La valigetta dei codici nucleari in mano a Trump

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-01-27

Ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la valigetta con i codici nucleari: tutti sono preoccupati del fatto che ora Trump ha l’accesso ai codici di lancio dei missili nucleari, come i suoi predecessori ora The Donald ha privilegio di poter decidere di distruggere il Mondo. Ma se Trump è “imprevedibile” almeno non ha ancora perso i codici di lancio come successe – per qualche mese – durante la Presidenza Clinton.

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Nel corso della settimana trascorsa dall’Inauguration Day Donald Trump è riuscito a litigare con il Messico che – stranamente – non ha intenzione di pagare per il muro al confine meridionale degli USA, a dire di essere convinto che la tortura funziona e che il waterboarding potrà essere usato nella lotta contro l’ISIS, che i dati scientifici sul riscaldamento globale dovranno passare il vaglio dei consiglieri politici della sua amministrazione prima di essere pubblicati sul sito dell’EPA. Niente di tutto questo però ha provocato quel sottile brivido che ha percorso la spina dorsale di molti alla notizia che Trump ha anche ricevuto la famosa valigetta con i codici di lancio delle testate nucleari statunitensi.

Cosa contiene la valigetta dei codici nucleari?

In realtà quello che è stato consegnato a Trump è il cosiddetto “biscuit”, un documento plastificato delle dimensioni di una carta di credito sul quale sono scritti i codici di lancio da utilizzare per lanciare un attacco nucleare strategico. Il Presidente USA ha dichiarato in un’intervista alla ABC che il momento in cui ha ricevuto i codici di lancio lo ha “fatto riflettere” e anche se la cosa non lo terrà sveglio la notte ha ammesso che si tratta di qualcosa di davvero molto spaventoso. Assieme al “biscuit” a Trump è anche stato dato l’accesso alla valigetta d’emergenza del Presidente nota anche con il soprannome di “football” al cui interno non è ben chiaro cosa ci sia ma pare che ci siano soprattutto documenti: altri codici di identificazione, una sorta di “menù” con i vari piani di attacco, documenti relativi al protocollo da seguire in caso di attacco nucleare con la lista dei luoghi sicuri dove trasportare il Presidente. Inizialmente il plico di carte era così corposo e tecnicamente complesso che Jimmy Carter (che aveva prestato servizio come comandante di un sottomarino nucleare) chiese che venisse redatta una versione semplificata in modo che anche chi non ne aveva le competenze sapesse come utilizzare la valigetta.
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È questa la famosa valigetta nera che – fin da quando John Fitzgerald Kennedy l’ha fatta istituire dopo la Crisi dei Missili a Cuba come meccanismo di sicurezza per evitare un lancio accidentale da parte di una delle basi missilistiche nucleari USA – viene trasportata da un ufficiale e che deve essere sempre al seguito del Presidente degli Stati Uniti. Al suo interno, per quanto è dato di sapere, non c’è nessun “bottone rosso” che una volta azionato consente automaticamente il lancio dei missili intercontinentali e l’utilizzo stesso dei codici da parte del Commander in Chief è regolato da un preciso protocollo.

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Una versione della Nuclear Football esposta allo Smithsonian Institute. Credits Jamie Chung – Smithsonian Institute Magazine via Wikipedia.org

Le posizioni di Trump sull’uso dell’arsenale atomico sono cambiate col tempo

A creare particolare apprensione non è l’esistenza della valigetta in sé ma il fatto che ora quel potere sia nelle mani di Donald Trump. Già durante la campagna elettorale la sfidante democratica, Hillary Clinton, aveva provocatoriamente chiesto se gli americani erano seriamente intenzionati ad affidare i codici di lancio nucleari ad una persona come The Donald. La tesi di fondo era che Trump è troppo impulsivo e potrebbe lanciare un attacco senza pensarci troppo. A corroborare un’affermazione del genere ci sono alcune dichiarazioni rilasciate nel corso del 2016 da Trump che si è chiesto “perché non possiamo combattere l’ISIS con le armi nucleari?” o – fraintendendo il concetto di deterrente – “se le abbiamo perché non possiamo usarle?” oppure, in un’altra occasione, “perché continuiamo a costruirne se non possiamo usarle?”. Di recente però Trump ha fatto marcia indietro rispetto alle posizioni bellicose tenute durante la campagna per le Casa Bianca, ad esempio ha detto di voler essere “l’ultima persona a volerle usare”. Non è chiaro se fa parte della strategia di Trump che sulla questione ha detto di voler essere “imprevedibile” perché altrimenti non ha senso avere un arsenale nucleare una volta che il nemico sa che lo usi solo come deterrente e che quindi non sei seriamente intenzionato ad utilizzarlo. Certo, se il nemico ti considera imprevedibile tenderà a fidarsi meno del tuo autocontrollo ma questo è il paradosso che sta alla base della creazione di un enorme arsenale nucleare per usarlo solo come deterrente.
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C’è da dire inoltre che – ISIS a parte – l’uso di missili nucleari è immaginabile solo come risposta in un conflitto con altre potenze nucleari. E visto che Trump pare intenzionato a mantenere buoni rapporti sia con la Russia che con la Cina (anche se a giorni alterni) il ricorso alle armi atomiche sembra scongiurato. Senza contare il fatto che Trump da solo non può decidere di lanciare un attacco atomico, e questo anche se – come è probabile – non passerà la proposta di legge che prevede che il Presidente chieda l’autorizzazione del Congresso per farlo. È vero che Trump – come tutti i presidenti – rimane l’unica persona ad avere l’autorità a ordinare un attacco dando l’ordine al Segretario alla Difesa che in teoria pur essendo obbligato a trasmetterlo al Comando Strategico può mettere in discussione la sanità mentale del Presidente (la stessa cosa può essere fatta dal Vice-Presidente ma solo con il sostegno degli altri membri del Gabinetto). Quello che fa la differenza, spiegano alcuni esperti di difesa intervistati da Frank Gardner della BBC sono le circostanze nelle quali potrebbe essere lanciato l’ordine. Sostanzialmente gli scenari principali sono due: un attacco nucleare preventivo e quello invece in risposta al lancio di missili da parte di una potenza ostile. Il primo caso prevede che la decisione venga presa dopo che il Presidente ha consultato il Vice Presidente, il consigliere per la Sicurezza Nazionale e gli altri membri del Gabinetto. Il secondo invece richiede una decisione più immediata che sarebbe – al momento – nelle mani di Trump.
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Quelle volte che i presidenti hanno perso i codici di lancio

La question è senza dubbio complessa, e mentre il Bullettin of the Atomic Scientists ha spostato avanti di trenta secondi le lancette del Doomsday Clock che ora si trova a due minuti e mezzo dalla Mezzanotte (dal 2015 l’orologio era fermo a tre minuti dalla Mezzanotte) vale la pena ricordare che la valigetta e il tesserino con i codici di lancio non sono solo un meccanismo di sicurezza ma sono anche il modo di rendere visibile e immediatamente tangibile il potere nucleare degli USA. I silos di lancio e i sottomarini nucleari sono per forza di cose nascosti in località più o meno segrete e quindi è necessario ricordare al Mondo la capacità distruttiva degli USA. Il potere contenuto nella valigetta va senza dubbio preso sul serio ma, come raccontano alcune leggende di Washington, non sempre i presidenti ne sono stati del tutto consapevoli. Uno degli addetti che si occupava del trasferimento del football ha raccontato Bill Clinton, durante i giorni dello scandalo Lewinsky, avrebbe smarrito il biscuit addirittura per alcuni mesi. Pare che negli anni Settanta Jimmi Carter lo avesse lasciato nella tasca di una giacca mandata in tintoria. In seguito all’attentato a Ronald Reagan non solo il biscuit venne smarrito e ritrovato abbandonato in un cestino assieme agli abiti del Presidente dopo il ricovero in ospedale ma il portatore della valigetta perse il contatto con Reagan per diversi minuti.
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