Cosa pensano i greci del piano di Tsipras

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-02-25

Ottimismo, speranza e soprattutto orgoglio. Questo è quello che provano i greci dopo l’accordo con l’Eurogruppo: «Ora le persone sanno che la Grecia non accetta a capo chino quello che gli altri vogliono imporci»

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Dopo l’Europgruppo di venerdì scorso Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis sono tornati in Grecia portando a casa un sostanziale pareggio. Non una vittoria, perché le richieste di Tsipras non sono state accettate ed anzi l’accordo raggiunto è molto distante dalle posizioni di partenza del Primo Ministro greco. Ma nemmeno una sconfitta, piuttosto una “vittoriosa sconfitta” (come l’ha definita Guido Iodice su NeXt) che concede alla Grecia l’estensione del programma di finanziamenti per altri quattro mesi e la promessa di un “possibile aggiornamento dell’accordo esistente”.
 

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Chi detiene il debito pubblico della Grecia (Corriere della Sera, 1 febbraio 2015)

 
IL RITROVATO OTTIMISMO DEGLI ELETTORI DI SYRIZA
In questi giorni si è letto molto – da questa parte della barricata – sulle possibili conseguenze dell’accordo e molto si leggerà nei giorni a venire delle future mosse di Tsipras. Ma come hanno preso i greci la decisione dell’Eurogruppo sottoscritta dal capo del Governo? A darcene un’idea ci pensa il sito Keep Talking Greece che ha sondato l’umore, le speranze e i timori dell’elettorato di Syriza che ha consentito ad Alexis Tsipras di vincere le elezioni politiche del 25 gennaio. I termini dell’accordo non sembrano aver piegato l’ottimismo dei greci, certo, Tsipras non ha ottenuto praticamente nulla di quello che voleva e che aveva promesso in campagna elettorale ma, fa notare Eleni, “era ora che qualcuno alzasse la voce in Europa“. Dopo mesi di umiliazioni da parte della Troika forse è finalmente giunto il momento per i greci di provare di nuovo un modo d’orgoglio, lo dice Anna “Abbiamo ritrovato un po’ del nostro orgoglio perduto. Ora le persone parlano del fatto che la Grecia non accetta a capo chino e senza discutere quello che gli altri dicono di noi e che vogliono imporci di fare”. Le fa eco il giovane Makis che sottolinea l’importanza del passaggio fondamentale nel nuovo corso della Grecia di Tsipras: “mostrarsi forti, far vedere di avere la volontà di proseguire i negoziate senza accettare tutto quello che dicono”. Quella della settimana scorsa non sarà una vittoria ma “la gente ha bisogno di tirare il fiato, di sperare che le cose possano cambiare. Dobbiamo dimostrarlo che è possibile non andare avanti a capo chino”. Insomma, l’importanza degli accordi e della dichiarazione dell’Eurogruppo è fondamentalmente psicologica, serve a ridare speranza ad una Nazione che fino a poco tempo fa sotto lo stivale della Troika aveva perso sia quella che l’orgoglio nazionale. E non è nemmeno importante sapere chi abbia vinto oppure perso, quella è una dicotomia che è utile ai mass media, quello che è utile ai greci, dice Yannis che ha 60 anni e da quattro anni è senza lavoro è che la Grecia abbia guadagnato tempo; quattro mesi senza che vengano imposte nuove misure di austerità. Visti da qui, dall’Italia, quattro mesi possono sembrare pochi, ma per una popolazione che ha vissuto a pane e austerity della Merkel negli ultimi anni sembra davvero un sogno.
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EURO O DRACMA?
Ha senso per la Grecia uscire dall’Euro e tornare alla Dracma? L’opinione dei presenti non è unanime. Per alcuni non ha senso ritornare alla Dracma perché sarebbe un disastro senza precedenti. Altri invece fanno notare che avere una moneta unica ma non una finanza unica non ha molto senso, e quindi stare nell’Euro ad ogni costo (o meglio essendo costretti a pagare un prezzo molto alto in termini di misure di austerità) non porterebbe alcun vantaggio per la Grecia. D’altro canto però le conseguenze che un ritorno alla Dracma imporrebbe sul sistema economico greco sarebbero di rilievo perché i greci “non sono abbastanza disciplinati da sopportare un quinquennio di sofferenze” causato dal ritorno alla vecchia moneta nazionale. Quindi meglio stringere i denti e restare nell’Euro. Sperando: che le cose possano cambiare, che la Troika riveda certe sue decisioni e che Tsipras mantenga le promesse fatte in campagna elettorale. Non tutte però, nessuno si illude che il programma di Syriza verrà realizzato al 100%, però la scommessa è che Tsipras sia in grado di fare almeno la metà di quello che ha promesso prima di vincere le elezioni.
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Cosa succede alla Grecia se esce dall’euro (La Repubblica, 10 febbraio 2015)

LA CRISI INTERNA A SYRIZA
Sotto questo aspetto l’elettorato greco “è molto cresciuto” in questi ultimi anni, nel senso che la disillusione la fa da padrona. E quindi lasciano il tempo che trovano le critiche a Tsipras da parte dell’eroe della resistenza greca Manolis Glezos per non aver saputo mantenere le promesse fatte agli elettori e che ha accusato il Primo Ministro di non essere stato in grado di liberare la Grecia dal giogo “dell’oligarchia economica tedesca“. Glezos non è il solo però a non approvare il modo in cui Tsipras e Varoufakis si stanno muovendo in queste settimane in Europa, anche il parlamentare ed economista Costas Lapavitsas di Piattaforma di Sinistra si è detto “molto preoccupato” per il modo con cui Alexis Tsipras sta tradendo il Programma di Salonicco e non vede come il risultato dell’accordo con l’Eurogruppo possa conciliarsi con la realizzazione del piano nazionale di risanamento che deve andare avanti in autonomia nonostante le imposizioni della Troika. Gli elettori intervistati da Keep Talking Greece però la pensano diversamente; dal momento che molte critiche vengono dall’area di Syriza denominata Tendenza Comunista la reazione degli intervistati è che Glezos e gli altri avrebbero potuto entrare a far parte del KKE (il Partito Comunista greco) e se non l’hanno fatto è perché il KKE non garantisce lo stesso pluralismo che c’è all’interno di Syriza. Niente di nuovo per noi italiani: l’idea è che se un parlamentare ha qualcosa da dire circa la linea seguita dal partito dovrebbe farlo nelle sedi opportune e non in pubblico. Glezos poi “pensa ancora di poter agire come durante la Seconda Guerra Mondiale”, ma non è così, e i greci hanno imparato a loro spese che bisogna scendere continuamente a compromessi. Nel frattempo però Tsipras sembra essere riuscito a ricucire lo strappo con il compositore Mikis Theodorakis, anche lui nei giorni scorsi su posizioni fortemente critiche nei confronti dell’azione del Governo di Atene, pace fatta tra i due, in nome della Realpolitik e di una visione strategica del compito che spetta alla Grecia nei prossimi mesi. Perché il vero lavoro di Tsipras e Varoufakis inizia adesso.

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