La risposta di Report a ENI sulla trattativa in Nigeria

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-12-21

Appena una settimana fa tutti parlavano della coraggiosa mossa di ENI che aveva inaugurato su Twitter una nuova era della comunicazione. Ieri la nuova era di ENI era già tramontata

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La settimana scorsa in molti si erano affrettati a salutare la discesa in campo di ENI contro Report su Twitter come l’alba di una nuova “era del giornalismo” in Italia. Un nuovo mondo coraggioso nel quale a inchiesta giornalistica televisiva si risponde con un tweet del tipo: è tutta fuffa. Il futuro è adesso, e addirittura in diretta. Peccato che in realtà, come abbiamo sottolineato, ENI abbia fatto solo della brillante comunicazione aziendale (che non è certo una novità), e che nel suo comunicato stampa (perché quello alla fine si riduce ad essere il dossier) non entri nel merito di alcune questioni interessanti sollevate dall’inchiesta di Report. Ad esempio le telefonate tra Descalzi e Bisignani.
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Che fine ha fatto la brillante strategia di ENI?

L’accusa principale che ENI aveva mosso a Report era quella di non essere stati interpellati per poter replicare alle accuse e alle affermazioni fatte durante il servizio sulla trattativa per l’acquisto della licenza per sondare i fondali marini del blocco petrolifero Opl245 in Nigeria. Ieri Milena Gabanelli ha risposto ad ENI, non solo mostrando le email con le quali la redazione della trasmissione aveva inviato a ENI per chiedere un’intervista a ENI ma anche mandando in onda lo spezzone di una telefonata tra Luca Chianca (autore del servizio sulla trattativa nigeriana di ENI) con l’ufficio stampa dell’azienda controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite Cassa Depositi e Prestiti. È la rivoluzione mediatica tanto attesa quella di chiedere ad un programma che non va in onda in diretta la possibilità di replicare in diretta? Oppure è semplicemente la più banale tattica retorica di parlare mentre l’altro parla per distrarre l’uditorio? Ed in effetti la Gabanelli suggerisce che si sia trattato proprio di questo, di una grande opera di distrazione. Nel frattempo però mercoledì è successo che il tribunale di Londra abbia confermato il sequestro di una cifra pari a quasi 85 milioni di dollari chiesti dalla Procura di Milano per sospetta corruzione che coinvolgerebbe anche di alcuni manager di ENI. ENI ha replicato su Twitter che non è parte in causa nel procedimento inglese,

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Ma è parte del procedimento italiano, quello condotto dal PM Fabio de Pasquale

 
dimenticando però di dire che è coinvolta in un’indagine avviata nel 2013 dal PM di Milano Fabio de Pasquale e citata nel documento pubblicato da Report.
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Nel documento il tribunale inglese rifiuta di dissequestrare la somma spettante a Malabu

Cosa rimane, una settimana dopo di quella rivoluzione digitale inaugurata da ENI? Qualche stanco tweet dove si ribadisce la posizione dell’azienda, che questa settimana però suona per quello che è, la difesa d’ufficio di ENI e non un fact checking puntuale e preciso.
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Cosa rimane delle accuse di non dire la verità mosse da ENI nei confronti del servizio sulla Trattativa per OPL245? Un Tweet dove si invita a “lasciar lavorare la magistratura”. Il dubbio che qualcosa di vero sia stato detto si insinua più profondo di una trivella al largo delle coste nigeriane.
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Vi faccio vedere come replica ENI OH WAIT

 
Del resto non è la prima volta che in seguito ad un’inchiesta di Report e alle rimostranze di una parte citata la Gabanelli è costretta a fare una precisazione, quindi non si può nemmeno dire che la strategia di ENI abbia fatto uscire Report dalla tana di Rai Tre. La Gabanelli ricorda, con malcelata soddisfazione, che una causa da 25 milioni di euro intentatale da ENI per un precedente servizio è stata ritirata. Ecco quindi che, come nei famosi scambi di doni natalizi tra i combattenti trincerati sul fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale – il direttore della comunicazione di ENI e grande stratega delle uscite su Twitter – Marco Bardazzi ci mostra ancora una volta il nuovo mondo che ha in mente per le inchieste giornalistiche, facendo gli auguri di Natale a Report.
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ENI per la tradizione natalizia raga!1

Le mail riservate sulla trattativa tra ENI e Malabu

Nel frattempo Claudio Gatti ha pubblicato alcune e-mail riservate del 2010 che dimostrerebbero come in realtà ENI e Shell (l’altra compagnia petrolifera coinvolta nella trattativa con Malabu e il Governo nigeriano) avrebbero intavolato una trattativa proprio con Malabu (la società dell’ex-Ministro nigeriano del Petrolio Dan Etete) per l’acquisto di OPL245. Trattativa che non sarebbe stata interrotta nel 2010, come ha detto l’ufficio stampa di ENI, dopo la scoperta di “dubbi” sull’azionarato di Malabu (ovvero dopo aver scoperto che dietro a Malabu c’era Etete) ma che sarebbe continuata anche nel 2011 quando ufficialmente ENI stava già conducendo una trattativa regolare con il Governo nigeriano dalla quale Malabu avrebbe dovuto essere stata esclusa (eppure era presente durante i negoziati finali il 29 aprile 2011). Dai carteggi emerge che nel febbraio 2011 funzionari ENI si sono incontrati più volte con i rappresentanti di Malabu, e di questi incontri erano al corrente anche i manager ENI in Italia. ENI e Shell hanno collaborato per fare in modo che venissero raggiunti due accordi, uno con il Governo e l’altro con Malabu, solo che sarebbe stato il Governo nigeriano a pagare a Malabu il corrispettivo richiesto e non ENI e la sua controllata nigeriana NAE. Insomma, proprio come detto da Report, pare che la trattativa servisse a stabilire le modalità con cui Malabu avrebbe ricevuto il miliardo di dollari, ovvero dal Governo nigeriano, che a sua volta l’aveva ricevuto da ENI. Come spiega Claudio Gatti nel suo articolo:

il miliardo, 92 milioni e 40mila dollari pagato da ENI doveva solo transitare sul conto JP Morgan aperto dal Governo nigeriano essendo in realtà destinato a Malabu. L’unico pagamento destinato al Governo di Abuja per quella licenza è infatti consistito nei 207 milioni e 960mila dollari

Il 6 aprile 2011 Roberto Casula invia a Donatella Ranco (direttore responsabile delle negoziazioni di ENI) un’informativa per Descalzi dove spiega che Shell e ENI stavano conducendo una trattativa per evitare la firma di un accordo che prevedesse pagamenti diretti con “il Venditore” ovvero Malabu, “a causa delle criticità, al momento irrisolte, sulla proprietà“. Ma è una mail del 28 aprile 2011 a dimostrare, secondo Gatti, che ENI e Shell avevano lavorato per raggiungere due accordi distinti, uno con il Governo Federale Nigeriano e il secondo con Malabu. Nella mail inviata da Guido Zappalà alla Ranco, il funzionario ENI chiede

Siamo pronti a partecipare all’incontro, ma vorremmo sottolineare alcune questioni rispetto alla possibilità di firmare oggi:
– saranno presenti e firmeranno l’accordo anche i Ministeri della finanza e del petrolio? Come sapete, sono necessarie anche le loro firme oltre a quelle del Ministro della Giustizia.
– Sarà presente anche Malabu? Il Resolution Agreement con Malabu deve essere firmato allo stesso momento, così come anche il Resolution Agreement di Shell. E’ previsto questo?

Stranamente però riguardo al pezzo di Gatti per Gradozero ENI non ha messo in campo quella sua portentosa macchina della comunicazione giornalistica le cui magnifiche sorti e progressive tanto sono state decantate sui giornali la settimana scorsa. Che fosse poco opportuno, dal punto di vista della comunicazione aziendale, parlare della faccenda? Come per le telefonate tra Bisignani  e Descalzi anche per quanto riguarda queste mail ENI non ha twittato nulla. Peccato, erano così bravi come giornalisti 2.0

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