Perché gli USA chiedono di tagliare il debito della Grecia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-07-09

Gli Stati Uniti chiedono pubblicamente la ristrutturazione del debito di Atene e mettono sotto pressione il Fondo Monetario Internazionale. All’integrità dell’Eurozona tengono più loro che gli europei

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C’è più impegno alla irreversibilità dell’euro a Washington che a Bruxelles. Sono proprio gli Stati Uniti, infatti, ad appoggiare con maggior forza la richiesta di tagliare il debito di Atene che Alexis Tsipras ha reiterato ieri durante il suo discorso al Parlamento Europeo. “E’ nell’interesse di tutti che la Grecia resti nell’Eurozona”, ha detto il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, parlando dalla Brookings Institution a Washington. Secondo lui una Grexit sarebbe un “errore geopolitico”. Per Lew “il punto è se l’Europa e la Grecia hanno la volontà politica di un rilancio economico e di una ristrutturazione”. Secondo l’amministrazione Obama una “soluzione è fattibile ma non c’è certezza che possa essere raggiunta politicamente”. A un certo punto, ha aggiunto Lew, “si devono fare le scelte difficili”. “Il debito greco non è sostenibile. Molti europei – sostiene Law – sono riluttanti alla ristrutturazione del debito”.
 
PERCHÉ GLI USA CHIEDONO DI TAGLIARE IL DEBITO DELLA GRECIA
Nel febbraio scorso, in occasione della prima trattativa intavolata tra Atene e Bruxelles, Barack Obama aveva chiesto al Vecchio Continente di «non spremere un paese già in recessione», ma non era stato granché ascoltato dalla Germania e dagli altri paesi fautori della linea dura. Ora il governo prova a mettere in campo tutto il suo peso politico mentre Alexis Tsipras presenterà il suo piano all’UE. Un messaggio che dovrebbe arrivare prima all’orecchio del Fondo Monetario Internazionale, che infatti ha fatto trapelare i suoi orientamenti e le sue valutazioni sul debito di Atene: è insostenibile, va ristrutturato o tagliato. Ma è difficile che l’amministrazione USA non si sia accorta che è stata proprio Christine Lagarde a mettersi di traverso qualche settimana fa quando Unione Europea e Grecia si trovavano a un passo dal firmare un accordo (recessivo e pericoloso per la stessa Atene) criticando le misure scelte dal governo greco per far quadrare i conti. E proponendo però come controproposta misure che a loro volta non sarebbero state un toccasana per la disastrata economia del paese. Ora però l’amministrazione americana si rende conto che il combinato disposto della crisi greca e di quella cinese potrebbe mettere in vero pericolo la ripresa economica in America. E agisce di conseguenza, chiedendo di “Fare presto” e di evitare la Grexit.

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Gli impegni a breve della Grecia (Corriere della Sera, 9 luglio 215)

E poi c’è la Russia. ll vertice dei Brics di oggi vedrà il lancio della nuova banca di sviluppo e di un pool di riserva valutaria di emergenza, entrambi con un capitale di 100 miliardi di dollari. La nuova banca, decisa lo scorso anno al vertice Brics in Brasile, inizialmente finanzierà progetti infrastrutturali dei Paesi membri: alla Grecia è già stato opposto un chiaro ‘no’. Le quote dicono chiaramente chi farà la parte del leone: 41 mld dalla Cina, 18 a testa da Russia, India e Brasile, 5 dal Sudafrica. Ma una Grecia fuori dall’euro è tutta un’altra cosa.
 
IL FANTASMA DI LEHMAN BROTHERS
Spiega oggi Mario Platero sul Sole 24 Ore che la paura degli Stati Uniti è che la Grexit abbia un effetto simile a quello del fallimento di Lehman Brothers. Paure di sicuro esagerate, ma anche comprensibili. Anche perché gli Usa pensano che la Germania stavolta voglia andare fino in fondo:

C’è da chiedersi come mai l’America ha sentito la necessità di uscire pubblicamente con una posizione così forte contro la Germania. E la conclusione è una soltanto, come ci hanno detto fonti autorevoli a Washington, la Casa Bianca si è convinta che la posizione molto dura della Germania non è soltanto un atteggiamento negoziale per strappare concessioni alla Grecia, ma è lo specchio di una decisione già presa: o la Grecia accetta le condizioni europee (tedesche) o potrà accomodarsi alla porta.

E se alla fine sarà davvero Barack Obama a salvare Atene, la conclusione non può essere che una: all’integrità dell’Eurozona tengono più gli Usa che l’Europa.

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