Perché Antonio Logli è stato prosciolto dall'accusa di omicidio di Roberta Ragusa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-03-07

Il GUP Giuseppe Laghezza ha pronunciato il dispositivo che dispone il non luogo a procedere dopo circa due ore di camera di consiglio. Logli era accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere. Ma senza il corpo e con testimonianze deboli non si poteva andare lontano

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Massimo Logli è stato ieri prosciolto dal giudice dell’udienza preliminare dall’accusa di omicidio nei confronti della moglie, Roberta Ragusa.  Il GUP Giuseppe Laghezza  ha pronunciato il dispositivo che dispone il non luogo a procedere dopo circa due ore di camera di consiglio. Logli era accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere. Dopo la sentenza Logli ha abbandonato il tribunale di Pisa scortato dai suoi avvocati uscendo dall’ingresso principale e affrontando senza dire una parola decine di telecamere e giornalisti, poi a piedi ha raggiunto l’auto con la quale era arrivato e che era stata parcheggiata sul retro del palazzo di giustizia. Per tutta la passeggiata, durata alcuni minuti, il marito di Roberta Ragusa ha continuato a camminare a testa alta fissando le telecamere ma senza pronunciare alcuna parola anche se incalzato dai giornalisti. Solo il suo difensore, Roberto Cavani, si è limitato a dire: «No grazie, nessun commento». Secondo quanto si è scritto, la sentenza è di “non luogo a procedere per non avere commesso il fatto”.
ROBERTA RAGUSA ANTONIO LOGLI
PERCHÉ ANTONIO LOGLI È STATO PROSCIOLTO DALL’ACCUSA DI OMICIDIO DI ROBERTA RAGUSA
Roberta Ragusa era scomparsa la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme. Nel marzo 2012 Antonio Logli era stato iscritto nel registro degli indagati. Gli investigatori indagando su due telefonini, in uso al marito, Antonio Logli, e alla 28enne Sara Calzolaio, segretaria dell’autoscuola gestita dalla famiglia Logli, babysitter e amante del marito di Roberta, scoprono che Antonio e Sara avevano altri due telefonini utilizzati solo per parlare tra di loro. I due cellulari sarebbero spariti proprio nei giorni della scomparsa della Ragusa, e sarebbero stati distrutti dai due per paura che si scoprisse la loro relazione. A settembre il corpo della donna era stato cercato in alcuni terreni della Pineta di San Pietro a Grado, vicino alla base USA di Camp Derby.  Venne anche trovato il diario personale di Roberta e tra le pagine esaminate dagli inquirenti c’è una annotazione che conferma quanto dichiarato dal marito, relativa al ferimento della donna qualche giorno prima della sua scomparsa. “Sono caduta dalle scale della soffitta. Tragedia”, annotava la Ragusa il 10 gennaio. La 45enne aveva riportato delle contusioni al braccio e alla testa, a seguito della caduta dalle scale della soffitta della sua abitazione. Nel giugno 2013 le ricerche del cadavere vennero riprese nel pisano, e condotte con un sistema georadar che scandagliava il terreno fino a tre metri. Un mese prima gli inquirenti avevano interrogato la Calzolaio, mentre nel frattempo spunta il testimone Loris Gozi, che affermava di aver visto nella notte della scomparsa Logli litigare con una donna. Vengono ispezionati due laghetti per la pesca, vicino a Gello, mentre nelle settimane precedenti erano stati perlustrati il lago di Massaciuccoli, ma anche boschi e grotte sui monti pisani. Vengono indagati anche Valdemaro Logli, padre del marito della Ragusa, e la Calzolaio.


L’IMPIANTO DI ACCUSA
Per gli investigatori menzogne e testimonianze, accompagnate all’esplorazione di altre ipotesi alternative senza riscontro, erano sufficienti a ottenere il rinvio a giudizio. Facevano affidamento soprattutto su quelle di Gozi, il giostraio sentito anche in sede di incidente probatorio, e di Silvana Piampiani, che riferirono di avere visto Logli in strada oltre l’orario in cui lui stesso aveva detto di essere andato a dormire. Gozi aggiunse anche di averlo visto litigare con una donna. E poi quella prova fatta in auto da Logli: è buio e in auto insieme a un amico percorre la strada dove i testi dicono di averlo visto. Un rivelatore Gps posizionato a bordo registra i suoi movimenti e lo colloca proprio nel punto esatto dove Gozi dice di averlo visto. Il giudice ha accolto la tesi difensiva secondo la quale soprattutto Gozi è un testimone totalmente inaffidabile e già duramente contestato anche all’incidente probatorio. Non c’è il cadavere e quindi non c’è prova che Roberta sia morta e, qualora lo fosse, non c’è alcun elemento, secondo i difensori del marito, che sia stato lui a ucciderla. “Nell’interpretazione del dispositivo e in attesa di leggerne le motivazioni – ha spiegato il procuratore facente funzioni, Antonio Giaconi – è possibile che il giudice abbia ritenuto che, in assenza del corpo, Roberta Ragusa non sia morta. Noi invece riteniamo che sia stata uccisa e per questo continueremo a indagare”. Era stato proprio lui in apertura di udienza a delineare il quadro psicologico dell’imputato tratteggiato come “un bugiardo patentato, capace di mentire per anni nascondendo una relazione clandestina con una persona intima della moglie che si è sbarazzato di una persona scomoda quando ha capito che una separazione gli sarebbe costata troppo. Avrebbe perso tutto: la casa, i figli e forse anche il lavoro”. Ma il giudice non ha creduto all’accusa e, in attesa delle motivazioni che saranno depositate tra 30 o 60 giorni, sembra avere sposato completamente la linea difensiva secondo la quale Roberta Ragusa si è allontanata volontariamente dopo avere scoperto l’infedeltà del marito e che comunque non è stato lui a ucciderla. Ora la procura dopo avere letto le motivazioni avrà 15 giorni di tempo per appellare la sentenza per cassazione.
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LA PARTITA GIUDIZIARIA E QUELLA MEDIATICA
Ma Giaconi ha già anticipato le prossime mosse: “E’ un pronunciamento francamente inatteso, ma non lo definirei uno schiaffo alla procura: semmai si tratta di una decisione, senz’altro presa in coscienza, molto coraggiosa per una vicenda così complessa che meritava un approfondimento processuale. Noi continueremo a lavorare, a indagare. E allo stato Logli continua a essere imputato, almeno finché non ci sarà una sentenza definitiva. Così come continueremo a cercare il corpo di Roberta Ragusa o elementi nuovi per le indagini anche sotto il profilo testimoniale”. Di certo non ha aiutato il clima e la decisione l’atteggiamento dei media nei confronti di Logli. Quasi tutte le trasmissioni pomeridiane e serali che si occupano di cronaca nera hanno indicato nel marito il maggiore indiziato della morte della donna (nemmeno provata, finora), tratteggiando una situazione dalla quale sembrava che le prove nei confronti di Logli fossero schiaccianti. I media hanno pubblicato anche intercettazioni e mail private di Logli e Calzolaio che poco c’entravano con la storia, lasciando immaginare agli spettatori di volta in volta “clamorose svolte nelle indagini” che non sono arrivate mai.
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Questo si è ovviamente riverberato nell’atteggiamento nei confronti dell’indagato, di tifo sfrenato nei confronti di una soluzione o dell’altra per il giallo che si andava a delineare. Questi sono due commenti che compaiono sulla pagina fan dell’autoscuola di Logli:
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La verità è che l’impianto accusatorio nei confronti di Antonio Logli, senza il cadavere di Roberta Ragusa, è nato ed è andato avanti monco. La formula dell’assoluzione, in attesa della Cassazione e di eventuali altre mosse dell’accusa, era debole e sarebbe stato fatto a pezzi in Corte d’Assise. A uscirne con le ossa rotte non è la giustizia, ma la procura che ha condotto le indagini. Senza prove non si può processare.

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