Gli importi medi delle pensioni e l'APE

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-06-19

Secondo i dati Inps, l’importo medio delle pensioni di vecchiaia liquidate nel 2015 (156.494) è stato di 630 euro al mese. Come è possibile sopportare il “taglio” dell’Anticipo Pensionistico?

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Il Corriere della Sera pubblica oggi una tabella riepilogativa della distribuzione degli importi delle pensioni. Secondo i dati Inps, l’importo medio delle pensioni di vecchiaia liquidate nel 2015 (156.494) è stato di 630 euro al mese. Si va dai 1.063 euro in media per i lavoratori dipendenti ai 535 euro dei coltivatori diretti, passando per i 758 euro degli artigiani e gli 818 euro dei commercianti. Si tratta di valori ben distanti dall’importo delle pensioni di anzianità (quelle che, dopo la Fornero, si possono prendere oggi dopo 42 anni e 10 mesi di lavoro; 41 anni e 10 mesi per le donne) che nel 2015 sono state liquidate (154.718 in tutto) per un importo medio di 1.867 euro al mese.

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La distribuzione delle pensioni per importi medi (Corriere della Sera, 19 giugno 2016)

Spiega il quotidiano:

L’Ape però interessa chi deve andare in pensione di vecchiaia, che potrà lasciare il lavoro fino a tre anni prima dei 66,7 anni d’età ora richiesti. Ma quale lavoratore, prendendo un assegno nella gran parte dei casi tra 800 e mille euro, potrà sopportare un taglio dello stesso per 20 anni, sia pure minimo? Probabilmente solo chi è in condizioni di estremo bisogno, perché ha perso il lavoro e non riesce a trovarne un altro oppure, al contrario, chi ha una situazione familiare tale che può permettersi di prendere una pensione più bassa ma nel frattempo dedicarsi ad altro (il negozio del familiare, un lavoro in nero). Insomma, per evitare il flop il governo dovrà mettere in campo detrazioni che abbattano sul serio il taglio dell’assegno conseguente alla rata di rimborso e dovrà farsi carico del costo dell’assicurazione. È evidente, infatti, che il lavoratore metterà a confronto l’Ape con altre possibilità, a partire dal Tfr. Prendiamo una pensione lorda da 15 mila euro all’anno. Chiedere l’Ape per lasciare, per esempio, il lavoro due anni prima, significherebbe un prestito da 30 mila euro. Ma un lavoratore con una trentina d’anni di servizio potrebbe domandarsi se non gli convenga prendersi il Tfr e utilizzare quello e poi ricevere una pensione piena, anziché chiedere il prestito e avere poi una pensione penalizzata per 20 anni, in pratica per sempre. Non a caso, lo stesso governo accanto all’Ape sta studiando la Rita, Rendita integrativa temporanea anticipata, cioè la possibilità che il lavoratore ritiri in tutto o in parte il capitale accumulato nel fondo pensione, così da ridurre o annullare la necessità di ricorrere al prestito. Oppure facciamo un altro caso: un lavoratore potrebbe chiedersi se non gli convenga essere licenziato a due anni dalla pensione di vecchiaia e prendere l’indennità di disoccupazione, inizialmente pari al 75% della retribuzione (che è sempre maggiore della pensione) piuttosto che fare «il mutuo sulla pensione». Sono alcuni dei dubbi sui quali si stanno arrovellando i protagonisti del confronto fra governo e sindacati.

Leggi sull’argomento: In pensione prima con il prestito: come funziona l’Anticipo Pensionistico

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