La vera storia della Giunta Raggi e della chiusura dei campi rom

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-27

Secondo alcune fantasiose ricostruzioni l’amministrazione capitolina avrebbe intenzione di chiudere i campi rom della Capitale entro il 31 gennaio 2017. Naturalmente non è così. E intanto l’ANAC -in seguito alle numerose denunce dell’Associazione Nazione Rom – ha bocciato un bando da sei milioni di euro per la gestione dei campi voluto dall’ex Commissario Tronca

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Che fine faranno i campi rom della Capitale? È questa la domanda da sei milioni di euro (a tanto ammontano le spese del Campidoglio per la gestione dei campi) alla quale la Giunta Raggi è chiamata a dare una risposta. Prima dell’attuale amministrazione capitolona ci aveva provato Ignazio Marino che nel 2014 aveva annunciato l’intenzione di voler chiudere i campi nomadi (senza dare corso al proposito) e successivamente dal Commissario Francesco Paolo Tronca che il 19 dicembre 2015 aveva bandito una gara d’appalto da 6,1 milioni di euro per la manutenzione dei sei campi nomadi  (denominati villaggi attrezzati) di Roma ovvero quelli di Castel Romano, Via Lombroso, Via Salone, Via Candoni, La Barbuta e Via dei Gordiani.

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Fonte: Il Messaggero del 27/12/2016

L’ANAC interviene su due gare d’appalto per la gestione dei campi rom

Questa gara però è stata bloccata il 20 dicembre 2016 dall’assessora al sociale di Roma Capitale Laura Baldassarre perché quell’appalto (voluto dalla precedente gestione commissariale della Capitale) era finito a novembre nel mirino dell’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone per presunte irregolarità. La Baldassarre ha così dato disposizione di congelare quel bando sul quale sono piovuti numerosi ricorsi al TAR fino a quando l’ANAC non avrà espresso un parere nel merito. Allo stesso tempo la Giunta Raggi ha dovuto congelare anche un altro bando di gara da un milione e mezzo di euro questa volta per la creazione di una nuova area – da individuarsi nel territorio del XV Municipio e denominato Camping River – che avrebbe dovuto accogliere circa 120 famiglie nomadi. A chiedere il ritiro di questo secondo bando, oltre alla cooperativa Ermes è stato anche il consiglio del XV Municipio (governato dai Cinque Stelle) e l’Associazione Nazione Rom (ANR) che si è rivolta ufficialmente ad ANAC con numerosi esposti in cui si denunciavano illegalità strutturali presenti in Italia, violazioni di norme e principi europei, frodi sui Fondi Strutturali destinati all’inclusione dei poveri e di Rom Sinti e Caminanti. Inoltre anche su questa seconda gara l’ANAC ha aperto un’inchiesta. La giunta capitolina sembra in ogni caso seriamente intenzionata a porre mano al problema dei campi rom, lo ha fatto nel frattempo con due mosse: la prima è stata la nomina di una consulente – Monica Rossi – esperta di tematiche relative ai rom arruolata nello staff dell’assessora Baldassarre a 30 mila euro l’anno. La seconda è stata la delibera del 16 dicembre con la quale è stato istituito il “Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni Rom” (al quale però inizialmente non era prevista la partecipazione dei residenti dei campi), un organismo il cui compito sarà quello di individuare – entro il 31 gennaio 2017 – le modalità con le quali arrivare allo sgombero dei campi nomadi della Capitale anche secondo quanto previsto nella Comunicazione n.173 del 4 aprile 201 della Commissione Europea recante il quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020. Si tratta di un documento con il quale, come è spiegato sul sito dell’UNAR (Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali), la Commissione ha sollecitato gli Stati membri all’elaborazione di strategie nazionali di inclusione dei Rom o all’adozione di misure di intervento nell’ambito delle politiche più generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di questa popolazione. Nel 2012 il Governo italiano ha deciso di attuare quanto stabilito dalla Comunicazione 173 e ha stilato un piano con la strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti.

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La firma del documento al campo di Via Salviati, a sinistra il Comandante Lorenzo Botta

Come è facile immaginare una delle situazioni più delicate nell’ambito della discriminazione delle persone rom, sinti e caminanti è l’accesso all’’edilizia residenziale pubblica e pertanto – come già avvenuto qualche giorno fa proprio al campo rom di Via Salviati – per sgomberare i campi sarà necessario trovare un accordo per far sì che i residenti che ne hanno diritto possano accedere alle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica. Quanto avvenuto in Via Salviati (altro storico e problematico campo) è fondamentale perché sancisce la partecipazione di Rom Sinti e Caminanti al tavolo d’inclusione aperto da Roma Capitale.
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I campi rom a Roma (Il Messaggerro)

La vera storia della Giunta Raggi e della chiusura dei campi rom

Entro il 31 gennaio quindi il Tavolo dovrà elaborare un “piano di programmazione e progettazione di interventi di breve e lungo periodo per la graduale chiusura dei centri di raccolta e dei campi Rom presenti a Roma” e non, come titola oggi Il Messaggero, “chiudere i campi rom”. Per arrivare alla chiusura dei campi si dovrà invece presumibilmente attendere ancora del tempo perché queste modalità di gestione della problematica sono ancora tutte da stabilire. Il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, fa sapere che loro ci saranno sempre per lo smantellamento dei campi ma una nota di Fabrizio Ghera, capogruppo di Fdi-An in Campidoglio, definisce “una follia” l’ipotesi di dare una casa ai rom:

La delibera, approvata alla chetichella a metà dicembre dalla giunta pentastellata, prevede infatti la possibilità di affidare immobili comunali ai nomadi che ne hanno fatto richiesta e che si trovano nelle graduatorie comunali. Mentre ci sono famiglie italiane che non hanno un tetto dove vivere il sindaco e la giunta assumono anche un ‘superconsulente’ per regalare le case ai rom peraltro pagate coi soldi dei romani. Le nostre periferie accolgono da decenni insediamenti e villaggi nomadi che producono sacche d’illegalità, insieme al proliferare del rovistaggio nei cassonetti, del gravissimo fenomeno della mendicità infantile in barba ai progetti di scolarizzazione, alla presenza di refurtiva nei campi certificata in più occasioni e ancora ai continui fumi tossici provenienti da taluni campi. Cara Raggi non scherziamo, niente casa a chi delinque ma l’allestimento di piazzole di sosta temporanee dove il nomade può sostare, pagare le utenze e poi spostarsi. I cosiddetti stanziali, invece, dovranno integrarsi mettendosi in regola

Non è chiaro però in che modo i cosiddetti stanziali potranno integrarsi e mettersi in regola, se alcuni degli stanziali – ovvero di quei rom che non sono propriamente “nomadi” – avranno diritto (per reddito) ad accedere alle graduatorie per la casa non si capisce come mai in nome dell’integrazione dovranno continuare ad essere discriminati e tenuti fuori dalle suddette liste. Forse per quelli di Fdi-An è meglio tornare alla gestione Alemanno del problema, quella che ci ha regalato i campi rom grazie allo stanziamento dei fondi ministeriali elargiti da Roberto Maroni su richiesta dell’allora sindaco di An e che è stata scoperchiata dalle inchieste dei magistrati che hanno indagato sul sistema di gestione della cosiddetta emergenza rom. Come ricordava qualche tempo fa sul Fatto Quotidiano Carlo Stasolla, Presidente dell’Associazione 21 Luglio da venti mesi nei sei campi rom della Capitale “non sono più attivi sportelli socio sanitari e legali, azioni di sostegno alla scolarizzazione, presidi di controllo” e già diverse famiglie – quelle che ne avevano la possibilità – hanno iniziato ad abbandonare i campi alla ricerca di altre soluzioni abitative. Per chi resta non è chiara quale forma di integrazione sarà prevista, negare anche la possibilità di accedere ai bandi pubblici significa però una cosa sola: la volontà di tenere quelle persone all’interno dei campi.

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