Un colpo di scena nella storia della morte di Luigino D'Angelo?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-12-13

Secondo fonti finanziarie l’uomo avrebbe acquistato le obbligazioni subordinate sul mercato secondario. Questo scagionerebbe la banca dall’accusa di aver spinto per far acquistare i prodotti. Il dipendente che ha parlato dell’acquisto sarebbe sotto indagine penale per altri fatti

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Un possibile colpo di scena nella storia di Luigino D’Angelo: secondo l’agenzia di stampa ANSA, che cita non meglio precisate fonti finanziarie (forse riconducibili allo stesso istituto) il pensionato avrebbe acquistato le obbligazioni subordinate che gli hanno fatto perdere 110mila euro sul mercato secondario e non da Banca Etruria. Il mercato secondario è quello che si sviluppa dopo il collocamento sul mercato primario di alcuni prodotti finanziari. La banca quindi avrebbe venduto il prodotto a una persona o a un’altra istituzione – nel 2006, secondo quanto dice l’agenzia – che poi l’avrebbe rivenduto al pensionato nel 2013. Se la storia fosse confermata, questo significherebbe che l’istituto di credito non è primariamente responsabile per l’accaduto. Ma c’è un però.

Un colpo di scena nella storia della morte di Luigino D’Angelo?

Repubblica ha infatti pubblicato sabato un’intervista a Marcello Benedetti, ex dipendente di Banca Etruria che ha detto di aver venduto lui le obbligazioni subordinate a D’Angelo. Le stesse fonti sul punto spiegano che allora potrebbe essere stato proprio l’impiegato a vendere le obbligazioni subordinate a Luigino D’Angelo. Sull’ex dipendente, riferisce sempre l’agenzia, pende un’indagine penale in fase di istruttoria su un altro tema e che sarebbe alla base del suo licenziamento. Circostanza questa che impedisce all’istituto di Arezzo di rilasciare commenti ufficiali in merito al procedimento giudiziario. La vendita nel mercato secondario nel caso di Luigino D’Angelo scagionerebbe la banca dalle accuse di aver venduto un prodotto di rischio a una persona ignara del fatto che poteva perdere tutto, come del resto è accaduto. Oppure la vendita potrebbe essere stata spinta dalla banca successivamente, ma questa ipotesi appare più improbabile della prima. Oggi il direttore della filiale di Civitavecchia aveva ammesso però che i clienti forse non erano stati informati dei rischi. Il bond in questione, si apprende sempre dall’ANSA, non era quotato su mercati regolamentati ma il regolamento del prospetto informativo prevede il riacquisto da parte della banca in ogni momento a condizioni di mercato e nei limiti di riacquisto stabiliti dalla vigilanza (massimo 10% di ogni singola emissione). Secondo tali fonti inoltre a seguito di disposizioni Ue recepite dalle autorità di vigilanza italiana nel 2014 i riacquisti erano stati vietati. Potrebbe quindi essere accaduto – si parla comunque in via teorica –  che la banca abbia riacquistato l’obbligazione e poi l’abbia rivenduta proprio a D’Angelo. In questo caso cambierebbe poco ai fini della storia e il racconto di Benedetti sarebbe confermato. In quanto al caso della signora 90enne in provincia di Arezzo, titolare di pensione sociale minima che, secondo la stampa, avrebbe perso i risparmi di una vita pari a 75mila euro in obbligazioni subordinate che la banca le aveva proposto (e poi sottoscritte effettivamente dal fratello), dalle stesse fonti si esprimono perplessità. La donna infatti sarebbe titolare presso la stessa banca di conti per diverse centinaia di migliaia di euro oltre a proprietaria di numerosi immobili.

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La prima pagina di Libero su Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia

Nel frattempo un comunicato congiunto di Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti fa sapere che i clienti retail, cioè privati, possessori di obbligazioni subordinate oggetto del Decreto 180 sono stimati essere circa 12.500 per un controvalore di circa 431 milioni di capitale.  “Questo dato – prosegue la nota congiunta delle Nuove Banche CariFe, CariChieti, Marche e Etruria – fornisce il perimetro delle situazioni personali più delicate, cui dare prioritaria attenzione. Il fondo di solidarietà è idoneo per capienza a coprire queste situazioni, che saranno valutate caso per caso”. “Per 8.020 clienti la concentrazione nel portafoglio in obbligazioni subordinate è inferiore al 30% dei loro investimenti”. “Oltre metà delle obbligazioni sono detenute da 2.450 clienti con patrimoni presso le Banche superiori a € 250.000. Per questi ultimi l’investimento medio nei bond subordinati è stato di € 65.000”. Luigino D’Angelo si è impiccato il 28 novembrescorso alla ringhiera della scala della sua villetta, poco prima delle 17. Ex dipendente dell’Enel, alle 16,20 aveva salvato sul suo computer una lettera scritta in Word in cui accusava con nomi, cognomi e date degli incontri che lo avevano portato ad acquistare le obbligazioni e che cominciava così: «Chiedo scusa a tutti per il mio gesto: non è per i soldi, ma per lo smacco subito». L’uomo, sposato e senza figli, viveva in una villetta a due piani nella periferia di Civitavecchia, zona Terme di Traiano. La notizia è stata data da Paolo Gianlorenzo sul sito Etrurianews.it, da cui è tratta l’immagine di copertina. In queste immagini di Civitavecchia TV si vedono invece gli amici del pensionato che raccontano l’accaduto.

La lettera è stata scoperta dalla polizia intervenuta subito dopo i fatti: i poliziotti hanno sequestrato e analizzato il computer di Luigino D’Angelo e hanno scoperto la lettera-denuncia, ma dopo aver avvertito la vedova hanno spiegato di non poter procedere d’ufficio. A questo punto la lettera è stata data dalla famiglia a un avvocato che seguirà il caso e gli interessi della famiglia. Oltre ai 110mila euro in obbligazioni la banca di Luigino D’Angelo custodiva anche un suo lingotto d’oro, che però l’istituto non aveva ancora restituito al proprietario nonostante le richieste. Lo scritto è stato acquisito dalla polizia. Gli investigatori si sarebbero già recati nella filiale — dopo che al vecchio nome della banca è stata aggiunta la parola «Nuova» — per interrogare il direttore e i funzionari. Sul caso la Procura ha aperto un fascicolo. Il 23 novembre il governo ha varato un decreto per salvare 4 banche in crisi: Banca Marche, Popolare dell’Etruria, Cassa di Ferrara e Cassa di Chieti. L’operazione gestita dalla Banca d’Italia ha trasferito i crediti difficili degli istituti (8 miliardi poi svalutati a 1,5 miliardi) a un’unica «bad bank» e ha costituito quattro nuove banche pulite. A pagare le perdite sono stati gli azionisti dei vecchi istituti e chi aveva investito in obbligazioni subordinate. E, come spesso capita in questo caso, si è immediatamente scatenata una polemica sull’acquisto dei prodotti finanziari in questione, avvenuto, secondo i risparmiatori, senza che le banche avessero spiegato ai clienti i rischi dell’acquisto.

La storia di Luigino D’Angelo

Correntista da oltre 50 anni presso la filiale di Civitavecchia della Banca Etruria, il pensionato si era rivolto a diversi persone, a partire dai responsabili della banca ma senza ottenere risultati. Della tragedia si sono interessate anche le associazioni dei Consumatori Adusbef e Federconsumatori, chiedendo al procuratore di Civitavecchia di aprire un’indagine “per istigazione al suicidio e per verificare se il decreto di Bankitalia adottato dal governo sulla risoluzione delle quattro banche sia compatibile con le norme penali e con la Costituzione che all’articolo 47 tutela il risparmio”. Il Fatto Quotidiano, in un articolo a firma di Loredana De Cesare, aveva fatto sapere che l’uomo era stato per tanto tempo un tesserato del Partito Democratico:

Il ritratto di questa famiglia serena s’infrange 24 ore dopo, quando il 68enne Luigino d’Angelo s’impicca nelle scale della sua villetta a due piani. Ormai ne è convinto: non rivedrà i 110mila euro investiti in Banca Etruria. Matura la decisione dopo il decreto salva banche firmato da Matteo Renzi. E proprio come il premier, si scopre oggi, si chiama uno dei pronipoti sparsi per l’Italia. Luigino, peraltro, era stato a lungo un tesserato Pd. Un uomo normale.
Una villetta a due piani, dove ha lasciato sua moglie Lidia, che oggi rimpiange persino di non averlo fermato quando la rabbia gli montava incorpo e pensava di tornare in banca per urlare le sue ragioni. Chissà, è il rimpianto di Lidia, se sfogarsi non l’avrebbe aiutato a liberarsi di quel mostro che cresceva dentro, che lo divorava sempre di più, fino a portarlo al gesto estremo del suicidio.

Fabrizio Roncone sul Corriere invece aveva sentito la moglie e aveva raccontato particolari della vita dell’uomo:

Il riassunto delle dichiarazioni di Lidia D’Angelo è questo: «Tutto è cominciato a giugno, quando la banca convocò mio marito, spiegandogli che il suo profilo non era più adeguato al suo investimento: non so come, lo convinsero a passare da un profilo a «basso rischio» ad un profilo ad «alto rischio». Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli. Lui, ad un certo punto, è stato assalito dal sospetto di essere stato incauto: ma quelli gli risposero che ormai aveva firmato e non poteva più tornare indietro. Abbiamo trascorso un’estate infernale. L’idea di ritrovarsi tutti i risparmi in una posizione di pericolo lo tormentava. Il decreto del governo è stata la mazzata finale. Luigino ha scoperto di aver perso tutto in un pomeriggio. È difficile dire se si sia tolto la vita o se, piuttosto, sia stato ucciso. I responsabili della sua morte sono in tanti. Non perdono chi ha scritto quel decreto, chi l’ha approvato, chi l’ha applicato. Qualcuno deve pagare».
Luigino D’Angelo è sempre stato un uomo di sinistra. «Per anni è stato iscritto alla Cgil», ricorda con passo struggente Alberto Leopardo, che fu suo segretario sindacale e che è padre di Enrico, il responsabile del Pd locale. «Le ragioni del suicidio di Luigino le conoscevamo tutti da giorni in città… Ma sono state rese note solo dopo due settimane. Curioso, no?». Il nipote preferito del signor Luigino si chiama Adriano Renzi (cognome qui a Civitavecchia assai diffuso: un po’ meno il nome che Adriano ha dato a suo figlio, Matteo).

Leggi sull’argomento: Tutti gli avvoltoi che speculano sulla morte di Luigino D’Angelo

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