La storia dei 400 jihadisti dell'ISIS in Europa e in Italia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-03-24

Un responsabile dell’intelligence irakena sotto protezione dell’anonimato parla di i 400 jihadisti sono sparsi tra Germania, Gran Bretagna, Italia, Danimarca e Svezia all’Associated Press. Una senatrice francese conferma, però smentisce. L’Atlante della jihad europea e i piccoli Molenbeek che crescono

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Ieri sera l’Associated Press ha pubblicato un lungo reportage in cui racconta di un esercito di 400 combattenti addestrati e inviati in Europa, pronti a colpire ‘in autonomia’, scegliendo luoghi, tempi e metodi di attacco. Si tratterebbe di cellule interconnesse, come quelle che hanno agito a Parigi e a Bruxelles, sguinzagliate in molti dei paesi del Vecchio continente. Italia compresa. Un flusso di foreign fighters che fa paura ad un’Europa che cerca di blindarsi.

La storia dei 400 jihadisti mandati dall’ISIS in Europa e Italia

Come fonti della notizia AP cita in anonimo alcuni funzionari europei e un responsabile dei servizi segreti iracheni, oltre alla parlamentare francese Nathalie Goulet, che monitora le reti jihadiste. Prima di essere ucciso in un raid della polizia, il capo degli attacchi del 13 novembre a Parigi ha sostenuto che era entrato in Europa un gruppo multinazionale di una novantina di combattenti, dispersi “più o meno in tutto il mondo”. Il responsabile dell’intelligence irakena sotto protezione dell’anonimato aveva dichiarato che i 400 jihadisti sono sparsi tra Germania, Gran Bretagna, Italia, Danimarca e Svezia. Recentemente un nuovo gruppo ha attraversato in Turchia, sempre secondo il funzionario. La Goulet è senatrice e membro della commissione d’inchiesta sulle reti jihadiste in Europa in Francia.

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L’infografica del Washington Post sulle interconnessioni tra gli attentatori di Parigi e Bruxelles

Ma è giusto anche segnalare che la Goulet nello stesso articolo di AP sembra fare marcia indietro sulle valutazioni a proposito dei 400 jihadisti in Europa e in Italia, sostenendo che le informazioni non sono sicure e verificate. L’intero articolo è il frutto di rivelazioni di fonti anonime e inverificabili. «La verità è che se sapessimo esattamente quanti sono, non sarebbe successo (l’attentato)”, sostiene la Goulet. L’AP però sostiene che quattro fonti che hanno accesso ai conteggi sui combattenti sbarcati in Europa con il compito di attaccare hanno confermato il numero di combattenti addestrato per operare, tra cui alcuni che hanno parlato direttamente con i guerriglieri. Altri hanno effettuato un controllo incrociato tra le informazioni dei foreign fighters in partenza e di ritorno. Anche se a questo proposito bisogna sottolineare che Ibrahim e Khalid El Bakraoui era ricercato per terrorismo, mentre l’uomo di nazionalità algerina morto a Forest aveva solo precedenti di piccola criminalità. I campi di addestramento dei jihadisti che devono colpire in Europa si trovano in un territorio dell’ex Unione Sovietica, dove gli aspiranti kamikaze avrebbero ricevuto una preparazione specifica.

L’Atlante della Jihad in Europa

L’agenzia di stampa Askanews intanto ieri ha pubblicato un interessante atlante della jihad in Europa. In Europa ci sono non pochi Molenbeek, il quartiere di Bruxelles covo dei jihadisti che hanno messo a ferro e fuoco la capitale belga e prima quella francese: da Malmo, in Svezia al distretto di Kolenkit di Amsterdam per non parlare della miriadi di mini-califfati sorti nelle ‘banlieue’ in Francia e nel Londonistan. Quartieri dove i terroristi possono contare sulla protezione di legami familiari e dell’omertà se non la collaborazione di simpatizzanti della comunità islamica. Ma ecco la mappa della Jihad in Europa Paese per Paese:
LONDONISTAN: L”hub del terrore’ nasce in Gran Bretagna, non a caso chiamata ‘Londonistan’. Una denominazione che va ben oltre la capitale per comprendere quartieri in quasi tutte le città del Regno Unito: da Liverpool e Manchester e Leeds, da Birmingham a Derby, e Bradford, oltre a Derby, Dewsbury, Leicester, Luton, Sheffield, per finire con Waltham Forest a nord di Londra e Tower Hamlets nella parte orientale della capitale. Quartieri dove spesso si trovano dei cartelli avvertono che ‘stai entrando in una zona controllata dalla sharia’. Intere aree urbane dove esiste un lavoro capillare che si base sul dogma di ‘al Dawa w al Jihad‘, ovvero il proselitismo e il combattimento: il proselitismo, serve a raccogliere sempre nuove reclute; e il Jihad che è l’azione di sostegno alle attività jihadiste. Il padre spirtuale del reclutamento jihadista è stato, lo sceicco Omar Bakri, oggi agli arresti in Libano. Di origini siriane, al Bakri, aveva fondato “al-Muhajirun”, (‘I Migranti’) un collettivo islamico radicale nato in Inghilterra a metà degli anni Novanta. Numerosi adepti di questo colletivo sono divenuti nel tempo importanti personaggi del jihadismo mondiale, in particolare nelle file dell’Isis.
FRANCIA: In Francia vengono chiamate ‘Zus’, (Zones urbaines sensibles). Secondo le autorità di Parigi ce ne sono 751 in tutto il paese e ospitano almeno cinque milioni di musulmani. Un’enclave jihadista tipica, secondo l’intelligenece, è Sevran: un comune nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, di 50mila abitanti con il 90% degli abitanti di origini straniere. Poi in Francia cè anche una piccola cittadina che ha la più alta percentuale di foreign fighter del Paese: Lunel, un borgo situato nel dipartimento dell’Herault nella regione della Linguadoca-Rossiglione con un quarto della popolazione immigrata. Da tempo nota per il Moscato e le corse dei tori, Lunel, è passata alle cronache come ‘la fabbrica dell`odio’ dopo che negli ultimi mesi almeno 20 dei suoi 25 mila abitanti si sono arruolati in Siria, 8 di loro sono morti nei ranghi dell`Isis. Per dare un volto ai fantasmi della Francia è cruciale fare tappa in questo borgo tra Nimes e Montepellier da dove sono partiti uno ogni 100 jihadisti nazionali.
BELGIO: Il Belgio ha una lunga lista di zone a rischio. A Bruxelles, dove il 20% della popolazione è di religione musulmana, esiste un intero quartiere – Molenbeek – ‘sottoposto alla Sharia’. Qui nessuno, anche se non islamico, può bere o mangiare in pubblico durante il mese di digiuno il Ramadan, le donne sono ‘invitate’ a indossare il velo e a non portare i tacchi. Bere alcool e ascoltare musica sono attività non gradite. Agli angoli della strada un cartello giallo con scritta nera avverte che ci si trova in una ‘Sharia controlled zone’. E più di una volta i giovani che vivono in questa zona hanno accolto con un lancio serrato di pietre le autovetture della polizia. Oltre Molenbeek a Bruxelles svetta Kuregem, un distretto di Anderlecht dove spesso la polizia e gli assistenti sociali non osano neppure a entrare. Da non dimenticare ‘Sharia4Belgium’, gruppo islamico radicale ritenuto il principale reclutatore di combattenti per la jihad in Siria. Nel settembre 2014 viene aperto ad Anversa un processo contro 46 presunti membri del gruppo si era sciolto nel 2012. Ma gli inquirenti ritengono che i suoi ex membri abbiano reclutato circa il 10% dei 300-400 belgi partiti per la Siria gravitava attorno al gruppo salafita.
OLANDA: L’Olanda, di aree urbane off-limits, ne ha una lista di 40 zone. Il ‘problema numero uno’, è il distretto di Kolenkit, ad Amsterdam. Quindi, i quartieri di Pendrecht, Het Oude Noorden e Bloemhof di Rotterdam. Utrecht deve fare i conti con la zona di Ondiep. Nella capitale, l’Aia, il distretto di Schilderswijk è chiamata addirittura ‘sharia wijk’, dove aveva base il gruppo Hofstadt, che ha pianificato l’assassinio del regista Theo van Gogh.
DANIMARCA: Anche la Danimarca come un pò tutti i Paesi scandinavi deve fare i conti con il jihadismo diffuso. La capitale Copenaghen la zona ‘ controllata dalla Shariya’ è il sobborgo di Tingbjerg
SVEZIA: In Svezia, la città più islamizzata è Malmo a sud proprio davanti a Copenaghen con il 30% della popolazione di fede musulmana. Il quartiere ghetto è per eccellenza Rosengaard, abitato da soli migranti e tappezzato da poster con scritto: ‘Nel 2030 prendiamo il controllo’.
GERMANIA: La Germania che ospita un gran numero di migranti, non è stata toccata in modo grave dal terrorismo jihadista. Nella capitale Berlino esiste a Neukolln, uno dei più grande quartieri musulmani che viene chiamato, ‘la provincia ottomana’. Di recente la polizia tedesca ha compiuto un raid a Neukolln per sventare i piani dell’Isis. Dopo gli attentati di New York dell’11 settembre, venne scoperta la cosiddetta ‘cellula ambueghese’. Mohamed Atta e altri dei suoi 19 compagni implicati nell’attacco al Pentagono e alle due torri venivano dalla città anseatica.
SPAGNA: Più che di quartieri in Spagna bisogna parlare di una intera regione chiamata ‘Xarq al Andalus’; ovvero il Levante Spagnolo, i territori che furono occupati dai conquistatori musulmani per quasi 5 secoli. In Spagna fu il debutto in Europa dei jihadisti: nel marzo 2004 infatti in un attacco su grande scala persero la vita a Madrid circa 200 e altre 2.000 furono ferite. I jihadisti credono ancora che ‘Al Andalus’, (il nome arabo di questi territori) persa dalle riconqusite cristiane appartenga di diritto al Califfato Islamico. Negli ultimi dieci anni, le forze di sicurezza spagnole hanno arrestato 568 jihadisti in 124 operazioni separate. Egli ha detto che ‘le costanti azioni giudiziarie e di polizia’ aiutano le autorità spagnole a prevenire un altro attacco terroristico su larga scala simile agli attentati Le autorità di Madrid stimano in oltre 70 i jihadisti spagnoli partiti all’estero. Secondo l’esperta di terrorismo Soren Kren, ‘decine’ di jihadisti stanno entrando in Spagna dalla vicina Francia, dove ‘si sentono soffocati’ a causa del giro di vite del governo dopo gli attentati di Parigi. Attualmente, sono almeno 50.000 i convertiti musulmani che vivono in Spagna. La polizia dice che essi sono particolarmente vulnerabili alla radicalizzazione perché subiscono crescenti pressioni da parte degli islamisti che gli chiedono di compiere attacchi per ‘dimostrare il loro impegno’ nella nuova fede.

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