Ecco a voi l'ordinanza dei PM di Lecce sulla Xylella

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-01-04

Il documento nel quale vengono formalizzate le accuse ai ricercatori dell’Università di Bari, dell’Istituto agronomico del Mediterraneo (Iam) di Valenzano e il Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura Basile Caramia, sospettati di essere i principali responsabili dell’introduzione del batterio della Xylella Fastidiosa in Italia

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Il 28 dicembre il Gip Alcide Maritati ha convalidato il provvedimento firmato il 18 dicembre dal procuratore capo Cataldo Motta e dai sostituti Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci riguardo il sequestro preventivo degli ulivi pugliesi affetti dal Complesso del disseccamento rapido. Il Giudice per le indagini preliminare condivide gli assunto della Procura di Lecce riguardo alle presunte responsabilità dei ricercatori pugliesi indagati per aver in qualche modo favorito – secondo la Procura –  la diffusione della Xylella. Secondo il Gip il ricorso gli abbattimenti non è l’unica strada percorribile per arginare il male che sta devastando gli uliveti pugliesi. Nel frattempo però su Internet hanno iniziato a circolare copie dell’ordinanza della Procura nella quale vengono formalizzate le accuse ai ricercatori dell’Università di Bari, dell’Istituto agronomico del Mediterraneo (Iam) di Valenzano e il Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura Basile Caramia, sospettati di essere i principali responsabili dell’introduzione del batterio della Xylella Fastidiosa in Italia.

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L’infografica della Stampa sulla Xylella fastidiosa

Stavano già studiando la Xylella, sono colpevoli!

Dell’ordinanza avevamo già parlato qui, e qui invece avevamo raccontato di come all’estero vedano la caccia alle streghe che è va in scena in Puglia. A leggerla bene però l’indagine dei magistrati leccesi risulta essere piena di contraddizioni (e di qualche errore). In alcuni punti i magistrati danno la colpa ai ricercatori di aver importato il batterio durante un workshop sulla Xylella, eppure anche i periti della Procura hanno evidenziato che la subspecie del batterio che aggredisce gli ulivi pugliesi non è tra quelle importate per il workshop. In altri passaggi però si dice che la Xylella  era presente da molti anni in Puglia (quindi perché la responsabilità dovrebbe essere dei ricercatori?) e non è la causa del disseccamento rapido, ma che la responsabilità è dell’utilizzo di un erbicida prodotto dalla Monsanto. Oppure si suggerisce che lo IAM sta creando una varietà di olivi resistenti al batterio dal quale potrebbe trarre enormi profitti. Infine si cita il fatto che allo IAM si studiasse la Xylella come “coincidenza singolare” prima dell’esplosione dell’epidemia. La storia del disseccamento degli ulivi, quella ricostruita dai Pm della Procura di Lecce, inizia dieci anni fa. Nel documento della Procura si fa infatti riferimento alla nascita del progetto OLVIVA, avviato nel 2006, il cui obiettivo era quello di “fornire gli strumenti operativi necessari per l’immediata applicazione dei nuovi protocolli di certificazione fitosanitaria e di corrispondenza varietale per le cultivar di olivo“. Al progetto collaborano alcuni dei ricercatori iscritti nel registro degli indagati. La motivazione della Procura del Lecce è semplice:

È singolare la coincidenza della comparsa dei primi sintomi di disseccamento con l’avvio delle attività di cui al succitato progetto “OLVIVA” e con il proliferare di convegno sul tema del disseccamento degli olivi e sulla formazione di personale qualificato per il trattamento della Xylella.

In buona sostanza l’esistenza di un progetto che coinvolgeva ventidue istituti di ricerca in dodici regioni italiane è messo in correlazione unicamente con la comparsa dei primi sintomi di disseccamento in una regione, la Puglia, e l’insorgere dell’emergenza Xylella. Il convegno invece è quello “famoso” tenutosi nell’ottobre 2010 presso lo IAM di Bari a Valenzano sulla Xylella per la definizione di protocolli e la formazione di personale per contrastare il batterio Xylella in occasione del quale sarebbe stato importato il batterio che poi si sarebbe diffuso nell’ambiente. Anche qui, il fatto che ricercatori di un istituto agronomico stessero studiando il fenomeno e abbiano organizzato uno workshop internazionale è messo in correlazione con la diffusione della Xylella in Puglia. Tra le sottospecie di Xylella fatte arrivare per il workshop dall’Olanda però non figura la sottospecie pauca (quella ritenuta responsabile del disseccamento rapido) e di questo gli inquirenti non riescono a darsi spiegazione pertanto ritengono poco plausibile che siano state importate tutte le sottospecie ad eccezione della pauca. Nell’ordinanza manca solo un “coincidenze? Noi di voyager etc etc“. Saranno proprio alcuni degli indagati, infine, a pubblicare nell’ottobre 2013 sul Journal of Plant Patology un articolo dal titolo Identification of DNA sequencese related to Xylella Fastidiosa in Oleander, Almond and Olive trees exhibiting leaf scorch symptons in Apulia (Southern Italy), da quel momento si è iniziato a parlare ufficialmente del batterio della Xylella come causa del complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO). Secondo i ricercatori indagati questa è la prova che è un particolare ceppo (ST53) della sottospecie pauca del batterio proveniente dalla Costa Rica – propagato tramite la sputacchina media (Philaenus spumarius) – a causare il CoDiRO, ma nell’ordinanza la Procura sostiene che gli esperti dell’ISPA-CNR di Lecce che hanno effettuato alcune analisi a campione nell’ottobre 2015 su alberi che presentano i sintomi del CoDiRO non hanno riscontrato la presenza della Xylella. Questo dimostrerebbe, secondo i Pm, che il batterio non è la causa del disseccamento rapido. Il problema è che la letteratura scientifica a riguardo è quasi tutta prodotta dagli istituti di ricerca oggetto di indagine e di questo la Procura un po’ se ne rincresce. Poco oltre nell’ordinanza però la Procura riferisce che i suoi esperti hanno ritrovato non un ma “perlomeno nove!” ceppi differenti della pauca.

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Le differenti sottospecie di Xylella Fastidiosa (fonte: Scienza in Rete)

La Monsanto, il Roundup e la società “specchio di xylella…”

Secondo gli inquirenti infatti il disseccamento anomalo degli ulivi era presente in Puglia fin dal 2008, quindi ben prima del succitato workshop durante il quale sarebbe stata introdotta la Xylella. In quegli anni però i ricercatori incriminati erano all’opera (in un’altra area della Puglia) per studiare misure di contenimento e di prevenzione della cosiddetta Lebbra dell’Olivo. Ed è proprio nell’ambito della ricerca su questa patologia che entra in gioco un altro elemento chiave della vicenda il diserbante erbicida Roundup Platinum (nel provvedimento a volte è erronamente citato come “Roundop”) della Monsanto. Il provvedimento “suggerisce” velatamente che il disseccante (questo il termine usato) della Monsanto utilizzato per l’eliminazione delle malerbe attorno agli ulivi possa essere una delle cause del disseccamento stesso degli ulivi:

L’uso di questo disseccante per mantenere “pulito da erbacce” l’oliveto prima o poi si ripercuote negativamente sulla fertilità del suolo e sulla salute delle piante di olivo le quali, inevitabilmente, diventano più vulnerabili ai patogeni che fanno parte dell’ecosistema e che se hanno l’occasione diventano particolarmente virulenti nei confronti dei loro ospiti preferiti.

Appare evidente che quando la Procura scrive affermazioni del genere continui ad escludere il batterio incriminato poiché non fa parte dell’ecosistema pugliese. Ma allora perché far notare che la Monsanto ha acquisito nel 2008 (ricordate la data qui sopra?) la società Alellyx il cui nome nell’ordinanza viene definito “specchio di xylella…“? Per la Procura sono state allora le ricerche nei Campi Sperimentali sulla Lebbra dell’Olivo ad abbassare le difese immunitarie delle coltivazioni consentendo a funghi e a batteri (tra cui la Xylella) di poter aggredire con facilità le piante.

L’olivicultura superintensiva nell’ordinanza

Ma non finisce qui, perché l’Istituto Agronomico del Mediterraneo (IAM) coltiva anche altri interessi. Ad esempio la creazione di una nuova varietà di olivo, detta Lecciana. La Procura non sa se questa nuova varietà sia o meno resistente alla Xylella né sa se sono stati condotti dei test a riguardo ma fa maliziosamente notare che se così fosse all’Università di Bari “deriverebbero enormi vantaggi anche di carattere economico“. Ci sarebbe da chiedersi anche perché mai per la Lecciana sarebbe così importante essere immune dalla Xylella, visto che gli esperti della Procura hanno dimostrato che il batterio non ha nulla a che fare con il CoDiRO.
 

Il grido d’allarme del super esperto di Xylella

Una buona parte delle informazioni in base alle quali la Procura ha emanato l’ordinanza sono desunte da ricerche sul Web. Succede però alle volte che il Web sia traditore. Ad esempio per quanto riguarda il piano di abbattimenti (il c.d. Piano Silletti) al fine di creare un cordone fitosanitario di contenimento del CoDiRO i magistrati leccesi fanno riferimento a quanto detto dal massimo esperto mondiale di Xyllela Alexander Purcell durante un workshop dell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) che avrebbe dichiarato «Non fate il nostro stesso errore: contro la Xylella gli abbattimenti non servono a nulla. Occorre contenere il batterio e lavorare sul rafforzamento delle piante». Affermazione riportata dal sito videoandria e riferita dall’eurodeputata M5S Rosa D’Amato. Intervento del quale la D’Amato convenientemente posta solo gli ultimi minuti e non quelli nei quali parla di ri-ingegnerizzare le piante per renderle resistenti al batterio (forse perché è un tema sgradito all’elettorato). Il problema è che Purcell non ha mai detto – durante quel convegno – quella frase riguardo l’abbattimento delle piante. In una lettera pubblicata dal Foglio a giugno, nella quale deplorava l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti dei ricercatori pugliesi accusati di essere untori, Purcell spiegava che le strategie di contenimento possono variare, e che quello che non ha sortito “effetti degni di nota” in California, è stato essenziale in Brasile.

Le strategie di lotta che funzionano in una determinata regione o su di una specifica coltura possono non essere  altrettanto efficaci su altre colture, o sulla medesima coltura ma in condizioni pedoclimatiche differenti. Ad esempio, la tempestiva eliminazione delle viti colpite dalla malattia di Pierce non ha sortito effetti degni di nota in California, mentre la stessa operazione condotta Brasile sugli agrumi  è risultata essenziale per contenere gli attacchi di “clorosi variegata”, una malattia anch’essa indotta da X. fastidiosa. Inoltre, in tre differenti aree californiane vengono adottati tre diversi metodi di lotta contro la malattia di Pierce. Ciò a causa della presenza e attività di differenti insetti vettori e delle condizioni climatiche locali.

Alla Procura di Lecce sarebbe stato sufficiente guardare il video qui sopra, quello pubblicato dall’EFSA, ma ha preferito fidarsi delle voci riportate dalla D’Amato.

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