L'altro Mailgate del MoVimento 5 Stelle

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-03-07

Il furto delle email subito dalla deputata Giulia Sarti è ancora avvolto nel mistero a quasi tre anni dei fatti. Come andarono le cose, quali legami ci sono con il Watergate successivo e quali collegamenti con gli altri strani accadimenti all’interno del meetup bolognese

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Un mailgate in tono minore. Insieme a quello raccontato nei giorni scorsi che vedeva protagonisti una serie di parlamentari poi espulsi dal MoVimento 5 Stelle si torna a parlare anche del furto subito dall’onorevole Giulia Sarti nell’aprile del 2013. Un accesso abusivo sul quale la magistratura, a quasi tre anni di distanza, non ha ancora fatto luce, come lamentato dallo stesso Casaleggio nei giorni scorsi, e del quale si è parlato di meno. Dimenticando anche i legami con un altro furto di email che ha visto protagonisti i vertici del MoVimento 5 Stelle a Bologna, all’epoca ancora frastagliato e spezzettato dalle espulsioni con polemiche di Giovanni Favia e Federica Salsi. E se in quello che ha visto protagonisti Artini & Co. i protagonisti sono stati rivelati anche se i ruoli vengono misconosciuti, in questo un alone di mistero ancora avvolge i fatti. Che non iniziano dal furto subito dalla Sarti, bensì da un fatto precedente.

L’altro mailgate del MoVimento 5 Stelle

La storia comincia il 4 aprile 2013, quando qualcuno entra con le credenziali di amministratore nella pagina del Meetup 14 di Bologna e pubblica una serie di mail private risalenti al novembre del 2012: si leggono attivisti come Massimo Bugani, Nicola Saetti, Marco Piazza e Nicola Virzì detto Nick Il Nero che parlano di Giovanni Favia e Federica Salsi: il primo è appena finito nei guai a causa di un servizio di Piazzapulita in cui, a telecamere (credute) spente, critica pesantemente Grillo e Casaleggio. La seconda ha osato difenderlo partecipando a un talk show. Repubblica all’epoca descrive così i contenuti delle email:

Sono mail impietose dove gli attivi vengono definiti “pecoroni”, e si sprecano offese ai danni di Favia (“nano di m..”) e Salsi (“non posso più stare nella stessa stanza con lei”). Si parla anche dell’ormai famigerata ressa con i giornalisti, nella prima assemblea dopo il caso Salsi a Ballarò, in cui Nicola Virzì (in arte Nick il Nero) prese per il braccio violentemente l’ex consigliere di quartiere Pasquale Rinaldi, che tentava di fermarlo mentre offendeva i giornalisti presenti. “Stiamo diventando fascisti”, scriveva Rinaldi sul meetup. A gennaio, pochi mesi dopo questo scambio di mail, si è dimesso dal quartiere Savena e ha lasciato il movimento.

Le mail provengono dalla casella di posta di Serena Saetti, consigliera di quartiere e moglie di Nik il Nero. Chi ne è entrato in possesso si è intrufolato nella mail, indovinando evidentemente la password o usando sistemi informatici per trovarla.


La storia non può non provocare le reazioni dell’ala romagnola dei 5 Stelle, tra le più radicate e numericamente rilevanti per numero di attivisti, che all’epoca ha già visto l’espulsione di Valentino Tavolazzi, Giovanni Favia e Federica Salsi. Elisa Bulgarelli (M5S), vicecapogruppo al Senato e tra le fondatrici del meetup bolognese, scrive su Facebook “il Movimento è il primo a chiedere in ogni dove trasparenza, democrazia e legalità, quindi “brutti” a quelli che hanno agito fuori dalla legalità ma “bruttissimi” a quegli altri per quello che hanno scritto nelle email e per quello che hanno fatto nel gruppo”. Tre giorni dopo una nota congiunta di sette parlamentari bolognesi del M5S (Paolo Bernini, Matteo Dall’Osso, Mara Mucci, Giulia Sarti, Elisa Bulgarelli, Adele Gambaro, Michela Montevecchi) sottolinea che è stata scritta una “pagina triste” del MoVimento a Bologna e chiede un’assemblea chiarificatrice (e sottintende le dimissioni di Bugani e Piazza). Grillo e Casaleggio intervengono sul blog per confermare la fiducia a Bugani e la storia sembra chiudersi lì. Nel frattempo la Saetti prende il controllo della pagina Meetup 14 bolognese: “al fine di tutelarmi giuridicamente, io sarò l’amministratrice unica del Meetup 14 Amici di Beppe Grillo Bologna. Ho resettato tutti i ruoli e scelto persone di mia fiducia per moderare. Vi comunico che sarò costretta a moderare tutti i messaggi che potrebbero in qualche modo contravvenire alla legge. Sarà garantita trasparenza e partecipazione, ma non sarà più tollerato il gossip. I consiglieri sono stati eletti per portare le istanze dei cittadini all’interno delle istituzioni. Chi vorrà potrà partecipare liberamente ed aiutarci collaborando con i gruppi di lavoro”. Intanto il M5S candida Rodotà alla presidenza della Repubblica, viene rieletto Napolitano e Grillo concede una prima storica intervista in Parlamento vicino ai “suoi ragazzi”. Ma il leak sembra non fermarsi. Successivamente esce un altro scambio di email, che risale al 2010 e vede Bugani spingere per l’assunzione di Nik il Nero in regione: poi Virzì entrerà nello staff del parlamento, dove lavora ancora oggi come videomaker.
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La casella di posta di Giulia Sarti

E si arriva al 24 aprile. Ovvero al giorno in cui un gruppo di hacker (hackerdelpd.bitbucket.org) che si autodefinisce «vicino al Pd» pubblica online tramite un comunicato un link in cui si trova tutta la corrispondenza mail della deputata emiliana del Movimento Cinque Stelle Giulia Sarti. Oltre 1 GB di dati, di cui non viene data però nessuna traccia e di cui non vengono fornite anticipazioni sul contenuto. Poi, la minaccia: «Se Grillo e Casaleggio non renderanno pubblici i loro guadagni, continueremo ad hackerare le caselle di posta dei deputati e a pubblicarne il contenuto». L’azione è particolarmente miserabile perché nella casella di posta della deputata riminese ci sono anche documenti e file privati: la Sarti prima parla di una buffonata e afferma che il link pubblicato non contiene alcunché. «I file sono vuoti», spiega su Twitter. Una bufala, insomma. Poi, però denuncia: «Purtroppo è tutto vero ed io ho appena finito di sporgere denuncia». E spiega: «Sono molto arrabbiata e vorrei vedere voi se ci fosse qualcuno che sta leggendo i fatti vostri degli ultimi anni». Così il Corriere raccontava il contenuto delle email:

Nelle mail in questione, ci sono tutte le tensioni vissute dal movimento bolognese negli ultimi tempi, dopo che il gruppo dirigente guidato dai consiglieri comunali Massimo Bugani e Marco Piazza (fedelissimi di Grillo e Casaleggio) è entrato in rotta di collisione con una parte della base. Nella fitta corrispondenza, la Sarti invita la base a ignorare le uscite di Bugani e si propone come mediatrice presso Grillo. Da alcune mail traspare l’insofferenza di qualche militante per le interferenze di Grillo nella vita della comunità grillina bolognese. C’è chi lamenta un deficit di democrazia nel M5s e propone di andare allo scontro frontale con Bugani e co. Non sono teneri alcuni commenti su Serena Saetti, la compagna del videomaker Nick il Nero, che si è dimessa da consigliera a Borgo Panigale in rotta con l’assemblea bolognese.

Casaleggio, che nei giorni scorsi ha ricordato la vicenda segnalando anche che finora non si è avuta alcuna notizia sullo sviluppo delle indagini da parte della magistratura, commentava così all’epoca in un post in cui nominava anche altri onorevoli che erano stato oggetto di “attenzioni”, un veneto e due romani.

“C’è una giovane donna che per giorni è stata pubblicamente violentata. La sua vita privata data in pasto ai giornalisti, che si son dovuti tenere il prurito nelle mani per non violare la legge sulla privacy. Ma non solo: data in pasto a qualsiasi sfaccendato, che ha potuto comodamente trascorrere un pomeriggio sezionando, giudicando e ficcanasando l’esistenza intera del deputato Giulia Sarti. Del resto, bastava digitare un indirizzo e scaricare oltre un gigabyte di mail, per il gusto dei pervertiti dei fatti altrui. E da oggi Giulia non è più sola: nel secondo giro dei sedicenti “hacker del Pd”, nel mirino sono finiti altri parlamentari del MoVimento 5 Stelle, Massimiliano Bernini, Stefano Vignaroli e Tancredi Turco.

Le indagini e le ipotesi

Chi era presente in Parlamento all’epoca dei fatti descrive Giulia Sarti come furiosa e terrorizzata per la violazione della privacy subita. D’altro canto le due azioni (quella contro Saetti e quella contro Sarti) hanno molto in comune. Colpiscono eletti nella stessa regione e sono state effettuate con gli stessi mezzi, per quel che si sa: ovvero entrando nella casella email dalla porta principale, individuando la password. Ed è anche impossibile non notare che la Sarti, insieme ad altri, aveva preso una posizione molto critica riguardo Bugani e Piazza dopo il primo leak di email. Però è anche impossibile non osservare che l’atto che ha subito la deputata, oltre che particolarmente invasivo, era di natura profondamente diversa: tutte le sue email sono state rubate e poi pubblicate, senza alcuna distinzione tra pubblico e privato come invece era stato fatto per i primi leak. Senza contare le ulteriori intrusioni nelle caselle di posta di deputati e senatori dai quali però non è uscito nulla. Insomma i due atti potrebbero essere collegati ma è improbabile che siano stati effettuati dalla stessa persona. Dando per buona quest’ultima ipotesi, si potrebbe pensare che si sia mosso qualcuno che conosce bene le due persone coinvolte (una consigliera di quartiere bolognese e una deputata emiliana) e che magari ha buoni motivi per avercela con entrambi. Se invece si pensa a due persone differenti, non si può escludere che il primo hacking abbia spinto il secondo, come un botta e risposta. Comunque la si veda, tutto sembra però indirizzare verso chi all’epoca gravitava o aveva gravitato all’interno del MoVimento bolognese e romagnolo. A dispetto delle rivendicazioni surreali e di ipotesi di piste politiche e internazionali. E in attesa che la magistratura batta un colpo.

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