Luigi Di Maio non ha capito una cosa delle province

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-01-06

Luigi Di Maio ha pubblicato un messaggio sulle province sulla sua pagina Facebook prendendo spunto da un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera che oggi ricordava il ritorno al voto degli enti la cui abolizione sembra come l’Araba Fenice. Nell’articolo del Corriere però si spiegava che il ritorno al voto dipendeva dal No …

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Luigi Di Maio ha pubblicato un messaggio sulle province sulla sua pagina Facebook prendendo spunto da un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera che oggi ricordava il ritorno al voto degli enti la cui abolizione sembra come l’Araba Fenice. Nell’articolo del Corriere però si spiegava che il ritorno al voto dipendeva dal No al referendum del 4 dicembre:

La Provincia è un ente locale territoriale dove l’area è, per estensione, inferiore a quella delle Regioni e superiore a quella dei Comuni. Dopo una serie di norme che hanno rivisto le funzioni delle Province, erano rimaste, tra le altre, quella su risparmio energetico, autoscuole e protezione civile. Con la riforma Delrio, ovvero la legge 56 del 7 aprile 2014, le Province sono state trasformate in enti amministrativi di secondo livello e 10 di loro sono diventate Città metropolitane.
Tra le funzioni rimaste figurano quelle su pianificazione dei servizi di trasporto, rete scolastica, costruzione delle strade provinciali. La definitiva cancellazione delle Province sarebbe stata certificata con la riforma costituzionale, bocciata però dal No al referendum del 4 dicembre

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Rizzo nel testo dell’articolo ricordava anche che “con la prospettiva di un’affermazione del Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre, avrebbero anche dovuto perdere l’identità costituzionale («La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni») che, invece, con la vittoria del No, continua ad essere scolpita nell’articolo 114 della Carta”. Di Maio però aggiunge un ragionamento e segnala che «Nella riforma costituzionale avrebbero cambiato il nome da provincia ad area vasta, ma nella sostanza nulla sarebbe cambiato, mentre in Sicilia gli hanno cambiato il nome in “liberi consorzi di comuni” un modo elegante per prenderci per il culo. Ma non contenti di questo sono riusciti perfino a peggiorarle derubando i cittadini della possibilità di scegliere i propri consiglieri provinciali che sono autoproclamati dai consiglieri comunali e dai sindaci di tutti i comuni della provincia».
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Il problema però è che dopo sostiene che il M5S non presenta alcuna candidatura alle elezioni provinciali e propone l’abolizione dell’ente con legge costituzionale. E qui Di Maio non sembra aver capito che una Città Metropolitana è un ente di Area Vasta (dice qualcosa il nome) che oggi amministra il territorio della provincia di Roma. Non dovrebbe sfuggire a Di Maio che qualche tempo fa si sono svolte le elezioni per la Città Metropolitana di Roma, l’ente di area vasta che attualmente ha le competenze della ex provincia di Roma (amministrando 4,3 milioni di abitanti).
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E non dovrebbe sfuggire a Di Maio che si sono candidati e sono stati eletti non uno, non due ma ben nove consiglieri del MoVimento 5 Stelle, che sono: Giorgio Fregosi, i capitolini Marcello De Vito, Paolo Ferrara, Giuliano Pacetti, Teresa Maria Zotta, Maria Agnese Catini, Gemma Guerrini, insieme al sindaco di Pomezia, Fabio Fucci, quello di Marino, Carlo Colizza e quello di Nettuno, Angelo Casto.
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Il sindaco metropolitano, sempre per ricordarlo a Di Maio, è attualmente Virginia Raggi. I consiglieri del M5S sono stati eletti proprio con quel sistema elettorale che, come diceva Di Maio, «deruba i cittadini della possibilità di scegliere i propri consiglieri provinciali che sono autoproclamati dai consiglieri comunali e dai sindaci di tutti i comuni della provincia». Che tutto questo sia accaduto all’insaputa di Di Maio? Di certo il vicepresidente della Camera non ha capito qualcosa delle province: che attualmente negli enti che ne sono eredi siedono anche eletti M5S.

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