Massimo D'Alema, Virginia Raggi e «il degrado del giornalismo italiano»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-06-16

Repubblica conferma le parole dell’ex premier a proposito del voto alla grillina e rivela che lui avrebbe telefonato a Montanari per spingerlo ad accettare un posto nella giunta a 5 Stelle. Il Lìider Maximo accusa: «Pura spazzatura da parte di un giornale che perde lettori, così come noi del Pd stiamo perdendo elettori»

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Massimo D’Alema è stato talmente rottamato che è l’argomento del giorno. Dopo l’articolo di Repubblica sul voto per Virginia Raggi, smentito dal Lìder Maximo, oggi il quotidiano di Calabresi torna sulla questioni indicando le fonti della notizia (che nel primo articolo non c’erano), mentre La Stampa dà la parola direttamente a lui che rilascia dichiarazioni in pieno stile D’Alema: se la prende con il giornale “in calo di vendite” e dice che è tutto un complotto dietro il quale si staglia la figura del presidente del Consiglio, come ai bei tempi. Intanto si scopre che uno dei testimoni delle presunte battute di D’Alema è nientemeno che Gaetano Quagliariello, leader di Idea, mini-partito del centrodestra e – giova sempre ricordarlo – quello di «Eluana era viva e l’avete ammazzata voi!», il quale conferma che con l’ex premier ha scambiato alcune «amene battute» alla fine di una riunione tra esponenti delle fondazioni “Magna Carta” e “Italianieuropei” di cui D’Alema è presidente: «C’è stato un siparietto e non sono mancate iperboli e scherzose invettive. Nulla di più».

L’intrigo D’Alema

Cominciamo da Goffredo De Marchis: « Abbiamo ricostruito tre diverse riunioni in cui sono state pronunciate quelle parole, testimoniate da diverse fonti. Una a Bari, una con i socialisti dissidenti e una, lunedì scorso, alla fondazione Italianieuropei. Aggiungendo anche nuovi particolari che mettono in luce l’attivismo pro 5Stelle dell’ex segretario Ds», scrive Repubblica che poi parte dalla discussione sul referendum per ricordare la questione del Comitato per il NO: qui però non c’è nessun segreto da rivelare visto che D’Alema ha anche detto pubblicamente di essere contrario alle riforme di Renzi. Poi si arriva alla Raggi, rivelando che D’Alema avrebbe anche telefonato due volte a Tomaso Montanari per spingerlo ad accettare la proposta di un assessorato a Roma:

«È fondamentale la sconfitta di Renzi a Milano e Roma. Solo così si può ricostruire un campo del centrosinistra», è stato il ragionamento dell’esponente dem. Ma non solo, D’Alema, che nella sua nota di smentita afferma di «non aver avuto modo di occuparsi della campagna elettorale di Roma», ha invece ritirato fuori l’antica veste di king maker. Infatti ha telefonato ben due volte al critico d’arte Tomaso Montanari per cercare di convincerlo ad accettare l’offerta del Movimento 5Stelle: fare l’assessore alla cultura nella giunta Raggi. Il consiglio, nella sostanza, era quello di schierarsi con i grillini. Ma, alla fine Montanari, allievo di Salvatore Settis, ha declinato l’invito e si è tirato fuori dal totonomi per il Campidoglio.

MASSIMO D'ALEMA
Poi ci sono un convegno a Bari e un incontro a Roma tra la Fondazione Italianieuropei e la Magna Charta di Gaetano Quagliariello, che così conferma di essere una delle fonti delle affermazioni di D’Alema sulla Raggi:

Durante quell’appuntamento D’Alema ha più volte ripetuto che bisogna «far cadere Renzi a qualunque costo perché la riforma è un pasticcio, è un presidenzialismo mascherato e senza alcun contrappeso». Le stesse parole le ha usate anche lunedì scorso a Roma nel suo ufficio di Piazza Farnese, rincarando la dose e sottolineando «il dilettantismo con cui Renzi ha immaginato la regola del limite dei due mandati a Palazzo Chigi. Confonde premierato e sistema presidenziale». Che la macchina dalemiana si sia già messa in moto lo conferma anche un’intesa con gli esponenti di Area socialista, la componente del Psi che fa capo a Bobo Craxi, per preparare il comitato per il No. Lunedì sera infine, nella sede di Italianieuropei, si è tenuta la riunione del comitato scientifico di un convegno che verrà celebrato in autunno.
C’erano intellettuali, accademici oltre ai membri della Fondazione presieduta da D’Alema e dell’associazione Magna Carta del senatore Quagliariello. Una sigla di sinistra e una di destra, per organizzare l’evento. Il tema del seminario infatti è il bilancio di 20 anni del bipolarismo italiano. Quasi tutti i presenti hanno convenuto che il ciclo si è chiuso, che “quel” bipolarismo ha esaurito la sua spinta e diventerà questo l’indirizzo del convegno. Repubblica ha l’elenco completo dei partecipanti alla riunione e ha contattato tre di loro per verificare l’esattezza delle frasi pronunciate da D’Alema su Renzi, sul ballottaggio romano, sul referendum costituzionale. Tutte queste fonti hanno offerto una versione univoca delle dichiarazioni dell’ex premier.

La risposta del Lìder Maximo

Discussione chiusa? Ma manco per niente. Perché Federico Geremicca sulla Stampa riporta invece le parole di D’Alema: «Si tratta di una vera e propria montatura contro di me – comincia – frutto del fatto che stanno cercando un capro espiatorio perché temono, domenica, risultati molto deludenti rispetto alle attese. È una palese manovra da parte di quello che è in realtà un house organ del Partito del Nazareno». L’house organ del Partito del Nazareno sarebbe in effetti Repubblica, il che è piuttosto ingeneroso nei confronti del quotidiano di Calabresi: se avesse detto “del partito di Renzi” sarebbe stato più credibile. Ma l’invettiva non finisce qui. Anzi, adesso arriva la parte più interessante:

«L’episodio in questione è avvenuto al termine di un seminario sul ventennio della democrazia dell’alternanza, dunque alla fine dei lavori condotti tra noi e l’associazione Magna Carta. Quando il convegno è finito continua l’ex presidente del Consiglio – ci siamo soffermati per i saluti sul pianerottolo e Gaetano Quagliariello ha chiesto a Giovanni Orsina come avrebbe votato sul referendum costituzionale di ottobre. Orsina ha detto che avrebbe votato sì e Quagliariello, allora, ha ribattuto che lui – invece – avrebbe votato no». E lei, presidente D’Alema, cosa ha detto? Lei che non ha mai nascosto la sua contrarietà alla riforma voluta dal governo? «Ho affermato che in caso di vittoria del sì, Renzi ci avrebbe cacciato dal partito. Ma si trattava chiaramente di una battuta, non di una dichiarazione politica. In più, non ho mai parlato della Raggi. Per questo dico che è una montatura. Anzi, si tratta – come ho già spiegato – di pura spazzatura da parte di un giornale che perde lettori, così come noi del Pd stiamo perdendo elettori».

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E il computo delle mazzate non finisce qui. Prima D’Alema dice che la parola “Lucifero” non fa parte del suo vocabolario e lui avrebbe nel caso utilizzato la locuzione “Belzebù” (con ciò confermandosi un andreottiano di primo livello). E poi va all’attacco diretto, come piace a lui:

«La vicenda dimostra e conferma il livello di degrado del giornalismo italiano. De Marchis, l’autore dell’articolo su “Repubblica”, non mi ha mai chiamato: ha telefonato a Massimo Bray, che gli ha detto in maniera inequivocabile che le frasi attribuitemi non erano vere. Scriverle lo stesso – conclude D’Alema – è stata dunque una menzogna, che ha come mandanti chi mi vuole adoperare come capro espiatorio». A confermarlo è un altro aspetto della vicenda «mi hanno perfino accusato di essere andato in Puglia a tenere riunioni per tramare chissà che cosa, ma in realtà vi sono andato per tenere comizi del Pd». E dunque, ripete: «Potete scrivere che si tratta solo di una montatura da parte di chi, temendo il peggio ai ballottaggi di domenica sta cercando per tempo una persona da incolpare».

Il riferimento a Massimo Bray è interessante, visto che probabilmente è uno dei tre a cui si riferisce De Marchis. Per il resto, Massimo D’Alema torna a ipotizzare per l’ennesima volta il complotto contro di lui. Un modo come un altro per sentirsi ancora importante.
EDIT: La replica odierna di Massimo D’Alema:
“Continuo a leggere su ‘Repubblica’ falsità, forzature e valutazioni o prese di posizione pubbliche riportate come se si trattasse di trame e complotti”. E` quanto si legge in una dichiarazione di Massimo D`Alema. “La volontà, per esempio, di impegnarmi nella campagna referendaria – sottolinea – è stata annunciata più volte, l’ultima una ventina di giorni fa in una manifestazione pubblica a Brindisi, di cui gira anche un video. Ho ritenuto, tuttavia, di evitare pronunciamenti proprio per non provocare polemiche e strumentalizzazioni in vista delle amministrative, invitando a concentrarsi sui ballottaggi di domenica prossima”. “Non ho tenuto – sottolinea D`Alema – alcuna riunione con la dissidenza socialista, di cui ignoro l`esistenza. E` passato a trovarmi Bobo Craxi, che è un vecchio amico. Non ho tenuto alcuna riunione di ‘fedelissimi’ né in Puglia né, in particolare, a Bari. In Puglia sono andato invitato a fare la campagna elettorale del Pd, come può essere testimoniato da tanti cittadini ed esponenti del partito”. “Non ho esercitato alcuna pressione su Tommaso Montanari di cui sono amico ed estimatore. Ho parlato con lui – racconta D`Alema – che mi ha chiesto un consiglio e ho ritenuto di dirgli che un suo impegno per Roma sarebbe certamente positivo per la città. Opinione che confermo. Per quanto riguarda la famosa riunione di lunedì scorso nella sede della Fondazione Italianieuropei – spiega D`Alema – come è stato chiarito anche da altri, in particolare dal presidente Gaetano Quagliariello, c`è stato, alla fine, mentre uscivamo sul pianerottolo, uno scambio di battute che non si possono considerare né dichiarazioni di voto né annunci di programmi politici. D’altro canto qualsiasi persona di buon senso capisce che, se si vuole sostenere un candidato sindaco, lo si fa con dichiarazioni e iniziative pubbliche, non con battute sul pianerottolo”. “In questi giorni, invece – ribadisce D`Alema – ho deciso di astenermi da qualsiasi considerazione critica proprio per evitare polemiche che potessero danneggiare il Pd nella delicata fase delle amministrative. Un atteggiamento responsabile. E` stato il falso scoop di ‘Repubblica’ a lanciare, a poche ore dal voto, un appello a votare contro Renzi, che non ho mai pronunciato. Così che, per paradosso – conclude D`Alema – una plateale scorrettezza giornalistica, fatta forse per compiacere i capi del mio partito, è diventata un danno per il Pd, a conferma del fatto che scorrettezza e stupidità spesso vanno di pari passo”.

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