La telefonata che inguaia De Luca

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-11-12

Le intercettazioni della giudice e del marito che parlano della sentenza. E l’sms al braccio destra del governatore per comunicargli l’esito. Secondo i PM De Luca sapeva già tutto ma ha deciso di non denunciare. Di qui l’ipotesi di reato di concussione per induzione

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In una dichiarazione rilasciata ieri all’agenzia di stampa ANSA la giudice Anna Scognamiglio, moglie di Guglielmo Manna, aveva detto di vivere con il marito da separata in casa, soltanto per il benessere psicofisico dei figli, e di aver abbandonato il tetto coniugale dopo aver saputo dell’inchiesta. Ma l’inchiesta che la coinvolge per concussione per induzione nei confronti del governatore della Campania Vincenzo De Luca dice che, pur evidentemente vivendo da separata in casa con il marito, non esitava a fargli sapere dalla camera di consiglio come fosse andato il caso De Luca sul quale stava decidendo con il suo collegio. E il marito subito dopo avvertiva proprio il vice del governatore che era andato «tutto come previsto».

La telefonata che inguaia De Luca

La telefonata è stata intercettata nell’ambito di un’altra indagine che coinvolge Manna: i pm Henry John Woodcock ed Enrica Parascandolo, partendo dalle dinamiche dei clan camorristici del centro cittadino, erano al lavoro su vicende riguardanti appalti, forniture, affari della sanità, voto di scambio politico-mafioso. Ed è così che comincia l’inchiesta che ieri ha portato all’avviso di garanzia nei confronti del governatore, a cui la procura di Roma oggi contesta la concussione per induzione: nonostante fosse parte lesa nella vicenda – visto che ha subito un tentativo di ricatto – De Luca si è ben guardato dal denunciare le circostanze che l’avevano portato nella sua situazione. Per questo è indagato insieme agli altri sei. Le frasi della telefonata, riportate dal Corriere della Sera oggi:

Il 17 luglio scorso, dopo aver scritto la sentenza e mentre è ancora in camera di consiglio, il giudice Anna Scognamiglio chiama il marito Guglielmo Manna: «Abbiamo finito, è fatta». Lui non si scompone: «Credi di essere intelligente solo tu e invece anche io sono furbo». Dopo qualche minuto dal cellulare dell’uomo parte un sms: «È andata come previsto». È il segnale convenuto per lo staff del governatore Vincenzo De Luca, guidato dal capo della segreteria Carmelo Mastursi. La prova — secondo i magistrati della Procura di Roma — dell’accordo illecito preso dal manager per garantire la permanenza dello stesso De Luca al vertice della Regione Campania in cambio di una «nomina pesante» nel settore della sanità. Anche perché il verdetto viene depositato in cancelleria e reso pubblico soltanto cinque giorni dopo, il 22 luglio. Telefonate

La comunicazione tra i due è evidentemente ambigua. E forse di per sé non dimostra che la giudice sapesse delle intenzioni del marito. Ma certo sarà difficile spiegare perché la Scognamiglio sentisse il bisogno di far sapere come era andata la camera di consiglio al marito con cui viveva da separata in casa. E perché il marito rispondesse con quella frase sibillina, se aveva deciso di tentare il colpo del ricatto al governatore all’insaputa della moglie. Di certo le telefonate dimostrano che lei lo informa in tempo reale di tutto quello che fa. Tanto che lo chiama anche l’11 settembre, quando deve pronunciarsi su un ricorso sulla stessa materia presentato da un consigliere di Forza Italia. Manna: «Devi fare la sentenza?» Scognamiglio: «No, un altro pezzo dell’ordinanza. Che palle! Sempre una storia infinita, mica sono fessa». Lui è impaziente, attende la nomina, mostra di volersi «vendere» nuove informazioni riservate. E infatti subito dopo contatta, spesso per sms, gli uomini dello staff del governatore. E De Luca? Quando ormai dell’indagine deve per forza sapere qualcosa, non si attiva:

 I poliziotti entrano negli uffici della Regione, vanno a casa di Carmelo Mastursi e degli altri. Controllano soprattutto la casa e l’ufficio della giudice. In quel momento De Luca scopre dunque di essere sotto indagine. Ma non fa nulla. Per dieci giorni rimane in silenzio, non prende alcuna iniziativa nonostante il ruolo pubblico gli consenta di contattare il capo della Procura per avere chiarimenti. Il 29 ottobre i suoi legali chiedono che si possa presentare spontaneamente per rendere dichiarazioni. Il 3 novembre i pubblici ministeri rispondono che sono in corso gli accertamenti e poi prenderanno una decisione. De Luca continua a rimanere in silenzio altri dieci giorni. Fino al 9 novembre, quando Mastursi comunica di essersi dimesso.

I pm: “De Luca non si oppose e non denunciò i ricatti”

Vincenzo Iurillo sul Fatto Quotidiano torna sul ruolo del governatore:

Nel decreto di perquisizione si spiega che Anna Scognamiglio “abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella suddetta controversia giudiziaria, in concorso con il coniuge Manna”e con due intermediari “minacciando De Luca ”tramite altri “di una decisione a lui sfavorevole daparte delTribunale con conseguente perdita della carica ricoperta”. Con le minacce quindi secondo la procura “inducevano il medesimo (De Luca, ndr) a promettere a Gugliemo Manna la nomina a una importante carica dirigenziale nella sanità campana”. Alle minacce –che i pm però danno per scontate nella contestazione –non è seguita però alcuna denuncia di Vincenzo De Luca: agli atti della procura di Roma infatti non c’è alcun verbale in cui il governatore racconti di aver subito pressioni. L’unica cosa che De Luca ha esibito anche in conferenza stampa è una richiesta del suo legale del 29 ottobre, attraverso la quale chiedeva ai pm di essere interrogato. Questo documento però racconta anche che De Luca sapeva delle indagini della Procuradi Roma, ma ha preferito non rivelarlo neanche quando si è dimesso il capo della sua segreteria.

“Sono parte lesa, mi difendero’ in tutte le sedi”, afferma il presidente della Campania, che sferza la stampa dicendo: “Certi giornali dovrebbero chiudere”. Parla di “massacro mediatico segno di barbarie”, De Luca, che posta sul sito della Regione la sua richiesta ai Pm di essere sentito. Il suo legale, Paolo Carbone, ribadisce: “Ha già chiesto di essere ascoltato, quindi adesso spetta al pubblico ministero convocarlo”. Negli ambienti del Pd, partito del governatore, la linea e’ di totale fiducia nel lavoro della magistratura e di garantismo, senza nessun ‘verdetto’ anticipato. Lo riferiscono fonti del Nazareno auspicando che, assieme alla magistratura, anche la Regione Campania possa andare avanti nel suo lavoro, a partire dalle emergenze come Terra dei Fuochi e Bagnoli. “Sono preoccupato, perche’ per quello che si capisce si tratta di una vicenda non particolarmente esaltante, ma sarei cauto nel trarre delle conclusioni perché siamo ai primi indizi”, afferma il ministro Pd della Giustizia, Andrea Orlando. Le opposizioni, da Forza Italia ai 5 Stelle, invocano con vari accenti le dimissioni di De Luca. Sulla giudice Scognamiglio si muove subito anche il Consiglio superiore della magistratura. Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, d’intesa con il presidente della Prima Commissione Renato Balduzzi, ha deciso di far riunire la stessa Commissione gia’ in serata. Domani, invece, il Comitato di presidenza si pronuncera’ sulla richiesta di apertura pratica gia’ avanzata dal consigliere Zanettin, laico di Forza Italia. Al Csm e’ giunta una informativa sull’indagine condotta dai pm di Roma: in questo documento, secondo quanto si e’ appreso, non ci sarebbero nel dettaglio elementi a carico della giudice. L’avvocato Antonio Brancaccio, uno dei legali che curo’ il ricorso del governatore De Luca contro la legge Severino, interpellato dall’Agi sottolinea che l’ordinanza del 22 luglio del Tribunale civile di Napoli che accolse il ricorso del governatore della Campania Vincenzo De Luca contro la sospensione dall’incarico per l’applicazione della legge Severino “non fu singolare, ma resa da un collegio giudicante che gode della incondizionata fiducia degli operatori del Tribunale di Napoli. Questo e’ l’unico dato oggettivo, tutto il resto sono illazioni”, conclude Brancaccio.

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