare le spese legali della controparte. Vale la pena ricordare che Olivieri era un habitué del cambio di casacca ancor prima dell’iscrizione a IDV quindi forse a quel punto avrebbe dovuto essere stata operata una migliore selezione delle candidature. La situazione dell’Italia dei Valori è emblematica in tal senso e ricorda alla lontana quello che il Movimento 5 Stelle sta vivendo in questi anni tra epurazioni e fuoriuscite volontarie. Giusto per dare alcune cifre nel 2010 (anno in cui IDV introdusse il patto pre elettorale con i candidati) tra consiglieri regionali ed assessori, il partito aveva 74 eletti nelle Istituzioni regionali. Eletti che si sono ridotti (proprio a causa del cambio di casacca) ad una decina al termine del mandato. Anche per quanto riguarda i parlamentari eletti nel 2008, la pattuglia IDV alla Camera passò da 29 rappresentanti a 19 di fine legislatura mentre al Senato da 14 senatori a 11. L’Onorevole Rota precisa che da nessuno dei fuoriusciti Italia dei Valori è riuscita a recuperare alcunché, di fatto quindi le multe e le penali sono un deterrente inutile per coloro che ad un certo punto decidono di andarsene. L’esperienza di IDV potrebbe e dovrebbe essere tenuta in considerazione dal partito di Grillo. In conclusione Rota lancia una provocazione al Movimento 5 Stelle: «in caso di espulsione di un eletto che ha semplicemente esercitato il diritto alla libertà di parola sarà invece il Movimento a dover risarcire il consigliere?». Purtroppo su questa eventualità Rota ammette che il suo partito non è in grado di aiutare il M5S perché loro non hanno mai dovuto espellere nessuno.

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