L'EFSA e l'allarme sui contaminanti derivati dall'olio di palma

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-05-05

Il processo di raffinazione dell’olio di palma e di altri oli vegetali produce dei contaminanti alimentari che sono potenzialmente cancerogeni, lo rivela uno studio dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea. Ma sull’argomento sono necessari nuovi studi approfonditi

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L’EFSA – l’Autorità per la sicurezza alimentare europea – ha pubblicato un’estensiva analisi sui pericoli derivanti dall’assunzione di prodotti che contengono olio di palma e altri grassi di origine vegetale. La brutta notizia è che non solo la produzione di olio di palma rappresenta un problema per l’ambiente ma anche l’eccessivo consumo dei grassi vegetali contenuti in quello che è l’olio più usato dall’industria alimentare può provocare danni alla salute, soprattutto nei bambini e negli adolescenti.

Il possibile rischio costituito dai contaminanti alimentari degli oli vegetali

Al consumatore sembrerà che l’olio di palma sia comparso da pochissimo sulle nostre tavole, ma in realtà non è così: il motivo è che fino a non molto tempo fa l’olio di palma non era nemmeno indicato esplicitamente sulle etichette. A partire dal 13 dicembre 2014 è divenuto obbligatorio indicarlo ed è stato possibile anche per i consumatori rendersi conto di quanto sia onnipresente nei cibi che acquistiamo. Non che mancassero i dubbi a proposito della tossicità e nocività dell’olio di palma ma fino ad ora non c’erano sufficienti evidenze scientifiche per poterlo affermare. Lo studio dell’EFSA va a colmare proprio questa lacuna evidenziando come durante il processo di raffinazione ad alte temperature (intorno ai 200°) si formano tre sostanze dannose per la salute umana. Si tratta dei glicidil esteri degli acidi grassi (GE), del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi. I tre contaminanti incriminati sono sottoprodotti della lavorazione che sono presenti anche in altri grassi di origine vegetale, come ad esempio la margarina, ma è nell’olio di palma che la concentrazione di contaminanti è dalle sei alle dieci volte superiore. Gli alimenti considerati “più a rischio” e ritenuti le principali fonti di esposizione a queste sostanze nocive quelli che ricadono nella categoria “dolci e torte” ma nella lista figurano anche alcuni prodotti destinati all’alimentazione dell’infanzia.
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Il principale contaminante alimentare (CONTAM) sul banco degli imputati è il glicidolo, composto precursore del glicidil esteri degli acidi grassi. La dott.ssa Helle Knutsen, presidente del gruppo CONTAM, ha detto: “Ci sono evidenze sufficienti che il glicidolo sia genotossico e cancerogeno, pertanto il gruppo CONTAM non ha stabilito un livello di sicurezza per i GE”.  Il motivo per cui il gruppo di ricercatori non ha stabilito un livello di sicurezza per il GE è che, essendo il glicidolo genotossico e cancerogeno allora il GE non dovrebbe essere presente negli alimenti. C’è però da rilevare che non essendoci studi sul GE il gruppo di ricerca ha ipotizzato una completa conversione del GE in glicidolo una volta all’interno dell’organismo. I dati sul glicidolo sono stati raccolti in seguito a test su animali da laboratorio e non ci sono dati sufficienti per quanto riguarda l’uomo, mentre per quanto riguarda gli esteri degli acidi grassi non ci sono studi a riguardo. In base a queste informazioni il team di ricercatori dell’EFSA ha concluso che il GE è un contaminante potenzialmente nocivo e tossico per tutte le fasce d’età della popolazione. In particolare le fasce d’età più basse risultano a rischio in seguito ad un’esposizione media al contaminante mentre le altre fasce d’età devono fare attenzione a non essere “fortemente esposte”. I ricercatori notano però che per quanto riguarda il GE i produttori nel corso degli ultimi cinque anni hanno messo in atto volontariamente misure atte a dimezzarne la presenza negli alimenti (vedi immagine sopra) in questo modo contribuendo ad una diminuzione dell’esposizione per i consumatori. L’EFSA ha stabilito un margine di esposizione per quanto riguarda il GE.
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Questo per quanto riguarda il GE, e per quanto concerne invece le altre due sostanze nocive incriminate? Ancora una volta anche nel caso del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) il principale responsabile dell’esposizione è l’olio di palma. Per quanto concerne il il 3-moncoloropropandiolo  stata fissata una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno (µg/kg di peso corporeo/giorno). La scelta è stata fatta sulla base delle evidenze che collegano questa sostanza a un danno d’organo nei test sugli animali (in particolare dei ratti dove è in grado di causare problemi renali). Ci sono alcuni risultati positivi in vitro riguardo la presunta genotossicità del 3-MCPD ma non esistono a riguardo conferme derivanti da test in vivo. Per quanto concerne invece il 2-MCPD le informazioni tossicologiche sono troppo limitate per poter stabilire un livello di sicurezza certo dal momento che né i test in vitro né quelli in vivo hanno prodotto risultati in grado di confermare o smentire la genotossicità del 2-MCPD. E adesso che lo studio è stato pubblicato la palla passa alle istituzioni e ai governanti europei che dovranno stabilire, in base alle evidenze scientifiche presentate da EFSA come tutelare la salute dei consumatori. Il gruppo di ricerca dell’agenzia per la sicurezza alimentare europea ha anche richiamato alla necessità di condurre nuovi e approfonditi studi sui contaminanti poiché devono essere assolutamente colmate le lacune scientifiche sulla tossicità delle sostanze esaminate, in particolare l’attenzione è stata posta sul 2-monocloropropandiolo per il quale non esistono sufficienti studi scientifici in grado di determinarne il grado eventuale di tossicità e quindi il livello massimo di esposizione per i consumatori.

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