«La riduzione della spesa pubblica è causa della minore crescita»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-09-10

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan spiega chiaro e tondo quale sia la vera storia della spesa pubblica in Italia, a prescindere dalle demagogia incrociata. E nell’intervista al Messaggero annuncia l’eliminazione delle clausole di salvaguardia ma soprattutto il sostegno agli investimenti e alla produttività

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«Abbiamo già eliminato molti sprechi, gli spazi per tagli aggiuntivi si riducono. Inoltre il taglio della spesa pubblica in Italia ha contribuito alla minore crescita rispetto ad altri Paesi»: Pier Carlo Padoan rilascia oggi un’intervista a Luca Cifoni e Osvaldo De Paolini del Messaggero e le sue parole non sono certo una risposta al consigliere economico di Renzi Yoram Gutgeld, che fino all’altroieri si accapigliava sul Corrierone con Roberto Perotti per raccontare quanto fossero belli i tagli alla spesa pubblica. Però adesso i due potranno anche apprezzarne i risultati.

«La riduzione della spesa pubblica è causa della minore crescita»

Però è di certo significativo che il ministro dell’Economia del governo Renzi dica chiaro e tondo quale sia la vera storia della spesa pubblica in Italia, a prescindere dai demagoghi incrociati. Nell’intervista Padoan annuncia l’eliminazione delle clausole di salvaguardia ma soprattutto il sostegno agli investimenti e alla produttività. Altrettanto significativo è che per trovare le risorse Padoan annunci che potrebbe riaprire la voluntary disclosure (il rientro dei capitali in Italia) e la lotta all’evasione fiscale, ovvero due misure sulle quali necessariamente si fanno stime per le entrate che poi a volte vengono disattese: significa che intanto si penserà agli investimenti, vera priorità del Paese.

Cosa dobbiamo aspettarci nella legge di bilancio?
«La prima cosa è l’eliminazione delle clausole di salvaguardia. Stiamo parlando di 15 miliardi, quasi un punto di Pil, per evitare un aumento di imposte indirette di importo equivalente. Poi resta un margine stretto e anche per questo il governo si concentra su alcune misure selettive raggruppate in tre grandi capitoli. Il primo è il sostegno agli investimenti e alla produttività, poi ci sono le pensioni, di cui si è parlato molto, e un capitolo che potremmo chiamare redistribuzione o risorse per lapovertà».
Questi sono i titoli. E le misure specifiche?
«Su queste stiamo ancora discutendo. Le risorse sono limitate e quindi è importante usarle bene. Le misure che hanno già funzionato probabilmente saranno confermate, come il super-ammortamento, apprezzato dalle imprese. Poi c’è la riduzione dell’Ires che già era nella legge di Stabilità 2016. E gli incentivi alla produttività: stiamo valutando come aumentarli».
Per fare tutte queste cose serviranno anche coperture finanziarie adeguate.
«Pensiamo di riaprire la voluntary disclosure, e vogliamo anche aumentare l’efficienza della lotta all’evasione che fino ad ora ha dato comunque risultati più che soddisfacenti. Anche i suggerimenti che abbiamo chiesto a Fmi e Ocse potranno essere utili per recuperare gettito. Poi si continuerà la spending review, dentro margini che però via via si stanno restringendo perché abbiamo già eliminato molti sprechi e quindi gli spazi per tagli aggiuntivi si riducono. Inoltre ricordo che il taglio della spesa pubblica in Italia ha contribuito alla minore crescita rispetto ad altri Paesi, come emerge chiaramente dalle analisi di Marco Fortis pubblicate dal vostro giornale. L’obiettivo principale della revisione della spesa è l’eliminazione degli sprechi per usare le risorse in modo produttivo. Insomma, è importante soprattutto spendere bene. Da quest’anno, con la nuova legge di bilancio, la spending review diventa di fatto permanente perché sarà possibile rimettere in discussione scelte fatte in passato e ridurre il trascinamento inerziale della spesa come accadeva in passato».

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Dai dibattiti lunari che spesso hanno luogo sui giornali infatti sembra che in Italia ci sia in atto una festa a carico della spesa pubblica. Che invece, esclusi gli interessi da pagare sul debito, ha avuto negli ultimi anni questo andamento (calcolato a partire dal 2010).

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La spesa pubblica

In Italia, è bene ricordarlo, a parte tre modeste riduzioni (post crisi del 1992, nel 2000 e nel 2007), la spesa pubblica è sempre cresciuta. Dopo il 2009, e nel pieno della più grande crisi dal 1929, l’Italia è riuscita a ridurre la spesa in modo considerevole, portandola indietro quasi ai livelli del 2005. Qui, si badi bene, non parliamo di spesa in percentuale sul PIL, ma di quanto effettivamente il settore pubblico immette nell’economia. E la spesa pubblica primaria o “di scopo”, con esclusione cioè degli interessi sul debito, è stata costantemente più bassa della media europea, pur in presenza di un rapporto tra debito e Prodotto interno lordo più elevato. Come scrivevano Riccardo Realfonzo e Stefano Perri sul Sole 24 Ore del giugno 2013, «il problema del debito pubblico italiano non deriva da un “eccesso” di spesa statale. Per questo, concentrarsi sul modo in cui tagliare la spesa pubblica al fine di abbattere il disavanzo e il debito pubblico rischia di lasciare pericolosamente nell’ombra le cause di fondo dei problemi italiani, che riposano nelle distorsioni del meccanismo delle entrate, nella scarsa competitività del nostro apparato produttivo, nell’insufficienza della domanda aggregata». In attesa che le parole di Padoan diventino realtà con la Legge di Stabilità 2017 possiamo goderci la faccia dei due che si accapigliavano per tagliarla di più e per dimostrare di averla tagliata un sacco dopo la lettura dell’intervista:
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