Le cinquanta banche di credito cooperativo a rischio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-03-22

Bankitalia lancia l’allarme: scarsa patrimonializzazione e crediti deteriorati rendono questi istituti di credito potenzialmente in pericolo. Ieri alla Camera è cominciata la discussione sulla riforma del governo. Sotto la lente l’emendamento Galli

article-post

Secondo un’analisi del responsabile della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, sono una cinquantina le banche di credito cooperativo in difficoltà (su un totale di 300, ovvero un sesto) e potenzialmente sottoposte a «tensioni» dovute alla scarsa patrimonializzazione e alle debolezze e criticità di un sistema reso ancora più fragile dalla crisi finanziaria. Si tratta di un mondo scarsamente capitalizzato e poco propenso all’innovazione – ha detto Barbagallo- che ha nel territorio la sua forza e il suo limite, con conflitti di interesse e solidità a rischio.

banche credito cooperativo rischio
Una lista di banche di credito cooperativo a rischio (Libero su dati Sole 24 Ore, 22 marzo 2016) [edit: come segnalato da Antonello nei commenti – e specificato nella didascalia della tabella e nel titolo della stessa, l’elenco riportato non riguarda le 50 banche menzionate da Banca d’Italia ma quelle che hanno una maggiore percentuale di crediti anomali sul totale dei crediti]

Le cinquanta banche di credito cooperativo a rischio

Il giudizio di Barbagallo è arrivato durante il convegno “La riforma delle Bcc nel quadro delle nuove regole europee” organizzato ieri dalla fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema. Dopo la crisi, ha spiegato il responsabile della Vigilanza, i profitti delle banche di credito cooperativo sono stati erosi a causa delle sofferenze. Tante le rettifiche e il tasso di copertura dei crediti deteriorati è passato dal 26% del 2012 al 38,7 di giugno 2015; le sole sofferenze sono arrivate al 54% dal 45% di tre anni fa. «La componente più fragile del settore è individuabile nelle Bcc che presentano coefficienti di capitale più bassi e tassi di copertura inferiori a quelli medi del sistema bancario nazionale. In base ai primi dati riferiti a dicembre 2015, le banche di credito cooperativo in tale condizione erano circa 50 e rappresentavano il 16% dell’attivo della categoria», ha detto Barbagallo. In tale contesto, ha aggiunto, «aumenta la probabilità che un numero non marginale di Bcc vada incontro a tensioni a causa della difficoltà di aumentare il patrimonio nella misura e con la rapidità imposti dal contesto regolamentare, istituzionale e di mercato». Spiega Mario Sensini sul Corriere della Sera:

Barbagallo ha citato in particolare 50 Bcc, che rappresentano il 16% dell’attivo della categoria che presentano contemporaneamente coefficienti di capitale più bassi e tassi di copertura delle sofferenze inferiori a quelli medi del sistema bancario nazionale. «In un tale contesto» ha detto Barbagallo «aumenta la probabilità che un numero non marginale di Bcc vada incontro a tensioni a causa della difficoltà di alimentare il patrimonio nella misura e con la rapidità imposti dal contesto regolamentare, istituzionale e di mercato».
In questa chiave Bankitalia apprezza anche il rafforzamento del ruolo della holding nella governance del gruppo bancario e l’eliminazione dei vincoli ai suoi apporti di capitale alle aziende controllate. In Aula alla Camera sono stati presentati 400 emendamenti, ma il voto di fiducia blinderà il testo uscito dalla Commissione. Il decreto scade il 15 aprile e deve passare al Senato.

L’emendamento Galli e la polemica tra PD e M5S

Intanto ieri è stata avviata la discussione generale alla Camera sulla riforma delle banche di credito cooperativo. La riforma del credito cooperativo, ha detto il relatore Giovanni Sanga illustrando il provvedimento, “non si poteva più rinviare” per garantire “competitività, redditività e sostenibilità del sistema”. Nel corso dell’esame in commissione, ha aggiunto, sono stati fatti “miglioramenti e integrazioni di rilievo”, a partire dalla nuova way out per gli istituti che superino i 200 milioni di patrimonio netto al 31 dicembre 2015, sul modello della coop che controlla la Spa, mantenendo le riserve indivisibili e versando allo Stato una tassa straordinaria del 20% sul patrimonio netto. Le banche di credito cooperativo che non aderiranno al progetto di capogruppo unica del sistema cooperativo, quello contenuto nella riforma in via di conversione con il Dl banche, devono essere consapevoli che la loro scelta alternativa incontrerà una serie di paletti posti dalla Banca d’Italia. Entro 60 giorni dalla conversione del decreto una o più banche di credito cooperativo, almeno una delle quali con patrimonio superiore ai 200 milioni (alla data dello scorso 31 dicembre) potranno chiedere alla Banca d’Italia di conferire le rispettive aziende bancarie ad una spa autorizzata all’attività bancaria. In caso di diniego dell’autorizzazione le bcc ‘trasfughe’ potrebbero scegliere tra l’adesione al gruppo cooperativo e la demutualizzazione con la conseguente integrale devoluzione del patrimonio e non più solo con l’affrancamento del 20% da versare al bilancio dello Stato. Intanto ieri è partita la polemica per l’emendamento, a firma Giampaolo Galli, che modifica la previsione di una partecipazione maggioritaria delle Bcc nella holding unica Spa e stabilisce che “il Mef puo’ anche fissare soglie piu’ basse o comunque discrezionali”. «La riforma delle Bcc serve a regalare il settore cooperativo al grande capitale speculativo. Un emendamento della maggioranza lo esplicita in modo evidente», dicono i deputati del MoVimento 5 Stelle. «L’obiettivo di far trionfare il modello unico ‘Banca spa’ e’ alla luce del sole. Prima o poi, con la scusa della solidita’ patrimoniale, si potra’ regalare la cassaforte del risparmio mutualistico ai soliti pirati finanziari. Senza dimenticare, tra i vari nodi critici, l’estensione delle garanzie statali sulle sofferenze agli intermediari finanziari, ex art. 106 del Tub, spessocontrollati dalle stesse banche. Non ci sembra normale, infatti, che in caso di sofferenze messe a bilancio sia dalla finanziaria che dall’istituto, possa esercitarsi una eventuale doppia garanzia a carico dell’erario». La risposta non si è fatta attendere:  Il Movimento 5 Stelle “non perde occasione per ribadire quel misto di irresponsabilità e ignoranza che l’ha fin qui contraddistinto quando si parla di banche”, si legge in una nota del gruppo Pd. “Le modifiche apportate su questo specifico punto hanno come unico obiettivo quello di tutelare le esigenze di stabilità dei sistema bancario cooperativo, di fronte alle difficoltà in cui potrebbe trovarsi a seguito di situazioni straordinarie di crisi o recessione economica. Come del resto è stato sottolineato da Bankitalia. L’emendamento Galli (che per altro non è di Galli essendo una riformulazione del relatore) non ha dunque nulla a che fare con le ossessioni ‘bancarie’ di M5S”, si sottolinea. “Si vogliono strumentalizzare scelte legislative avvedute. E lo si fa, per giunta, dopo un prolungato silenzio in Commissione. M5S si accorge solo ora di questo aspetto della riforma? Si tratta purtroppo di comportamenti che non stupiscono: il livello di responsabilità dei 5 Stelle è quello che è”, si conclude.

Potrebbe interessarti anche