La vera storia del «sabotaggio» di Fiumicino

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-07-31

Perde colpi l’ipotesi di complotto per i roghi all’aeroporto romano. Che sta già messo male di suo, senza dover immaginare una mano invisibile che colpisce alla cieca. E lavora in deroga alle norme di sicurezza

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Tutto comincia dal fuoco. Quello che due giorni fa è stato appiccato su un cumulo di rifiuti nella pineta di Fiumicino, e che all’inizio sembrava doloso. Ma oggi il procuratore di Civitavecchia Gianfranco Amendola non ne è più così sicuro. Nonostante i tre focolai e il fumo che è arrivato in fretta nell’area aeroportueale dove ci sono i decolli, scatenando il caso nello scalo e i ritardi finiti sui telegiornali di tutto il mondo. I primi rilievi hanno confermato che il rogo si è sviluppato nella pineta di Coccia di Morto nella parte lasciata all’incuria più totale con numerosi cumuli di rifiuti abbandonati, sia di natura domestica che industriale.

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Come funziona l’aeroporto di Fiumicino (La Stampa, 31 luglio 2015)

I MISTERI DEL FUOCO A FIUMICINO
In attesa che siano presi provvedimenti per l’esterno, Adr — società che gestisce l’interno — ha invece cominciato a mettersi in regola con le prescrizioni decise dopo quanto accaduto il 7 maggio e ciò ha determinato la riapertura completa di tutti i terminal anche perché le analisi disposte hanno verificato la salubrità dell’aria. In due anni a Fiumicino ci sono stati 53 roghi. Ma le indagini su quest’ultimo sabotaggio, come è stato chiamato subito dopo la notizia, non sembrano andare in questa direzione. Scrive Carlo Bonini su Repubblica:

Quale che sia l’origine ancora discussa delle fiamme. Dolosa, come continua a non escludere un premier se possibile ancora più indispettito ieri del giorno precedente e ancora in attesa di una “relazione su quanto accaduto”. O fortuita, tutt’al più colposa, come spiega il prefetto di Roma Franco Gabrielli. E la ragione è perché è qui, a 4 chilometri in linea d’aria dalla Runaway 25,  la pista di decollo trasversale alla costa, che si inciampa in un numero. Cinquantatré. Che non è un civico. Ma il numero di incendi, con quello di ieri, divampati dal 1° agosto 2013 lungo i 10 ettari del perimetro aeroportuale.Cinquantatré. Nell’arco di due anni, fanno più di due al mese. Diciannove nel periodo estivo,34 in inverno e primavera. Quattro nella sola Coccia di Morto. Né, addentrandosi lungo via del Pesce Luna, la faccenda sembra sorprendere nessuno. Perché da queste parti sembra abbiano perso anche la voglia di stupirsi. Quantomeno dal novembre di due anni fa quando al sindaco di Fiumicino, Esterino Montino ,venne comunicato che la spending review imposta dal Viminale ai vigili del Fuoco «imponeva» la chiusura del distaccamento locale.
Evidentemente non importava e non ha importato fino a ieri un fico secco a nessuno che un comune di 213 chilometri quadrati (il doppio per estensione di quello di Firenze e maggiore persino di quello di Milano) con 80 mila abitanti, 24 chilometri di costa,6mila barche da diporto e uno scalo internazionale da 800 voli al giorno e 40 milioni di passeggeri l’anno non abbia una sola caserma dei pompieri fuori dalle reti di recinzione dell’aeroporto, dove è confinato il distaccamento addetto alla sicurezza dello scalo e degli aeromobili. Se servono,i vigili del fuoco devono arrivare da Cerveteri (39 chilometri). O da piazzale Ostiense, a Roma (40 chilometri). Più o meno 50 minuti di tempo. Abbastanza per trasformare un incidente in una catastrofe. O un fuoco di sterpaglie e di materiali di risulta di una delle tante discariche abusive in un immane rogo alimentato dal vento di Ponente o di Libeccio.

. Lo stesso Terminal 3 dove oggi è andata in scena la rabbia di turisti e passeggeri, italiani e stranieri. “Vergogna, vergogna!” il coro che si è levato ai banchi della Vueling, compagnia low cost spagnola che ha cancellato 5 voli lasciando a terra 900 persone. Per proteggere hostess e steward sono intervenuti carabinieri e finanzieri. “Diteci cosa dobbiamo fare, siamo esasperati. Chiamate i responsabili, è da stamattina che siamo qui in fila, fatela finita”, le parole di uno dei passeggeri diretto a Palermo. Costretti ad attese infinite anche bambini e anziani. A Fiumicino “persiste una situazione di criticità nonostante tutti gli operatori presenti in aeroporto stiano continuando a lavorare a pieno regime per contenere i ritardi”, ha fatto sapere l’Ente nazionale aviazione civile (Enac). I disagi riguardano soprattutto le low cost, appunto. Invece “le compagnie tradizionali, tra cui Alitalia principale vettore su Roma Fiumicino – secondo Enac – dovrebbero superare i ritardi nell’arco della giornata odierna”. Secondo l’Enac serve di certo maggiore manutenzione nello scalo. Sul blackout di stamani “la direttrice dell’aeroporto di Fiumicino, Patrizia Terlizzi, sta preparando una relazione che sarà poi presentata il 6 agosto nell’incontro che avremo con Adr e Alitalia”, ha detto il presidente di Enac Riggio. E sul caos allo scalo romano è intervenuto anche l’Osservatore romano che in un articolo parlando di “Fiumicino ultima frontiera” individua i disagi come “ennesimo, nuovo capitolo della lunga crisi che sta soffocando la città di Roma”.
 
IL RISARCIMENTO DEI DANNI PER I VIAGGIATORI
Di certo ora ci saranno da stimare i danni. E possibilmente riuscire a farseli pagare. Spiega Vincenzo Donvito dell’ADUC:

Spesso da parte delle compagnie e degli aeroporti c’è la volontà di considerare tutto «causa di forza maggiore», un modo per cercare di dare il via a un rimpallo di responsabilità per esimersi dal pagamento della compensazione, mentre sono sempre tenute al rimborso del biglietto aereo. In casi del genere non resta che far partire la raccomandata di messa in mora. Spesso sono le stesse compagnie aeree a farsi avanti e proporre una somma forfettaria, di solito in sconti e buoni acquisto per un prossimo viaggio. Ma la legge parla chiaramente di denaro e contanti, fino a 250 euro in caso di «ritardo prolungato» di oltre due ore su una tratta come Roma-Torino.Che però non è prevista per cause di forza maggiore e se viene fornito un volo alternativo sulla stessa rotta.
L’assistenza è sempre dovuta e prevista dalle leggi,il consumatore ha diritto a ricevere vitto, una volta superata una soglia di attesa che varia a seconda dal tragitto, e anche il pernottamento in hotel in caso di voli riprogrammati per il giorno dopo. Questi compiti spettano al vettore, cioè alla compagnia aerea con la quale si viaggia.Sono automatismi eppure proprio su questo si deve spesso battagliare. E i diritti devono essere rispettati sia dalle low cost che dalle grandi compagnie.

Solo che in caso di coincidenze perse e vacanze saltate la situazione è più complicata. Se si tratta di un Torino-New York in un’unica soluzione, per esempio, allora si ha diritto ad essere garantiti per tutto il servizio. In caso di biglietto separato, per esempio un Genova Roma e poi Roma-Amman in due passaggi diversi, questo automatismo di assistenza non scatta. Così come per le vacanze in luoghi lontani che non si possono compiere perché il primo volo,saltato,non può essere riprogrammato su un altro a stretto giro, pochi giorni dopo. Si possono chiedere i danni morali, ma per via giudiziaria l’iter rimane comunque lungo. Roberto Giovannini sulla Stampa riepiloga poi la situazione societaria e quella degli investimenti, spiegandoci che l’aeroporto lavora “in deroga”, e soprattutto che non potrebbe essere altrimenti:

Nel 2014 sono stati spesi 170 milioni, 350 quest’anno. Sono state rifatte le piste, tutti i bagni, tutti i contro soffitti, tutte le illuminazioni a Led, tutti i«finger». E c’è persino il wifi gratuito. Sullo sfondo, c’è il grande progetto (sempre presentato nel 2012)di «Fiumicino Nord»:una mega espansione con nuove piste e una nuova aerostazione per poter arrivare a gestire 100 milioni di passeggeri l’anno. Peccato che bisognerebbe cementificare 1.300 ettari, tra riserva naturale e terreni coltivati. Campi della «Maccarese» di proprietà Benetton, e dunque da espropriare a caro prezzo. Per adesso è tutto fermo: manca il via libera ambientale. Il nuovo piano di investimenti sarà anche importante. Ma secondo molti addetti ai lavori non basterà per rimediare presto ai problemi di un aeroporto rimasto fermo agli Anni’80. Ha una struttura dilatata, che tiene insieme tanti edifici disparati, con un fronte di ben cinque chilometri. È pieno di scale, e dunque scomodo per i passeggeri.
Non è molto efficiente dal punto di vista del turnaround, il tempo impiegato per rimettere un aereo appena atterrato in grado di decollare con un nuovo carico. Ha una pista, quella verso il mare, limitata dalla presenza di 300 alberi. Tante strutture sono decrepite, dopo anni di politica della lesina. La dimostrazione di questa fragilità è stata l’incendio del 7 maggio 2015, che ha costretto per settimane Fiumicino a funzionare a regime ridotto (e forse anche ad operare con rischi per la salute di personale e passeggeri). Le fiamme,pare,si sarebbero sprigionate in un vano cavi dove, per raffreddare un quadro elettrico, era stato astutamente posto un condizionatore. Prove certe non ce ne sono. Ma di sicuro tutto l’aeroporto funziona con mille deroghe alle norme di sicurezza. Deroghe concesse dai Vigili del Fuoco, senza le quali Fiumicino non potrebbe operare.

In queste condizioni, la paura del volo verrebbe a chiunque.

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