Lukasz Urban: chi era il camionista del tir della strage al mercato di Natale di Berlino

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-12-21

Il camionista trovato morto sul sedile del passeggero dell’automezzo è stato probabilmente ucciso da chi ha poi perpetrato la strage. La ricostruzione della sua ultima giornata di lavoro

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Era un “bravo ragazzo”: il titolare della ditta di trasporti polacca proprietaria del tir della strage di Berlino descrive così il 37enne Lukasz Urban, il camionista trovato morto sul sedile del passeggero dell’automezzo, che era anche suo cugino. Intervistato dai media internazionali, riporta la Bbc online, Ariel Zurawski non ha dubbi: “Una persona non sarebbe riuscita a sopraffarlo”, ha detto, sottolineando che suo cugino era di corporatura robusta, un metro e 83 per 120 chili. L’autista polacco del tir “avrebbe lottato fino all’ultimo” con l’attentatore e sarebbe stato “ancora in vita, nella cabina, al momento in cui il mezzo ha investito la folla”. “Ci deve essere stata una lotta”, dice uno degli inquirenti al tabloid. Il terrorista “ha colpito più volte con un coltello” il 37enne polacco cui aveva rubato il tir, il quale “si sarebbe aggrappato al volante” cercando di deviare il veicolo. Quando il tir si è fermato, l’attentatore avrebbe ucciso l’autista con un colpo di pistola e sarebbe scappato.
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 Lukasz Urban: chi era il camionista del tir della strage di Berlino

Zurawski ha riconosciuto Urban attraverso una foto fornita dalla polizia. “Abbiamo visto le ferite – ha detto -. La sua faccia era insanguinata e gonfia”. E poi: “C’era una ferita da coltello. La polizia mi ha anche detto che c’era anche una ferita da arma da fuoco”, ha aggiunto spiegando che la famiglia di Urban è sotto shock. Il tir usato per la strage era partito da Torino carico di elementi di acciaio da scaricare a Berlino, ha detto all’Ansa Zurawski. La ditta, la Ariel, che ha sede a a Gryfino nella Polonia nordoccidentale (regione di Stettino), è attiva dal 2005 e attualmente opera nell’Unione europea, trasportando merci in particolare fra Italia e Germania, ma anche tra Danimarca e Svezia. Dispone di mezzi capaci di portare da 3,5 a 40 tonnellate di merci. Per quasi 4 ore, nel pomeriggio di ieri, lunedì, qualcuno a bordo del Tir che, poco più tardi, avrebbe compiuto una strage in un mercatino di Natale nel cuore di Berlino, accese e spense piu’ volte il veicolo come se stesse cercando di capire come farlo muovere. È quanto emerge dall’analisi delle tracce satellitari del movimenti del Tir. Un sito di notizie economiche polacco, Money.pl., ha reso noto che l’azienda proprietaria del camion ha cercato di raccogliere alcune informazioni sui movimenti del mezzo. “Era come se qualcuno lo accendesse e spegnesse cercando di farlo andare”, ha raccontato un dipendente. Un primo tentativo c’e’ stato alle 15:44, e poi nell’ora successiva non e’ successo piu’ nulla. Un ulteriore tentativo, alle 16:52 e a quel punto il motore e’ rimasto acceso fino alle 17:37, ma il veicolo non si e’ mosso. Ci furono probabilmente altri tentativi, poi il tir alle 19:34 ha cominciato a muoversi in direzione Berlino. Secondo il gestore della società, Lukasz Wasik, accendere il motore non era il tentativo di riscaldare la cabina di guida, perche’ gli autisti hanno altri sistemi per farlo. “E’ come se qualcuno cercasse di imparare a guidare il veicolo e avesse difficolta’ a farlo muovere”. Il Corriere della Sera ha ricostruito l’ultima giornata della vittima:

Lukasz è la prima vittima della strage di Berlino: senza saperlo, inizia il suo viaggio verso la morte venerdì mattina da Milano, dietro il negozio Decathlon di viale Fulvio Testi, periferia verso Cinisello Balsamo. Ha il rimorchio già pieno d’acciaio per la Thyssenkrupp. Carica macchinari nel cortile della Omm, una ditta di lavapavimenti. Firma i documenti, riparte. La solita routine. Poche ore dopo, nel pomeriggio, è già al Brennero: ci sono le telecamere che ne riprendono il passaggio. Lukasz viaggia spedito: «Voleva rientrare a Reznowo entro giovedì — racconta Ariel —, per comprare i regali di Natale a sua moglie e a sua figlia». Quando arriva a Berlino, lunedì mattina alle 7, un po’ si spazientisce: deve aspettare 24 ore, prima di scaricare i laminati e finalmente sgommare, destinazione Polonia.
È questa sosta, a perderlo. È qui che qualcuno lo vede. Lo punta. E decide che quel nero bisonte della strada con 40 tonnellate di carico, guidato da un omone un metro e 83 d’altezza, 120 chili di peso, è l’arma adatta al massacro. Alle due del pomeriggio, Lukasz posta l’ultima foto sorridente mentre mangia un kebab. Alle tre, chiama la moglie che però non può rispondere. Alle quattro è la moglie a chiamarlo, ma stavolta è lui a lasciar suonare: da un quarto d’ora, testimoniano le tracce del gps, il camion fa manovre strane. Va avanti e indietro, s’accende e si spegne: «Come se qualcuno stesse imparando a guidarlo». A quell’ora, probabile, il camionista ha perso la sua lotta. È già morto. E il camion è già pronto a infilare la Kantstrasse. Dieci chilometri. Un terrorista al volante. E una folla da schiacciare.

Leggi sull’argomento: L’attentato al mercato di Natale a Berlino

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