Padoan e le cifre «sbagliate» sull'Italia e i soldi alla Grecia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-29

Il ministro dell’Economia mette in guardia contro le stime errate dell’esposizione italiana nei confronti della Grecia. E chiarisce la cifra corretta. Con sorpresa

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Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha appena precisato che l’entità dell’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia è, «in virtù di prestiti bilaterali, pari a 10,2 miliardi di euro. Inoltre ha fornito contributi destinati alla Grecia al fondo salva-stati per 25,7 miliardi di euro. L’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia è quindi pari a 35,9 miliardi di euro». Bontà sua, Padoan ha fatto anche sapere: «Un’eventuale evoluzione negativa della crisi potrebbe avere conseguenze su altri soggetti finanziari ai quali l’Italia partecipa ma la quantificazione dell’impatto diretto sull’Italia di una tale evoluzione non è praticabile con le informazioni attualmente disponibili ed anche negli scenari meno favorevoli è dubbio che vi siano effetti diretti».

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Il comunicato del ministero dell’Economia sull’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia

PADOAN E LE CIFRE SBAGLIATE SUI SOLDI ALLA GRECIA E L’ITALIA
Con chi ce l’aveva Padoan? Il suo portavoce a via XX Settembre, Roberto Basso, su Twitter aveva poco prima richiamato l’Economist per una stima eccessiva in un’illustrazione del settimanale:

Da dove veniva la cifra detta da Basso per correggere l’Economist? 37, 4 miliardi di euro è la somma di quanto dichiarato – e non smentito – ad Antonella Baccaro del Corriere della Sera, che oggi ha pubblicato un’intervista a Padoan:

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Intervista al Corriere della Sera, 29/06/2015

Ovviamente per la stima puntuale non si può non fare riferimento al comunicato finale del ministero dell’Economia, che adesso stabilisce ufficialmente la cifra di 35,9 miliardi di euro. Questi sono i dati ufficiali e visto che la situazione è delicata meglio che si sia avuto un elemento di chiarezza del genere. Ma è evidente che non solo i giornali devono stare attenti a non scherzare con i numeri.
 
I CONTI DELLA SERVA
Riguardo invece il conteggio che arriva fino a 65 miliardi di euro, l’articolo di Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore spiega come ci si arriva:

L’Italia vanta il terzo Pil dell’Eurozona, parametro principale assieme alla popolazione sul quale fanno perno formalmente le ripartizioni dei rischi all’interno dell’are euro. L’Italia dunque sottoscrive il capitale della Bce, tramite la Banca d’Italia, per una quota pari al 12,3%, contro il 18% della Germania e il 14,2% della Francia: se dopo un default della Grecia sui 19,8 miliardi di titoli di stato acquistati con il Smp la Bce dovesse ritrovarsi un buco in bilancio, l’Italia sarebbe chiamata a partecipare pro quota alla ricapitalizzazione della Bce.
La quota (capital key) italiana diventa il 17,7917%, pari a un versamento di 14,2 miliardi, in riferimento al capitale paid-in del meccanismo di stabilità Esm, per ora non coinvolto con il piano di aiuti alla Grecia. Stessa percentuale per calcolare la quota italiana sui prestiti erogati alla Grecia dall’Efsf, totale sceso a 130,9 miliardi dopo la restituzione di 10,9 miliardi dedicati alla ricapitalizzazione delle banche greche.
Se la Grecia o le banche greche non dovessero ripagare i loro debiti, il calcolo dell’esposizione italiana diventerebbe molto più difficile.

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Cosa succede all’Italia con il referendum in Grecia (Sole 24 Ore, 28 giugno 2015)

La banca centrale greca si prende comunque tutte le perdite eventuali sugli 89 miliardi concessi con l’Ela (l’ipotesi è che la vendita dei titoli dati a garanzia non dia proventi sufficienti per ripagare il mancato rimborso). Il passo successivo è vedere se la banca centrale stessa resta solvente (se il suo capitale può assorbire le perdite). L’eventuale ricapitalizzazione ricadrebbe sul singolo stato greco, ma se anche lo stato fosse in default, il buco greco potrebbe danneggiare tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’Eurozona.
Infine eventuali perdite sul bilancio Bce si ripartirebbero in proporzione alla chiave capitale e una eventuale ricapitalizzazione della Bce sarebbe in capo alle banche centrali nazionali che ne sono i proprietari/azionisti.

Ora tutto acquista più senso.

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