Occupazione, il miracolo renziano deve ancora arrivare

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-06-18

Un’economia ancora in difficoltà e i piccoli segnali positivi che sembrano dimensionati e congiunturali. Una ripresa così piccola e fragile (cit.) è la certificazione della difficoltà ancora presenti nell’economia italiana

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Due comunicati dell’Istat pubblicati ieri ci forniscono una serie di indicazioni sui numeri del lavoro più utili dell’intensa attività di propaganda registrata sui giornali negli ultimi tempi. E ci dicono che il miracolo renziano promesso dal presidente del Consiglio deve ancora arrivare, nella migliore delle ipotesi.
 
OCCUPAZIONE, IL MIRACOLO RENZIANO DEVE ANCORA ARRIVARE 
Vediamo il dettaglio. Nel comunicato “Indicatori del lavoro nelle imprese” l’Istat certifica che:

Nel primo trimestre 2015 le posizioni lavorative nel totale dell’industria e dei servizi diminuiscono, in termini destagionalizzati, dello 0,1% sul trimestre precedente. Rispetto ai primi tre mesi del 2014, l’indice cala dello 0,8%. L’indice destagionalizzato delle posizioni in somministrazione aumenta, in termini congiunturali, del 6,9% e, in forma grezza, del 18,8% rispetto al primo trimestre 2014.
Nel complesso dell’industria e dei servizi, il monte ore lavorate diminuisce, in termini destagionalizzati, dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Nel confronto con il primo trimestre del 2014 il dato corretto per gli effetti di calendario rimane invariato.
Le ore lavorate per dipendente nel primo trimestre 2015 non mostrano variazioni, in termini destagionalizzati, sul trimestre precedente. Rispetto allo stesso trimestre del 2014, l’indicatore, corretto per gli effetti di calendario, segna un aumento dello 0,2%.

Importante è qui segnalare che il monte ore lavorate diminuisce nell’industria e nei servizi, e questo fa comprendere meglio l’entità e la durata della ripresa di cui abbiamo parlato.
Ancora più indicativo quanto si dice nel comunicato sulle tendenze recenti dell’occupazione, più “ottimista” nel suo complesso ma senza nascondere i numeri negativi. L’Istat prima dice che i dati recenti sul lavoro «sembrano indicare un primo aggiustamento della domanda (e dell’offerta) di lavoro al nuovo quadro dei costi e di impiego del lavoro, conseguente ai recenti provvedimenti normativi, in un contesto di ripresa dei livelli complessivi di attività economica». Poi però entra nel vivo. E spiega ad esempio che il quadro del mercato del lavoro resta negativo nell’industria, anche se è positivo per i servizi:

Nel primo trimestre 2015, resta negativa la dinamica dell’industria (che assorbe circa il 22% delle posizioni lavorative dell’intera economia) per effetto soprattutto del persistente calo del settore delle costruzioni. Un segnale meno sfavorevole riguarda le attività manifatturiere, il cui monte ore lavorate ha segnato una graduale ripresa nel corso del 2014 e una sostanziale stabilità all’avvio di quest’anno.

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COSÌ PICCOLA E FRAGILE
Ancora: spiega l’Istat che nel primo trimestre 2015 si contano 22 milioni 301 mila occupati, valore sostanzialmente stabile in confronto al trimestre precedente. Il risultato è la sintesi di un calo della componente maschile (-0,5%) e della crescita di quella femminile (+0,7%). Gli occupati tra 15 e 24 anni si riducono dell’1,9% rispetto al trimestre precedente. Il tasso di disoccupazione destagionalizzato scende al 12,4% dal 12,7 del quarto trimestre 2014. Ci sono anche notizie positive: la crescita del lavoro a tempo pieno, interrotta dalla crisi e ora confortata da segnali positivi. Poi c’è l’incremento del part time, ma, avverte l’Istat, qui l’aumento riguarda quasi del tutto il part time involontario, ossia il lavoro a orario ridotto accettato in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. L’incidenza del part time involontario sul totale dei lavoratori a tempo parziale sale al 64,1% (62,7% nel primo trimestre 2014).

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Posizioni lavorative indipendenti delle imprese per settore, Istat 17/6/2015

La persistente caduta dell’occupazione nell’industria rispetto al primo trimestre 2014 (-2,8%) è il risultato di andamenti diversi, seppure complessivamente negativi, dei settori di attività. Nelle costruzioni prosegue, anche se a ritmi decrescenti, il forte declino iniziato nel terzo trimestre 2008 (-5,3%). Nelle attività manifatturiere il calo tendenziale nel primo trimestre 2015 è del 2,4%. Nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, settore che nel corso degli anni ha subìto perdite occupazionali limitate rispetto agli altri comparti industriali, l’occupazione si riduce dell’1,0% su base annua. Torna invece a crescere seppur debolmente (0,2%), dopo la caduta del periodo 2013-14, il comparto della fornitura di acqua (reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento), settore strutturalmente in crescita dall’inizio del nuovo millennio fino al 2012.

Per quanto riguarda i servizi, il segnale positivo proviene dalla somma di più fattori, ovvero settori in cui la crisi permane (il commercio) e settori che invece inviano forti segnali di ripresa (i trasporti). Curioso l’andamento dell’informatica, che aveva tenuto nel periodo 2009-2014 ma oggi comincia a registrare i primi cali. Insomma, i dati Istat certificano che la ripresa è fragile, congiunturale e a grosso rischio di stop in balìa di eventi esterni come quelli che l’hanno provocata. E, tanto per fare un esempio, se questo parlare di Grexit divenisse realtà verrebbe tutto spazzato via. E anche i numeri spacciati per positivi nelle altre comunicazioni non lo sono poi granché, a ben guardare. Ricorda oggi Carlo Di Foggia sul Fatto:

Numeri che descrivono un’economia ancora stagnante, tanto più che la produzione industriale è tornata a scendere in aprile dello 0,3% e che il Pil del primo trimestre è stato trainato dal boom dell’auto, delle scorte e degli investimenti fissi lordi (che non assicurano una ripresa stabile). Stando ai dati diffusi ieri dall’Istat, ad aumentare sono solo le posizioni “in somministrazione”, cioè gli ex interinali, i lavoratori forniti dalle agenzie di lavoro che fanno un balzo all’insù del 6,9% (e del 18,8% sin confronto al primo trimestre dello scorso anno). Per l’Istituto il dato va letto positivamente, visto chela somministrazione “è particolarmente sensibile all’andamento del ciclo economico, perché consente alle imprese di aggiustare con facilità e senza particolari costi il proprio input di lavoro in risposta all’andamento della domanda di beni e servizi”.
Tradotto: si tratta di lavoratori che hanno contratti con le agenzie, e non vengono assunti dalle imprese che ne fanno ricorso al momento del bisogno(da qui la “sensibilità” al ciclo economico), così risparmiano sui costi e se ne possono liberare facilmente.IL DATO peggiore per le prospettive di una ripresa delle attività, però, riguarda l’indicatore per eccellenza dei livelli di produzione, il “monte ore lavorate”: nell’industria e nei servizi complessivamente cala dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Nel confronto con il 2014 – spiega l’Istituto di statistica – il livello “rimane invariato”. A frenare gli slanci di ottimismo sono arrivati poi gli ultimi dati sul commercio estero, con le esportazioni che ad aprile diminuiscono dello 0,8% rispetto a marzo.

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