Micaela Campana: tutti i «non ricordo» della deputata PD al processo su Mafia Capitale

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-18

I rapporti con Buzzi: fu lei a dargli l’iban per finanziare le cene elettorali. E il racconto di strani “favori” chiesti, come lo sgombero di un appartamento occupato da immigrati. Ma lei non sembra ricordare molto dei fatti e dei rapporti con il Ras delle Coop

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Micaela Campana, 39 anni di Cisternino, fa parte della Commissione Giustizia alla Camera e del Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen e di vigilanza sull’attività di Europol. Dal 2014 è anche responsabile nazionale del Pd per welfare e terzo settore. E ieri è entrata da testimone nell’aula bunker di Rebibbia e ne è uscita sotto il peso dei ripetuti avvertimenti del presidente del tribunale, Rosanna Ianniello, a «dire la verità». Troppe reticenze e dimenticanze smentite dai fatti: la posizione della 39enne delegata al Welfare per i Dem sarà rivalutata a fine processo, racconta oggi il Corriere.

Micaela Campana: tutti i «non ricordo» della deputata PD al processo su Mafia Capitale

Micaela Campana era chiamata a spiegare i rapporti con Salvatore Buzzi (che lei chiamava via sms “Grande Capo“) e le circostanze del pagamento effettuato dal ras delle Cooperative per la cena di finanziamento del Partito Democratico che risale al 7 novembre 2013 e nella quale era presente anche Renzi. Nei verbali di Mafia Capitale, oltre ai riscontri bancari dei versamenti gli inquirenti riportavano il messaggio inviato a Buzzi il pomeriggio prima della cena dall’onorevole Micaela Campana con gli estremi per il pagamento al Partito democratico: “c/c intestato a Partito democratico presso: Banca Intesa San Paolo Spa Iban IT 47T0306903390680300093335 Causale: Erogazione liberale”. Messaggio che poi Buzzi girò al commercialista Paolo Di Ninno. Una volta ricevuto il messaggio del buon esito dell’operazione il patron delle coop dava “conferma del bonifico appena effettuato” alla stessa Campana. Quando nel dicembre 2014 dalle carte dell’inchiesta Mafia Capitale emerse che Buzzi aveva versato 10 mila euro al Pd, i tesoriere del partito Francesco Bonifazi si era impegnato a rendere trasparenti i versamenti ricevuti alle due cene di raccolta fondi organizzate a Milano e Roma. Poi si era tirato indietro invocando la legge sulla privacy. In un’intervista al Corriere della Sera la Campana aveva spiegato il motivo del nomignolo “grande capo” attribuito a Buzzi e la storia di un’interrogazione non più presentata:

Partiamo dal «grande capo».
«Chiamo un sacco di gente così da quando ero ragazzina. Ci sono decine di persone che possono testimoniarlo».
Buzzi le chiede di presentare un’interrogazione parlamentare sulla base di un articolo del Tempo. Un suo collaboratore gli risponde che lei l’ha fatto ma che è stata rigettata. Qual è la verità?
«Non ho mai presentato quell’interrogazione e ho chiesto agli uffici della Camera di metterlo nero su bianco. La prova? Qualora l’avessi fatto non sarebbe stata rigettata, visto che altri (Ruocco e Fantinati,del M5S, ndr) l’hanno presentata negli stessi tempi e sulla base del medesimo articolo di giornale. Quell’interrogazione che Buzzi chiedeva non mi convinceva anche perché il Tar si era già espresso contro l’appalto in questione e non mi sembrava corretto intervenire nei confronti della giustizia amministrativa».

micaela campana buzzi grande capo 1

La deputata e Salvatore Buzzi

Il Corriere della Sera racconta la sua testimonianza, segnalando anche i molti momenti di difficoltà della deputata nel racconto della storia: la Campana spiega che chiedeva soldi per la campagna elettorale di Daniele Ozzimo, già assessore della giunta Marino e nel frattempo condannato in rito abbreviato a due anni e due mesi per corruzione, perché «Daniele era mio marito e io all’epoca non avevo incarichi pubblici». I contatti dimostrano però la sua insistenza, tanto che Buzzi si era sfogato con Simone Barbieri, collaboratore della stessa Campana, dedicando anche a lei la metafora della «mucca che per essere munta deve mangiare». Poi ci sono i traslochi:

Un’altra serie di messaggi e brevi telefonate resa pubbliche ieri per la prima volta, documenta le continue richieste di favori. Il 20 dicembre 2013 «Campana — annotano i carabinieri del Ros — chiama Buzzi e riferisce che a Colli Aniene devono sgomberare un appartamento da alcuni immigrati». Buzzi si mette a disposizione e viene contattato da Nicolò Corrado, cognato della politica pd e a sua volta consigliere nel IV Municipio. Il 22 gennaio 2014 Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi, riceve invece una richiesta per un trasloco dallo staff di Campana. Gammuto chiede a Buzzi di far presente che non sono attrezzati per questi lavori.
Buzzi dice a un altro suo collaboratore di non dare seguito alla richiesta di incontro di Campana e Mario Ciarla, già vicepresidente del consiglio Regionale (pd) «perché non vogliono pagare». Il 18 ottobre 2013, infine, i carabinieri annotano che Buzzi chiama un uomo e gli dice che non potrà andare all’appuntamento con Campana ma che «lui può andare perché sicuramente (Campana, ndr) vorrà dargli qualche nominativo da assumere». Quando in aula le viene contestato tutto questo, Campana si trincera dietro altri «non ricordo» e quando le leggono i testi degli sms cerca di giustificarsi: «Quei favori non erano per me».

Infine la storia della gara per il Cara di Castelnuovo di Porto, che la Eriches di Buzzi si è aggiudicata ma che la prefettura non fa partire per i ricorsi della Axilium che ha partecipato. Buzzi contatta la Campana per chiederle un intervento sul viceministro Filippo Bubbico. Anche qui la Campana non ricorda.

Leggi sull’argomento: Tutti i soldi di Buzzi al PD e a Marino

 

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