Oasi Sarparea: tutta la storia del resort nel Salento

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-09-12

Raccontata come un esempio della burocrazia che blocca l’impresa in Italia, ha invece qualche sfaccettatura in più da notare. Se non altro perché le motivazioni per l’opposizione vengono da ragioni di tutela ambientale. E non dal ritardo degli uffici cattivi

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Qualche giorno fa, in seguito alla pubblicazione di una lettera inviata a deputati e senatori della Commissione Agricoltura, è tornata in prima pagina la storia dell’Oasi Sarparea e dei due magnati inglesi che non costruiranno un resort nel Salento a causa della «troppa burocrazia». La storia è presa come esempio delle difficoltà di fare business in Italia. Dovrebbe anche comparire come caso di studio in una ricerca su quanto è importante raccontare tutta la verità sulle storie. Alison Deighton, moglie del segretario britannico al Tesoro e il petroliere Ian Taylor hanno acquistato nel 2008 per 5,8 milioni di euro 30 ettari di terreno per costruire un resort – l’Oasi Sarparea – a Nardò, in provincia di Lecce. Un investimento da 70 milioni con un progetto architettonico che, secondo il progetto, avrebbe dovuto consentire all’insediamento «di compenetrarsi perfettamente nell’uliveto che lo circonda».
 
OASI SARPAREA: LA VERA STORIA DEL RESORT NEL SALENTO

Ad esempio, in questa ne manca molta. La storia si può riassumere in parte con le parole dell’Huffington Post:

“Si aspettano un percorso in discesa per chi ha scelto di investire tanti quattrini scommettendo sul turismo e l’agricoltura di qualità nel Sud Europa, ma si scontrano subito con ritardi, rinvii, richieste di integrazione di documentazione, di pareri non necessari”, si sfoga il commercialista leccese Marcello Paglialunga, rappresentante dei due inglesi, in una lunga lettera inviata oggi ai deputati e senatori delle commissioni Agricoltura. In sei anni, scrive il professionista con rabbia, “il tempo di dialogo e confronto con gli amministratori locali non sarà stato superiore alle due ore”, nel frattempo enti e uffici hanno chiesto “decine e decine di pareri” spesso in contraddizione con loro e i comitati ambientalisti si dividono sull’impatto ecologico del villaggio.

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Fino all’esito paradossale: “La Regione Puglia ha dato il via libera alla Valutazione Ambientale Strategica ma ha bocciato il progetto dal punto di vista paesaggistico con una motivazione incredibile e cioè che l’uliveto non poteva essere espiantato: ma l’uliveto è il cuore del resort!”, afferma Paglialunga. Deighton e Tayler allora fanno ricorso al Tar, vincono, ma i funzionari regionali decidono di ricorrere al Consiglio di Stato.


LA STORIA DEL RICORSO PER L’OASI SARPAREA
Sul sito internet del comune di Nardò è impossibile scaricare VAS e altri documenti, ma intanto è utile sottolineare che tra poco il Consiglio di Stato dovrà decidere sul ricorso presentato dalle istituzioni nei confronti della decisione del Tribunale amministrativo regionale che ha sentenziato a novembre annullando la delibera della Giunta Regionale n.3001 del 27.12.2012 con la quale si esprimeva parere negativo al piano di lottizzazione del Comparto 65 in Nardò. Con queste motivazioni:

Il progettato intervento non comporta l’espianto delle esistenti piante di ulivo, inserendosi piuttosto all’interno di esse (cfr. il rendering del complesso a realizzarsi). Inoltre, le varie unità insediative sono state progettate per “scomparire” tra le varie piante di ulivo, essendo dislocate a macchia di leopardo all’interno della superficie olivetata.
Per tali ragioni, il progetto in esame da un lato non incide in maniera particolarmente significativa sull’intorno esistente, e sotto altro profilo non comporta stravolgimento delle esistenti visuali panoramiche, essendo pertanto compatibile sia con gli indirizzi di tutela (art. 2.02 punto 1.4), e sia con le direttive di tutela (art. 3.05 punto 2.4) del PUTT/p.
Già soltanto per tali considerazioni, pertanto, l’impugnato provvedimento contrasta con le obiettive emergenze fattuali, e deve pertanto ritenersi illegittimo, essendo emesso sul falso presupposto del suo contrasto con gli indirizzi e direttive di tutela prescritti dal PUTT. Indirizzi e direttive che, per le considerazioni sopra espresse, risultano invece rispettati.
2.5. Ciò detto quanto alle previsioni di piano, rileva altresì il Collegio che la presunta modifica che il progetto determinerebbe a: “… l’andamento orografico del terreno, … l’assetto idrogeomorfologico d’insieme”, non è assistita da idoneo supporto documentale. Invero, per quel che attiene alla geomorfologia del territorio, vi è in atti parere favorevole emesso in data 30.4.2010 dal Servizio LL.PP. della Regione, ovvero un organo consultivo dello stesso ente autore dell’impugnato provvedimento. Sicché deve ritenersi del tutto contraddittorio che l’amministrazione regionale abbia disatteso un parere emesso da un proprio organo interno, senza in alcun modo motivare il contrasto con le obiettive risultanze istruttorie. Sicché anche sotto questo profilo l’impugnato provvedimento tradisce la sua illegittimità, per contraddittorietà tra l’espletata istruttoria e la sintesi offerta dal provvedimento finale.
2.6. Ciò detto quanto all’aspetto geomorfologico, va infine rilevato che la Regione fa riferimento ad un presunto contrasto idrologico, che non emerge in alcun modo nelle tavole documentali in atti. Infatti, manca un parere degli organi (l’Autorità di Bacino; il Servizio Agricoltura e Foreste della Regione) preposti alla valutazione dell’impatto idrologico, sicché in difetto di tale specifica istruttoria, deve ritenersi del tutto arbitrario, e frutto di irrazionalità intrinseca, ritenere che il suddetto intervento alteri “l’assetto idro(geomorfo)logico d’insieme”.
Anche sotto tale profilo, pertanto, l’impugnato provvedimento sconta un evidente deficit istruttorio e motivazionale, avendo l’amministrazione affermato il presunto contrasto con l’assetto idrogeologico dell’area, in assenza di adeguata istruttoria sul punto.

Su questa decisione è stato presentato ricorso. Le motivazioni sono rintracciabili anche nell’interrogazione parlamentare che la deputata di SEL Annalisa Pannarale ha presentato ai Ministri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e al Ministro per i beni e delle attività culturali e del Turismo, sostenendo che “basterebbe una semplice sovrapposizione degli elaborati progettuali con un aerofotogrammetria per verificare che le villette non possano essere comprese tra un albero di ulivo e l’altro” come invece dichiara di voler fare la società costruttrice nell’intento presunto di salvaguardare gli alberi. La Fondazione Terra d’Otranto, molto critica con il progetto, ha pubblicato sul suo sito le fotografie degli edifici:


Spiegano sul sito della fondazione:

La chiave del progetto attualmente al vaglio delle autorità è quella di mantenere l’uliveto e costruirci negli spazi vuoti tra un ulivo e l’altro; idea che si rileva al quanto ambiziosa e al contempo irrealizzabile senza compromettere pesantemente la natura del luogo e la tutela degli ulivi centenari. Grazie agli elaborati finora prodotti dalla Gensler, quali dei render (immagini di grafica computerizzata) che falsano la reale portata dell’intervento, il progetto è stato accolto positivamente dalla passata amministrazione comunale di Nardò, che con deliberazione del Consiglio comunale n. 106 del 21 dicembre 2009 ha adottato il piano di lottizzazione.

Su quanto sia impattante il progetto si gioca quindi tutta la decisione che dovrà prendere il Consiglio di Stato. In ogni caso ci sono degli interessi contrapposti in gioco (come la tutela dell’ambiente) che saranno valutate da un giudice. A prescindere da chi avrà ragione, non sembra proprio una battaglia contro la burocrazia cattiva e quei lentoni che dormono negli uffici. Sembra più che altro un modo, da parte della società che vuole costruire, di influenzare l’opinione pubblica in attesa della sentenza.

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