Maria Giulia Sergio alias Fatima: chi è l'italiana andata a combattere in Siria

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-11

Viveva ad Inzago, ad est di Milano. Ha sposato un albanese e nei mesi scorsi è partita per Instanbul. Già nei mesi scorsi la procura aveva aperto un’indagine

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C’è anche una giovane donna italiana, nata in Campania e che ha vissuto nell’hinterland milanese, tra i foreign fighters partiti per andare a combattere a fianco dei gruppi fondamentalisti islamici tra cui l’Isis, tra l’Iraq e la Siria. La donna di 27 anni, Maria Giulia Sergio, dopo un percorso di radicalizzazione ha cambiato il suo nome in Fatima, è nata a Torre del Greco (Napoli), ma si è poi trasferita assieme alla famiglia ad Inzago, in provincia di Milano. Si è convertita all’Islam, ha sposato un marocchino e ha iniziato ad indossare il niqab, ossia il velo integrale, e ha assunto posizioni sempre più radicali. Tanto che, nei mesi scorsi, la donna sarebbe partita da Roma con un aereo diretto verso Istanbul per poi attraversare il confine turco e raggiungere la Siria per combattere a fianco degli integralisti del cosiddetto Stato Islamico. Il Giornale pubblica questa foto che, secondo il quotidiano, è stata presa dal suo profilo Facebook:

maria giulia sergio fatima
La foto di Maria Giulia Sergio alias Fatima sul Giornale di oggi, 11 gennaio 2015

 
Giova ricordare che questa ragazza, segnalata come un pericolo per l’Italia dai giornali di destra, è italiana e nata in Italia. Il che fa comprendere che eventuali chiusure delle frontiere non ci metterebbero al riparo da rischi. Sul suo profilo Facebook la ragazza dichiara di aver studiato Farmacia a Palermo e poi di aver frequentato la Statale di Milano. Condivide anche una pagina segnalata in questi giorni dalla polizia italiana come sospetta: La scienza del Corano. In un post spiega un principio del Corano sul fedele eccellente:

Capitolo su quando l’Islam di un uomo diviene eccellente
Hadith Sahih Bukhari
34(41) Si tramanda che Abu Sa’id Al Khudriyy senti’ l’Inviato di Allah,sallAllah ‘alayhi wa sallam, che diceva:
“Quando il servo si sottomette ad Allah(aslama) e il suo Islam diviene eccellente, Allah gli perdona tutte le cattive azioni precedenti. Dopo di che vige questo “contrappasso”(qisas):per ogni buona azione si riceve in compenso da dieci a settecento volte quanto si è compiuto, mentre per ogni cattiva azione si ha in cambio tutto quanto si ha commesso, sempre che Allah non ci passi sopra.”
Commento
34(41)
“Quando il servo si sottomette ad Allah e il suo Islam diviene eccellente(hasuna islamu-hu)”: il divenire eccellente dell’Islam e cioè della sottomissione ad Allah,consiste nella realizzazione sia degli aspetti esteriori sia di quelli interiori della Tradizione.Molti commentatori sottolineano la relazione tra il verbo hasuna e il termine ihsan, ‘perfezione’; tale relazione risalta con maggiore evidenza nel hadith che segue.
“vige questo contrappasso”: il termine qisas, indica solitamente il taglione.Qui si richiama l’attenzione su un ‘occhio per occhio’ estremamente favorevole al credente il cui Islam è ‘divenuto eccellente’; di lui si potrebbe dire che in virtù della trasformazione dovuta all’ihsan si rifugia permanentemente nella contemplazione e nell’azione conforme alla volontà divina, sfuggendo cosi alle conseguenze ‘implacabili’ degli atti umani compiuti secondo una prospettiva profana*. Da questo punto di vista (propriamente esoterico, ma non in contraddizione con le interpretazioni teologiche), il fatto che “per ogni buona azione si riceve in compenso da dieci a settecento volte quanto si è compiuto” si può interpretare nel senso di un ‘riverbare’ e di un ripercuotersi della conseguenza beatifica del rito e questo per un numero limitato di volte( le ‘dieci volte’), o viceversa con un’ampiezza e una frequenza indefinite(le ‘settecento volte’), a seconda dei diversi gradi di perfezione( e della minore o maggiore purezza dell’intenzione); e d’altra parte se “mentre per ogni cattiva azione si ha in cambio tutto quanto si ha commesso” è per il fatto che l’essere contigente è giocoforza costretto a sottostare a determinate condizioni limitative, “sempre che Allah non ci passi sopra del tutto”, nell’esprimersi della misericordia che ‘abbraccia ogni cosa’ o anche (quando si tratti di azioni ‘cattive’ solo dal punto di vista di una qualche individualità e non da quello dell’ordine divino) nella Realizzazione della ‘servitù assoluta’ (‘ubudiyya), quando secondo le parole divine riportate in un noto hadith qudsiyy il servo divine ‘la mano con cui Allah afferra, il piede con cui cammina, l’occhio con cui guarda’. Nel caso di chi nega(al kafir) invece,se il suo negare è vera idolatria non abbiamo un ‘ contrappasso’ egualmente benevolo e sebbene “quando agisce secondo il bene vi sia un alleggerimento della sua punizione” nell’Akhira, come ricorda Al-‘Ayni, pure questo non gli vale sostanzialmente, in una situazione che è esattemnte il contrario rispetto a quella del credente il cui ‘Islam’ arriva a perfezione. Infatti, dice Al-‘Asqalani riportando un detto di Al-Maziriyy, “il negatore propriamente non fa mai beneficenza(taqarrub), per cui non riceve il premio dell’azione buona che compie nello stato di idolatria.Questo perchè tra le condizioni di ‘beneficenza’compiuta secondo la Tradizione divina v’è il fatto di conoscere Colui al quale ci si vuole avvicinare con l’atto benefico e il kafir rinnega tale conoscenza.”
Si deve notare infine la precisazione del Profeta,sallAllah ‘alayhi wa sallam, riguardante il fatto che il premio di cui si parla è riservato al servo che non solo ‘si sottomette ad Allah'(divenendo muslim) ma porta inoltre ad ecxcellenza e perfezione il proprio Islam: si tratta di una chiara indicazione riguardante la gerarchizzazione tra comuni credenti ed èlite inizatica e di una preziosa indicazione e cercare l’ottenimento degli obbiettivi più elevati dell ‘Islam, senza rimanere chiusi nell’ambito esteriore e ‘profano’.
*Il concetto viene espresso chiaramente dalle parole coraniche(significato)<>(LXXIV, 38-39)

E mentre l’ispettore Sallusti indaga e Fausto Biloslavo nel suo articolo per il quotidiano la definisce «nata da una famiglia normale e non musulmana», già nei mesi scorsi, era emerso che alcune persone, indagate in un’inchiesta della Procura di Milano ancora aperta, sarebbero partite nel 2012 dall’hinterland milanese per andare a combattere in Siria. In questo caso, perà, si trattava di un gruppo di siriani, residenti da anni tra Cologno Monzese e Milano. Tra loro, Haisam Sakhanh, il presunto capo del gruppo che avrebbe reclutato combattenti da inviare nelle zone di guerra, e in particolare in Siria, in un’ottica di guerra santa.

alfano islamici italia
L’informativa di Alfano (10 gennaio 2015, Il Messaggero)

MARIA GIULIA SERGIO ALIAS FATIMA: CHI È L’ITALIANA ANDATA A COMBATTERE IN SIRIA
Repubblica ha parlato con la famiglia della donna:

Nell’appartamento di Inzago, paesedi 11mila abitanti a est di Milano, la madredi Fatima – così si fa chiamare la giovane da quando si è convertita all’Islam – riceve gli ospiti con in capo il niquab. «Mia figlia, come me, ama il Corano – dice la madre Assunta – Ora non so dove si trovi, ma l’ho sentita, sta bene. In famiglia crediamo tutti in Allah, viviamo per Allah». Fatima, come sua sorella maggiore Marianna, ha sposato un musulmano. E come lei si è convertita all’Islam, assumendo posizion isempre più radicali. Per ultimi, hanno deciso di «seguire il Profeta con sottomissione» i genitori, lui pensionato da tempo e lei casalinga. «Siamo orgogliosi di lei», ripetono. La ragazza nei mesi scorsi sarebbe partita da Roma in aereo verso Istanbul, per poi attraversare il confine turco e raggiungere la Siria per combattere a fianco del cosiddetto Stato Islamico.

Qualcuno a Inzago racconta di averla vista in tv, prima della partenza, a difendere le ragioni dell’Islam contro Daniela Santanché in un programma del pomeriggio:

«Era preparata sul Corano, ha fatto una grande figura», si racconta in piazza. Un episodio che chi è vicino alla famiglia non conferma. Ora che a Inzago si è saputo che Fatima sarebbe partita per la Jihad, l’aspetto della madre e della sorella, sposata con un egiziano, comincia a fare paura. «Non avrei mai pensato che Fatima potesse essere una guerriera – racconta una vicina – il giorno del matrimonio era velata di bianco, mi ha donato confetti. Era felice». Quel primo matrimonio, con un marocchino, è finito. Sembra che lui fosse «troppo liberale». Poi Fatima si sarebbe avvicinata a un ragazzo albanese, che avrebbe sposato. Un percorso personale che non ha intaccato la sua convinzione religiosa. Il padre della ragazza, un tempo mite, con la conversione sembra si sia trasformato. «Porta una lunga barba, gira in bici, ha sviluppato modi sicuri e sembra avere molta influenza su tutta la famiglia», dice chi lo conosce.

La foto pubblicata dal Giornale è un dettaglio di questa, pubblicata sul profilo di Fatima Az Zahra su Facebook:
fatima az zahra
C’è poi l’indagine sul Nord-Est. Gli investigatori si sono concentrati su San Fior, Orsago, Conegliano e Vittorio Veneto: il lembo di provincia di Treviso che sta al confine con quella di Belluno e Pordenone, ovvero sulle quattro cittadine venete in cui si trova la trentina di «sospetti» che il Ros e la Digos tengono sotto stretto controllo, perché uomini considerati troppo vicini al fondamentalismo islamico. L’indagine è partita dalla vicenda di Ismar Mesinovic, di nazionalità bosniaca ma con ultima residenza dichiarata nel bellunese che è morto in Siria nel gennaio 2014. Il reato ipotizzato è il 270bis, l’articolo del codice penale che punisce le associazioni eversive. Sarebbero almeno cinque le persone iscritte nel registro degli indagati e finite nel mirino del Reparto operativo speciale (Ros) di Padova. Si tratta di stranieri, quasi tutti residenti in Veneto. Non terroristi, ma loro fiancheggiatori. Si parla anche di una donna tra gli indagati.

ISIS E LE CELLULE ITALIANE: LE INDAGINI

Nell’elenco degli stranieri passati per il nostro Paese e poi andati a combattere ci sono maghrebini, balcanici, qualche asiatico. Oltre al genovese Giuliano Delnevo, morto nella zona di Aleppo in Siria, altri due italiani hanno sposato la causa islamica. Uno di questi, secondo i sospetti, è Anas el Abboubi.

Nato in Marocco nel 1992, arriva a 7 anni in Italia, nel bresciano. Ha uno spiccato accento del Nord e fa il rapper. Ma in realtà, più che alla musica, si dedica all’attivismo. Vuole formare Sharia4Italy e partire per la Siria per arruolarsi nelle file di al Qaeda. A luglio del 2013 entra in contatto con un network di albanesi che lo porta probabilmente ad Aleppo. (Il Messaggero, 30 settembre 2014)

isis italia anas el abboubi
Nel giugno 2013 Anas El Abboubi, che frequentava regolarmente le scuole a Brescia, era stato arrestato perché sospettato di azioni terroristiche. Gli inquirenti trovarono sul suo computer video in arabo che spiegavano come usare le armi e costruire le bombe sporche. Secondo l’accusa Anas aveva anche individuato una serie di obiettii da colpire, ma il tribunale del Riesame dopo 16 giorni aveva deciso per la scarcerazione visto che gli indizi non sembravano sufficienti. Dopo essere tornato a casa Anas El Abboubi è sparito, e il padre dice che è andato a combattere in Siria. Il terzo sospettato è Haisam Sakhan, 41 anni, di professione elettricista e amico di alcuni inquisiti per terrorismo. Anche lui ha lasciato il Nord per rifugiarsi ad Aleppo. Poi, come per gli altri, si sono perse le sue tracce.
 

Leggi sull’argomento: Maria Giulia Sergio: il viso di Fatima

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