MILF a giudizio?

di Daniele Minotti

Pubblicato il 2015-02-19

Il termine MILF entra nelle aule giudiziarie, definitivamente sdoganato e oramai parte della nostra lingua, del nostro costume. L’occasione si è presentata al Tribunale di Ivrea in una causa di lavoro, riguardante, precisamente, l’eventuale illegittimità di un licenziamento. E, come sempre più spesso accade, tutto nasce su Facebook. O, meglio, da chi non si rende …

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Il termine MILF entra nelle aule giudiziarie, definitivamente sdoganato e oramai parte della nostra lingua, del nostro costume.
L’occasione si è presentata al Tribunale di Ivrea in una causa di lavoro, riguardante, precisamente, l’eventuale illegittimità di un licenziamento.
E, come sempre più spesso accade, tutto nasce su Facebook. O, meglio, da chi non si rende conto che ciò che scrive sui social è ben visibile, a molte persone.
In questo caso, un uomo, indispettito da alcune vicende aziendali, ha visto bene di definire “MILF” alcune sue colleghe.
L’azienda non ha gradito e lo ha licenziato.
In un contesto ben più inequivoco, di termini ben più espliciti e noti, il Tribunale, però, ha ritenuto di doversi intrattenere sul termine “MILF”, per valutarne la potezionalità offensiva.
Tutto scritto nel provvedimento, con tanto di citazione di Wikipedia.
Col termine “MILF” dovrebbe intendersi non soltanto una mammina (diciamo sui 40?) ancora piacente, ma anche una pornodiva sul viale del tramonto. Dunque, una doppia offesa: donna invecchiata e di facili costumi.
Eppure, proprio negli ultimi tempi, il “fenomeno” MILF era esploso anche sui maggiori quotidiani come un fatto di costume ampiamente diffuso e in accezioni certamente sessuali, ma generalmente positive.
Il fatto è che, come spesso succede, quando si arriva in tribunale le cose cambiano un po’ e il giudice diventa addirittura arbitro di lingua e costume contro il senso comune.
Con buona pace di coloro che già denunciavano le incursioni politiche della Magistratura.
Ah, dimenticavo: per chi cascasse dalle nuvole, c’è sempre Wikipedia.
 

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